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La discrezionalità amminstrativa

Il tema della discrezionalità tecnica è diventato un argomento fondamentale, che ha determinato la possibilità di utilizzare la figura del consulente tecnico d’ufficio.
Oggi affrontiamo il tema della discrezionalità che è legato al sindacato, cioè ai limiti che sono concepiti dal nostro ordinamento per sindacare le decisioni discrezionali della PA.
Per esempio, se intendo aprire una farmacia, sapendo che il numero delle farmacie è contingentato, cioè il numero di farmacie in un comune è proporzionato rispetto alla popolazione, e faccio domanda a una PA, questa sarà obbligata a dirmi di no, in quanto la sua attività non è un’attività discrezionale ma è vincolata, cioè non lascia un margine di scelta alla PA la quale è costretta a dirmi di no in quanto la legge stessa lo impone. Questa è un’attività vincolata; ci sono invece dei casi in cui le valutazioni della PA sono discrezionali, cioè la PA emette delle valutazioni soggettive. Tali valutazioni, riguardante l’attività discrezionale, possono riguardare sia il momento legato all’accertamento del fatto sia alla decisione vera e propria. La valutazione discrezionale può riguardare sia l’accertamento del fatto sia la decisione vera e propria.
Se un bene riveste un particolare interesse artistico, è obbligatorio apporre su quel bene un vincolo culturale, in questo caso la discrezionalità sta nell’accertamento del fatto, cioè nello stabilire se quel bene riveste un interesse effettivamente culturale; nel momento in cui la PA ha stabilito che quel bene è un bene di particolare interesse, la decisione che lo riguarda nel porre il vincolo è un’attività vincolata (Siamo nel caso 1). Abbiamo così spezzato in due momenti la scelta della PA:
1) ACCERTAMENTO DEL FATTO
2) DECISIONE
Nel secondo caso, ad esempio un autovelox che coglie un auto in eccesso di velocità: in questo caso il fatto che la macchina stia andando a 200 allora non richiede una valutazione discrezionale perché lo dice l’autovelox, l’accertamento del fatto è vincolato. La discrezionalità può consistere nel tipo di sanzione che la PA decide di irrogare nei confronti del trasgressore (sospensione o ritiro della patente); si tratta di una decisione discrezionale che attiene al fatto che è vincolato (siamo nel caso in cui l’accertamento del fatto è vincolante mentre la decisione è discrezionale); caso opposto è quello in cui l’accertamento del fatto è vincolato e la decisione è discrezionale. Il ventaglio di ipotesi è dunque composto da 4 alternative:
N° Alternativa

Per esempio: la valutazione che viene data ad un esame universitario: in questo caso l’accertamento del fatto è il sostenimento di un esame meritevole di superamento che è discrezionale; la decisione consiste nell’attribuzione di un punteggio, anch’esso discrezionale (Siamo nel caso 3).  
Rispetto a queste 4 ipotesi, il problema che ci stiamo ponendo è: quindi la PA esercita un potere discrezionale, il cittadino che tutela ha?? Fino a dove può spingersi la tutela del cittadino dinanzi al giudice amministrativo?? Nel caso 1 in cui tutta l’attività è vincolante, la risoluzione del problema è semplice; ad esempio se il comune di Lecce è amico di chi fa la richiesta di aprire una nuova farmacia, pur dovendogli dire di no, gli dirà di si; in questo caso il farmacista che si troverà vicina una nuova farmacia farà ricorso, dimostrando al giudice amministrativo che la PA ha sbagliato in quanto c’è una legge che glielo impedisce.
È un’attività tutta vincolata e la PA ha fatto l’opposto di quello che avrebbe dovuto fare. Il problema serio si ha quando l’attività, o nell’accertamento del fatto o nella decisione o in entrambi è discrezionale, perché bisogna dimostrare al giudice amministrativo che la PA ha sbagliato una valutazione discrezionale, cioè ha esercitato male il suo potere discrezionale, si chiede al giudice di sostituirsi in una valutazione fatta dalla PA; in questi casi il nostro ordinamento si è trovato di fronte alla scelta se sia giusto o meno consentire al giudice amministrativo di sostituirsi completamente alla PA rivalutando la scelta discrezionale. Per dare una tutela al cittadino bisogna ammettere che il giudice si possa sostituire ad una PA. Si pensi ad un esame di avvocato: è giusto che il giudice vada a ripensare una valutazione fatta da una PA commissione dell’esame di avvocato; entro quali limiti il giudice amministrativo può sindacare sulle scelte discrezionali della PA?? La ricerca difficile di questo limite ha determinato la distinzione che si fa nel nostro ordinamento tra discrezionalità e merito; cioè la soluzione che cerchiamo di dare al problema posto è stabilire un confine difficile tra ciò che può essere sindacato dal giudice amministrativo e ciò che invece non può essere sindacato; ci sono delle scelte della PA, che sono talmente soggettive, che si chiama merito, che il giudice amministrativo non può arrivare a sindacare. In pratica le scelte discrezionali della PA possono essere oggetto di valutazione del giudice, nelle scelte di merito il giudice amministrativo non può sindacare (le scelte di merito).
Il problema sta nello stabilire quando la discrezionalità diventa merito e quindi diventa un ambito in cui il giudice amministrativo non può entrarvi; il merito è la scelta più intima e profonda di una PA che non è sindacabile, rispetto alla quale il cittadino non ha tutela; il problema sta dunque nello stabilire tale confine. Per cercare di stabilire qual è il punto oltre il quale c’è il merito sono stati compiuti degli studi assai controversi. La discrezionalità può essere definita come una scelta soggettiva della PA che però deve essere comunque utilizzata, conforme ad alcuni parametri oggettivi; cioè quando una PA che decide ha tutta una serie di soluzioni (scelta discrezionali), nell’ambito di queste soluzioni deve cercare di scegliere quella che oggettivamente è conforme all’interesse pubblico. È si una scelta discrezionale, soggettiva che però può essere indirizzata da parametri oggettivi. Ad esempio per capire questa distinzione tra discrezionalità e merito si pensi ad un concorso per essere assunti in un ufficio pubblico al quale si presentano 2 soli candidati, la PA che sta assumendo uno di questi 2 potenziali funzionari, dovrà scegliere nell’interesse pubblico. Supponiamo che uno ha 3 lauree, alcune delle quali attinenti al lavoro da svolgere, abbia una serie di pubblicazioni, mentre l’altro ha solo una laurea con nessuna pubblicazione; in questo caso la scelta discrezionale della PA non è un’attività discrezionale, ma tra le 2 scelte quella che è più ragionevole per l’interesse pubblico è la prima assunzione; poiché oggettivamente ci sono una serie di indici che rendano più giustificabile la scelta del primo. Se la PA, scegliesse il secondo, farebbe una scelta che sicuramente è sindacabile dal giudice amministrativo, in quanto chi non è stato scelto ricorrerà al giudice dicendo che la PA ha fatto una scelta discrezionale, ma se avesse agito secondo parametri il più possibile oggettivi avrebbe dovuto scegliere quello con più titoli. In questo caso il giudice amministrativo gli darà ragione perché ci sono degli elementi oggettivi che avrebbero potuto orientare la scelta della PA. È illogico che la PA abbia fatto vincere l’altro. Questo è un caso di discrezionalità legata a parametri oggettivi; altro esempio è quello in cui il Comune di Lecce decida di realizzare una tangenziale espropriando dei terreni. Il potere di esproprio è un potere che gli viene riconosciuto dalla legge; per realizzarla ha una doppia scelta: quella di espropriare un terreno dove c’è un’abitazione a 4 piani oppure un terreno dove c’è una coltivazione di carote. Se la PA sceglie di far passare la tangenziale dove c’è il palazzo senza un motivo che giustifichi un interesse pubblico concreto, ad esempio per la presenza di una curva pericolosa, è difficile dire che oggettivamente esista un interesse pubblico a far passare la tangenziale sopra l’abitazione. In questo caso gli abitanti dell’abitazione farebbero un ricorso per capire l’interesse pubblico, la base di tale scelta discrezionale, che non c’è, c’è un interesse  opposto rispetto a quello pubblico dato che costa di più espropriare un terreno dove c’è un palazzo che un terreno dove ci sono delle carote. La scelta discrezionale è una scelta che si può sindacare se ancorata a parametri oggettivi.
Se invece è profondamente soggettiva, cioè non ancorabile a parametri oggettivi, dove i parametri oggettivi sono le figure sintomatiche (vi è un cattivo esercizio dell’attività amministrativa quindi la scelta della PA si dimostra illogica, in quanto comporta dei costi nettamente superiori, come nel caso della tangenziale), quando si tratta di decisioni profonde, soggettive della PA, in quel caso si tratta di merito; ad esempio  ritornando al concorso di prima: i 2 soggetti che concorrono hanno tutti e due scritto un solo libro, uno sulla discrezionalità amministrativa e uno su quella tecnica, che vengono valutatati dalla commissione la quale reputa meritevole il primo, si tratta di un apprezzamento profondamente soggettivo. Il concorrente che perde potrebbe fare ricorso solo al giudice amministrativo stabilendo che la scelta della PA è profondamente illogica in quanto leggendo i libri ci si accorge che è meglio il suo. In questo caso il giudice ha dei problemi a dare una tutela perché più che di discrezionalità si tratta di merito, cioè di una scelta profonda della PA, rispetto alla quale il giudice non ha probabilità di sostituirsi in quanto mancano dei parametri oggettivi attraverso cui ancorare la scelta del giudice. In questo caso il giudice avrebbe dovuto comunicare al cittadino che il ricorso è inammissibile perche riguarda il merito e non la discrezionalità. Proprio in mancanza di un confine netto, la tendenza del giudice è quella di considerare il più possibile ciò che è merito discrezionalità, perché così può decidere su più cose; dato che il confine è labile, il giudice fa delle valutazioni di merito sostenendo che siano valutazioni sulla discrezionalità. Alla luce di quanto detto fin’ora, nel caso dell’ esame d’avvocato che prevede lo svolgimento di 3 prove scritte, in ognuna delle quali bisogna prendere un voto da 30 in su, la commissione che corregge questi compiti attribuisce un punteggio totale di 75, e quindi il candidato viene bocciato: è possibile fare un ricorso contro il giudizio della commissione?? È una valutazione discrezionale o di merito? Si tratta di una valutazione di merito, pertanto il ricorso non è ammissibile. Il confine è così labile tanto che il giudice amministrativo pur di decidere in questo caso non dice che il ricorso non è ammissibile, ma decide.  Ci si deve attenere a dei parametri oggettivi x poter decidere, perché altrimenti non è discrezionalità ma merito. Il parametro ogg.vo, nell’esempio è il giudizio dato dal commissario, per cui il TAR per trasformare ciò che è merito in discrezionalità accompagna il ricorso con i pareri fatti da 3 illustri professori in ciascuna materia. Per cui l’avvocato da al giudice dei parametri ogg.vi, cioè dei pareri redatti dai 3 illustri professori. Il tentativo che spesso si compie è quello di trasformare il merito in discrezionalità, inventando il più delle volte dei parametri oggettivi, anche laddove questi non ci siano. Diverso è il caso in cui ad es.: io sostengo l’ ESAME DI AVVOCATO e prendo 25 25 25 alle tre prove, sul compito la commissione non ha apposto alcun segno di correzione, cioè ho la sensazione che la commissione ha valutato gli elaborati senza averli letti.
In questo caso ho 1 elemento oggettivo per sostenere la mia tesi (l’assenza di segni), altro elemento è il verbale di correzione dal quale risulta che la commissione quel giorno si è riunita dalle ore 15:00 alle 18:00 correggendo 3 prove x candidato (quindi 120 compiti in 3 ore) è verosimile. In questo caso faccio ricorso non sulla valutazione ma chiedo che la valutazione venga rifatta perché ho degli elementi oggettivi che mi portano ad affermare che la scelta discrezionale della PA sia stata fatta male, in quanto non c’è alcuna sottolineatura e i tempi di verbale mi fanno capire che la commissione ha impiegato circa 1 minuto a compito. In questo caso il giudice amministrativo può ordinare la ricorrezione dei compiti; non è che li ricorregge il giudice sostituendosi alla PA (merito), ma ne riordina la ricorrezione in quanto c’è stato un cattivo uso del potere discrezionale. La discrezionalità è quindi sindacabile di fronte al giudice amministrativo nei casi in cui, invece, si verifica l’esercizio della discrezionalità tecnica, vista ieri, che è una scelta discrezionale della PA che però si fonda su delle valutazioni di natura tecnica, cioè delle valutazioni rispetto alle quali ci vuole una competenza specifica in uno specifico settore. La PA in questo caso svolge una valutazione tecnica, non è una valutazione che può fare chiunque, ma bisogna avere delle competenze tecniche, specifiche; per cui: rispetto ad una discrezionalità tecnica il cittadino che tutela ha? In questo caso bisogna sempre dare una tutela per tale motivo: ha il potere di disporre la verifica attraverso il TCU (consulente tecnico d’ufficio), che è un esperto in uno specifico settore; ormai nel processo amministrativo, proprio perché  è possibile sindacare la discrezionalità tecnica, è possibile che il giudice nomini un TCU, che verificherà se la PA ha controllato in maniera corretta determinate specifiche tecniche, cioè andrà a fare delle valutazioni tecniche che ha già fatto la PA, e il giudice amministrativo deciderà sulla base delle risultanze del TCU. Oggi il giudice amministrativo si fa supportare da un organo che ha competenze tecniche in modo da dare tutela anche laddove si suppone una discrezionalità tecnica. Quindi noi cittadini rimaniamo sforniti di tutela per quanto riguarda il merito in quanto il giudice amministrativo non può intervenire, perché  altrimenti rischierebbe di sostituirsi troppo alla PA.

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Mariarita Antonella Romeo
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