6 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PARTE PRIMA 
 
LO SCAVO 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 7 
CAPITOLO 1 
LE PENDICI NORD ORIENTALI DEL PALATINO 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
INTRODUZIONE  
 
Nell‟estate del 2001 la Cattedra di “Metodologia e Tecniche della Ricerca 
Archeologica” dell‟Università degli Studi “La Sapienza” di Roma ha avviato, in regime 
di concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lo scavo delle pendici 
nord orientali del colle Palatino.  
L‟indagine archeologica di questo settore della città si era reso necessario in 
seguito all‟acquisizione dei dati emersi durante lo scavo che ha interessato il vicino 
cantiere della Meta Sudans a partire dal 19861. Con il procedere dei lavori venne fuori, 
con sempre maggiore evidenza, il legame storico-topografico tra valle e pendice 
palatina, e si pose l‟urgenza di un intervento che chiarisse ed esplicitasse il significato di 
questo rapporto privilegiato. Il settore urbano in esame “appariva come una sorta di 
zona di contatto tra due settori della città antica che nel tempo sarebbero andati incontro 
a destini profondamente diversi: da una parte il versante occidentale della valle, che 
dopo la breve parentesi neroniana e fatta eccezione per gli interventi tardo-antichi 
avrebbe conservato pressoché immutata l‟immagine conferitale dai Flavi; dall‟altra la 
pendice nord-orientale del Palatino che invece vedeva, proprio a partire dall‟età flavia 
una successione ininterrotta di interventi edilizi”2. Oggi, dopo le campagne di scavo che 
si sono succedute in questi ultimi anni, si può affermare che tante sono state le risposte 
alle questioni iniziali e tanti sono i nuovi interrogativi da chiarire.  
                                                 
1
 Meta Sudans I, 1996; PANELLA 1990, pp. 35-88 
2
 FERRANDES c.s. 
 8 
La zona indagata, sulle pendici nord-orientali del Palatino, e tuttora in corso di 
scavo, è delimitata a ovest dalle c.d. Terme di Elagabalo, a nord dall‟attuale Via Sacra, 
ad est dalla recinzione del Parco Archeologico del Foro Romano e Palatino prospiciente 
la valle del Colosseo e a sud da un percorso interno al parco. La prima campagna di 
scavo ha previsto l‟apertura di due aree, l‟Area I confinante con le c.d. Terme di 
Elagabalo e l‟Area II prospiciente la Valle del Colosseo . Nell‟estate del 2005 è stata 
aperta una terza area posta immediatamente a sud dell‟Area II. 
 
 
 
Figura 1: Pendici nord-orientali del Palatino, le tre aree di scavo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
Area I 
Area II 
Area III 
 9 
1. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO 
 
La successione degli eventi geologici può essere letta nelle formazioni, 
sedimentarie e vulcaniche, in giacitura orizzontale - originariamente collegate - delle 
colline del Celio, del Palatino e dell‟Oppio/Esquilino. Esse sono riferibili al Pleistocene 
(che inizia circa 1,7 milioni di anni fa) e in parte al Pliocene3. 
Nel Pleistocene medio inferiore la città di Roma fu interessata da una fase detta 
di “Ponte Galeria”, con la deposizione di ghiaie e sabbie; ad essa seguì la formazione di 
stagni e bacini lacustri, il c.d. “complesso fluvio-palustre” a cui si riferiscono sedimenti 
quali limi calcarei, travertini e materiali tufacei rimaneggiati, tuttora conservati nel 
centro di Roma.  
A partire invece da circa 700.000 anni fa, la campagna romana fu coinvolta da 
un‟intensa attività vulcanica originata dai centri eruttivi Laziale e Sabatino, che 
produsse una coltre di prodotti vulcanici, i cui residui affiorano nei versanti e sulla 
sommità delle colline romane. Le formazioni geologiche riferibili a questa fase sono tufi 
antichi, pozzolane inferiori, tufo litoide lionato e pozzolane superiori. Poi, 350.000 anni 
fa, si sedimentarono i depositi “fluvio-lacustri” (la formazione “Aurelia”), intercalati e 
sovrapposti ai depositi vulcanici. 
La configurazione dell‟attuale morfologia collinare risale, invece, alla fine del 
Pleistocene, quando si verificò l‟incisione delle vallate principali, in corrispondenza di 
un momento di riabbassamento del livello marino. Con il graduale rialzamento del 
livello del mare, nella fase finale del Pleistocene e durante l‟Olocene (10.000 anni fa 
circa), cominciò la colmata delle depressioni vallive4. 
 
L‟attuale assetto urbano e viario di questo settore della città è modellato sul 
sistema idrografico preurbano. 
L‟angolo del Palatino, in particolare, è il risultato dell‟incisione di due corsi 
d‟acqua. Il primo scorreva da dove è ora l‟Arco di Tito fino a dove è ora l‟Arco di 
Costantino, delimitando a nord il colle5, e confluiva quindi nel secondo, il c.d. “Rivo 
Labicano”, che delimitava il Palatino verso est scorrendo verso il Circo Massimo. 
                                                 
3
 ARNOLDUS HUYZENDVELD, PANELLA 1996a, pp. 9-19 
4
 ARNOLDUS HUYZENDVELD, PANELLA 1996a, p. 11 
5
 Il corso d‟acqua raccoglieva i deflussi delle pendici nella sella tra Palatino e Velia, costituenti in origine 
un unico massiccio collinare: ZEGGIO 2005, p. 63 
 10 
L‟idrografia e la morfologia sono importanti per capire come si realizzò il 
sistema viario di età storica, che ricalca in modo strutturato percorsi usati fin dalle 
origini; per quanto ci riguarda, il “Rivo Labicano” e i suoi affluenti minori ne 
imprimono gli orientamenti base.   
Lungo il bordo di questi corsi d‟acqua, tra sponda e letto, si impostarono i 
tracciati viari per collegare il fondovalle, da un lato con  l‟Esquilino a Nord e con il 
Circo Massimo a Sud, dall‟altro con il Palatino e il Foro Romano a Est. Si tratta 
rispettivamente della via con andamento N-S (il cui percorso è ricalcato oggi da via di 
S.Gregorio) che conduceva a Porta Capena (la Porta d‟Alba) e della via con andamento 
NW-SE che, dipartendosi dalla prima, si dirigeva verso la sella tra Palatino e Velia e poi 
verso il Foro Romano6.  
 
 
Figura 2: Schema ricostruttivo dell'idrografia della valle del Colosseo in eta preurbana. (Panella 2001, fig. 4) 
 
 
 
                                                 
6
 PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 67-69 
 11 
2. DALL’ETA’ REGIA AL XX SECOLO 
 
Età regia  
I primi interventi antropici individuati nell‟area di scavo della Meta Sudans sono 
riconducibili all‟impianto di un percorso viario in terra battuta databile tra la fine 
dell‟VIII e gli inizi del VII secolo a.C., che serviva a collegare la valle corrispondente 
all‟attuale piazza del Colosseo con il Foro Romano. Il suo percorso affiancava quello di 
un affluente di destra del Rivo Labicano che, intorno alla metà del VI secolo venne 
canalizzato tramite una fogna in cappellaccio.7  
La viabilità così strutturata perdurerà fino all‟incendio neroniano, con continui 
rifacimenti del manto stradale e rialzamenti delle carreggiate8.  
È proprio all‟incrocio tra la suddetta strada e quella che congiungeva il Circo 
Massimo alla Velia/ Esquilino che sono state rinvenute le prime tracce monumentali, 
databili alla metà del VI secolo, di un area sacra. Al di sotto dei resti di un muro in 
cappellaccio riferibile a questa fase però è stato scoperto un deposito votivo - 
contenente materiale edilizio e ossa combuste - risalente almeno alla fine del VII secolo 
che consente di supporre l‟esistenza di un luogo di culto più antico, e potrebbe 
testimoniare un rito di rifondazione di un edificio preesistente9. L‟area sacra mostra una 
continuità di vita ininterrotta fino all‟incendio neroniano, quando questo settore, come 
del resto tutto il centro di Roma, sarà pressoché distrutto. La memoria del santuario non 
andrà perduta con i Flavi che edificheranno un nuovo sacello per accogliere il culto 
ospitato in questa antichissima area10. L‟inamovibilità dei limiti del santuario, 
l‟antichità del culto ad esso connesso e la posizione dell‟area sacra sul confine nord-
orientale del Palatino, hanno fatto pensare alla sua identificazione con le Curiae 
Veteres11.  
 
 
                                                 
7
 Questa successione di eventi è comune anche alla via che, più a nord, congiungeva il Circo Massimo 
alla Velia/Esquilino, ugualmente impostata tra sponda e letto di un antico fiumiciattolo. La strada era 
infatti servita da una fogna coperta con volta a botte costituita da un doppio filare di conci in 
cappellaccio: PANELLA 2001b, p. 66, n. 7 
8
 Nell‟area di scavo della Meta Sudans sono stati individuati ben ventidue rifacimenti dell‟asse stradale 
diretto dalla valle al Palatino/Foro: PANELLA,ZEGGIO 2004, p. 68 
9
 ZEGGIO 2000, pp. 301-302; PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 70. Sul deposito votivo si veda ZEGGIO 
2006a, p. 90. 
10
 Vedi oltre 
11
 Sulla problematica relativa all‟ipotesi di identificazione con le Curiae Veteres si veda PANELLA 
1996a, pp. 70-91; PANELLA 2001b,pp. 49-66; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 69-73.  
 12 
Età repubblicana  
Tra 530-520 a.C., il muro in cappellaccio dell‟area sacra viene rialzato tramite 
nuovi filari realizzati in blocchi di dimensioni minori, regolari e disposti per taglio. In 
relazione a questa nuova sistemazione, anche la viabilità subisce delle modifiche. Viene 
infatti realizzata una via glareata con marciapiedi in cappellaccio sul percorso 
Valle/Foro e la strada Circo Massimo/Esquilino riceve una nuova pavimentazione.  
Sulla pendice nord orientale del Palatino, a nord dell‟asse viario Valle/Foro, si 
può attribuire al periodo di tempo compreso tra la fine del VI secolo e gli inizi del V 
secolo a.C. la costruzione di una struttura in blocchi di cappellaccio (il c.d. bothros), a 
pianta rettangolare12.  La struttura risultava riempita da una complessa stratigrafia nella 
quale si sono potute riconoscere diverse colmate avvenute in tre riprese, rispettivamente 
nel V, IV e III secolo a.C. che mostrano un carattere eminentemente cultuale: le classi 
di reperti presenti, infatti, sono quelle usuali per i contesti votivi13 (una conferma in tal 
senso è data dalla presenza di ossa combuste e con tracce di macellazione, segni del 
pasto sacrificale). Ancora aperta, risulta la problematica sulla sua funzione. Se si può 
facilmente escludere che si tratti della favissa di un santuario (la deposizione dei 
materiali non è fitta come nei depositi afferenti a edifici sacri) non si hanno certezze 
sulla funzione originaria14. E‟ chiaro, invece, che la struttura non è in relazione con il 
santuario identificato in via ipotetica con le Curiae Veteres, data la sua collocazione e le 
caratteristiche cultuali dei reperti, ma piuttosto con un altro polo cultuale identificabile 
con un santuario strutturato e la cui collocazione non è al momento definibile15.  
 
                                                 
12
 La struttura, disposta con i lati lunghi orientati NW-SE, originariamente, doveva presentarsi cava 
all‟interno, parzialmente ipogea e costituita da 7 filari. I blocchi erano connessi a secco per testa e i 
quattro lati erano ben ammorsati tra loro. L‟altezza complessiva conservata è di 3.10 m,equivalente a 10 
filari (gli ultimi 3 sono stati aggiunti posteriormente, vedi oltre): PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 77 
13
 Per un‟ analisi preliminare del materiale contenuto nella struttura, si veda PANELLA, ZEGGIO 2004, 
pp.78-79 
14
 L‟ipotesi di una struttura inizialmente idraulica a cui si attribuisce poi una valenza sacrale, risulta 
anch‟essa difficilmente accettabile vista l‟assenza di pedarole  funzionali alla manutenzione, l‟assenza di 
concrezioni calcaree e la forma rettangolare molto stretta: PANELLA,ZEGGIO 2004, p. 79 
15
 Per tutto ciò che riguarda la struttura fin qui descritta si vedano PANELLA, ZEGGIO 2004, pp:77-80 e 
ZEGGIO c.s. 
 13 
 
Figura 3: il bothros (foto S. Zeggio) 
 
 
 
Figura 4: Planimetria e sezione del bothros (dis. A. Santelli, G. Marangoni, S. Zeggio, in PANELLA, ZEGGIO 2004, fig. 5a-b) 
 
 
Ad est del  del “bothros”, vi è anche un‟altra struttura sacrale: una teca in lastre 
di cappellaccio contenente offerte (pochi materiali ceramici non integri e resti 
faunistici). Questa, preliminarmente datata all‟età tardo-arcaica, subirà, nei secoli a 
venire, diversi rifacimenti e restauri realizzati con materiali e tecniche costruttive 
differenti. 
Nella zona più a monte della pendice palatina, la presenza di due strutture 
sovrapposte in lastre di cappellaccio, forse pertinenti ad un impluvium16, potrebbe far 
                                                 
16
 Si può supporre, in via del tutto preliminare,l‟esistenza nei livelli sottostanti, o poco distante, di una 
cisterna ipogea in blocchi di cappellaccio. 
 14 
ipotizzare l‟esistenza di un complesso di edilizia privata, fatto questo che indica una 
destinazione funzionale diversa rispetto all‟area a valle.  
Nel corso del IV secolo, parallelamente alla messa in opera di lastre in tufo rosso 
sulla via Valle/Foro17, una seconda colmata interessa il “bothros”. Ma è nel III secolo 
che, accanto all‟ennesimo rifacimento della strada, si assiste ad interventi che 
coinvolgono le due strutture sacre affacciate su di essa. La carreggiata arriva ad 
inglobare al suo interno la struttura in blocchi di cappellaccio, la cui visibilità è garantita 
sia con l‟innalzamento/riposizionamento di 3 filari sia con la creazione di un‟ “area di 
rispetto” nel marciapiede.  
Nel III secolo la teca subisce dunque un cambiamento strutturale. Si procede, 
infatti, con la messa in opera, immediatamente al di sopra di quella più antica, di una 
struttura cilindrica in blocchi di peperino che recano al centro un foro a sezione 
quadrata. Alla prima metà dello stesso secolo è databile una nuova deposizione di 
materiale votivo al suo interno. 
Per il primo intervento di ristrutturazione della domus di età alto-repubblicana, 
nel settore a monte della pendice palatina, bisogna attendere la fine del III-inizi II secolo 
a.C. Di questa nuova fase edilizia rimane un impluvium in lastre di tufo rosso litoide 
lionato18.  
Al II secolo invece si datano interventi sulla viabilità e l‟edilizia residenziale. La 
via Valle/Foro è interessata da un rifacimento databile tra 180-170 a.C. con la messa in 
opera di una carreggiata stradale in poligoni di basalto e dal conseguente innalzamento 
dei piani d‟uso. L‟impluvium della domus viene trasformato in chiostrina, delimitata da 
tre muri in opera incerta, affiancata da altri due ambienti che si aprono verso le c.d. 
Terme di Elagabalo. 
Arriviamo al I secolo a.C. e la strada diretta al Foro è ancora oggetto di 
rifacimento con l‟alloggiamento di poligoni di basalto di piccola taglia e relativo 
marciapiede con andamento gradonato19. Contestualmente, la chiostrina viene utilizzata 
                                                 
17
 Le lastre, venute alla luce durante la campagna dell‟estate del 2006 non sono visibili in tutta la loro 
larghezza perché coperte dalle preparazioni stradali di II secolo e dalla relativa crepidine, ancora in situ; 
per questo motivo non si può affermare con certezza se si tratti di un marciapiede o piuttosto del lastricato 
stradale.  
18
 Questo impluvium era forse connesso in origine con una cisterna più antica, non ancora individuata, ma 
della quale si ipotizza la presenza per il rinvenimento di strutture idrauliche databili all‟età alto-
repubblicana): CARBONARA c.s. 
19
 L‟andamento a gradoni è stato ipotizzato perché il manto stradale presenta un aumento significativo 
della pendenza (di circa 8,50%)  rispetto alle fasi precedenti e perché sicuramente attestato nelle fasi 
successive. 
 15 
come vano coperto e dotata di un pavimento mosaicato. Intorno al 60 a.C. una nuova 
modifica struttura quest‟ambiente come parte di un lungo corridoio a pavimento 
musivo.  
In relazione all‟innalzamento della metà del I secolo a.C. dei piani stradali della 
via Valle/Foro, si osserva la sopraelevazione della teca realizzata con elementi di 
peperino sovrapposti, di forma cubica e con al centro un foro circolare. La struttura 
riceve inoltre una serie di elementi accessori, tra cui una vasca e una vera, assumendo le 
sembianze di un pozzo. Il definitivo riempimento della teca in peperino è databile poco 
prima dell‟età augustea20.  
A questa stessa fase, è attribuibile la realizzazione di un importante elemento 
strutturale che, pur nei suoi differenti riutilizzi, segnerà la topografia della pendice nord-
orientale del Palatino almeno fino ad età altomedievale. Nasce, infatti, e segna un punto 
di demarcazione fisica e funzionale tra il settore a valle e quello a monte della pendice 
palatina, un muro con fondazione cementizia e alzato in blocchi di tufo rosso lionato. 
Questa poderosa costruzione con orientamento NE-SW, sembra definire due aree 
funzionali diverse: quella a monte di tipo residenziale; quella a valle con carattere più 
marcatamente pubblico-sacrale. Non è casuale che ci siano stringenti analogie tra questo 
muro e quello di recinzione dell‟area sacra individuato nello scavo della Meta Sudans e 
datato in età sillana: ad accomunare le due strutture sono la tecnica costruttiva e il 
materiale impiegato, senza escludere che gli allineamenti topografici potrebbero far 
propendere per un‟interpretazione del nostro muro come il limite occidentale dell‟area 
delle Curiae Veteres21.  
Tra la metà del I secolo e il 27 a.C. l‟area a monte della pendice palatina è 
interessata da un‟intensa attività edilizia tesa al rifacimento della domus22. Di 
quest‟ultima sono noti il limite nord (costituito dalla strada che saliva verso il Foro) e il 
limite est (costituito dal muro a blocchi di tufo rosso); mentre a sud essa doveva 
estendersi nella zona occupata dalle sostruzioni di Vigna Barberini, e a ovest al di sotto 
delle c.d. Terme di Elagabalo. Questo settore, oltre all‟edilizia residenziale, prevedeva 
                                                 
20
 Il definitivo sigillo è accompagnato da un particolare rito: viene infatti deposto un piccolo coperchio in 
ceramica comune da mensa circondato da due assi bronzei fusi e da tre astragali ovini, il tutto protetto da 
uno strato di argilla sterile e da uno strato di scorie di cottura.   
21
 E‟ probabile che i muri delimitino un complesso unitario,nato in età regia presso la Valle e 
successivamente ampliato verso ovest. 
22
 Le strutture murarie di inizio I secolo a.C. vengono rasate e sostituite da una serie di muri in opera 
reticolata con cubilia di tufo rosso,con orientamento NE-SW 
 16 
la presenza di tabernae (con destinazione quindi produttivo-commerciale) disposte a 
pettine lungo la via Valle/Foro23;  
Parlando della domus individuata nella nostra area di scavo non ci si può 
sottrarre alla tentazione di mettere in relazione questa struttura con la casa natale di 
Augusto, recuperando ciò che ci dicono le fonti letterarie a proposito dell‟ubicazione 
della casa appartenuta a C. Ottavio, padre del princeps24.   
 
Età imperiale  
L‟età augustea segna un momento fondamentale per gli assetti urbanistici di tutta 
la città di Roma. Il  princeps infatti apporrà il segno distintivo della sua politica sul 
tessuto dell‟Urbe, una politica di riaffermazione della concordia tra gli ordini fondata 
sull‟accentramento del potere nella sua persona.  
Il nuovo disegno urbanistico augusteo è teso alla riproposizione in ambito 
pubblico-sacrale della tradizione, accompagnata al continuo riferimento alla sua persona 
e alla sua famiglia25. In veste di rifondatore della città di Roma, il princeps si occupa 
anche della riorganizzazione amministrativa con la divisione dell‟Urbe in 14 regiones26. 
Anche la nostra area di scavo non sfugge a tale imponente intervento. 
I principali assi viari27 che passano per il settore centrale della città delimitano 
ben quattro (o cinque28) delle nuove regioni: è in tale punto nodale che Augusto pone un 
“segno”, la Meta Sudans. La fontana si inserisce dunque in una fitta maglia urbana 
preesistente e, vincolata “dall‟inamovibilità del santuario antistante a S, da un massiccio 
isolato d‟abitazione a N…e da un importante snodo viario…la vasca si allunga 
nell‟unica direzione possibile, ossia lungo la via che sale al Palatino e al Foro. Pur 
visibile da tutte le strade che si incontrano in questo punto, è verso la via percorsa dal 
                                                 
23
 La taberna centrale reca le tracce di strutture artigianali rappresentate da tre vasche collegate ad uno 
scarico e ricavate in un piano pavimentale con rivestimento di bessali. Si ipotizza quindi la presenza di 
una fullonica, per maggiori dettagli si veda CARBONARA c.s. 
24
 Svetonio infatti ci informa che il princeps era nato  regione Palati ad Capita Bubula , mentre Festo 
pone la nascita di Augusto presso le Curiae Veteres. Se desumiamo che i Capita Bubula sorgevano presso 
le Curiae Veteres e se identifichiamo l‟area sacra individuata presso la  Meta Sudans con queste ultime, 
allora il passo è breve nell‟affermare che la domus rinvenuta a monte della pendice nord orientale del 
palatino potrebbe essere la casa natale di Augusto. Per la problematica relativa alle Curiae Veteres e alla 
casa natale di Augusto si veda PANELLA 1996a, pp. 70-91; PANELLA 2006a, pp. 76-77 
25
 Basta vedere il Foro di Augusto con i suoi continui rimandi alla storia di Roma e alla famiglia del 
princeps o l‟Ara Pacis e i suoi rilievi storici. 
26
 Quest‟importante riforma amministrativa si data al 7 a.C.  
27
 Gli assi stradali in questione sono: la via Valle/Foro; quella che dalla Valle si dirigeva verso 
l‟Esquilino; un‟altra che era rivolta a est verso la vai Tusculana e infine quella rivolta verso il Circo 
Massimo. 
28
 Si veda PANELLA 1996a, pp. 65-66 e 73-74 
 17 
trionfo e verso l‟antichissimo luogo di culto che essa rivolge il suo lato principale, in 
una continuità di messaggio simbolico che non può sfuggire”29. 
 
 
Figura 5: la Meta Sudans augustea al momento del rinvenimento. 
 
Nell‟area sacra delle pendici nord-orientali, nei decenni finali del I secolo a.C., il 
recinto santuariale viene sopraelevato in laterizio, e si procede alla pavimentazione in 
travertino dell‟area, con la relativa gradinata30.  
La ristrutturazione augustea non può che interessare anche il sistema viario. La 
strada Valle/Foro, infatti, vede l‟allargamento del marciapiede (in lastre di peperino e 
sempre con andamento gradonato) a spese della carreggiata stradale, pavimentata 
ancora una volta in basoli. Nasce in questa fase un isolato residenziale, prospettante 
sulla via, in prossimità delle pendici meridionali della Velia, di cui sono visibili le 
fondazioni in conglomerato con andamento E-O31. 
In relazione a questi interventi sulla viabilità, l‟assetto della teca viene 
modificato. Ora si presenta infatti circondata da una balaustra e continua ad esistere 
come signum di carattere sacrale. 
                                                 
29
 PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 75; per un‟analisi puntuale si vedano PANELLA 1996a; PANELLA 
2001b, pp. 54-55; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp: 73-77; PANELLA 2006b, pp. 87-89; ZEGGIO 2006b, 
pp. 274-276.  
30
 L‟intervento di Augusto nell‟area delle Curiae Veteres non è casuale, ma costituisce un richiamo forte e 
diretto alla città delle origini. Per un‟analisi degli interventi augustei si vedano: PANELLA 1996a, pp. 65- 
68; PANELLA 2001b, pp. 54-55; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 69-73; PANELLA 2006b, pp. 87-89 
31
 Queste fondazioni sono state individuate proprio al di sotto dell‟attuale recinzione dell‟Area 
Archeologica di Palatino e Foro Romano e quindi di esse non sarà possibile conoscere altri elementi .