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Mutanti virali e le mutazioni spontanee

I termini “mutante”, “ceppo”, “tipo”, “variante”, cono usati spesso dai virologi per distinguere indifferentemente un particolare virus da tutti gli altri e dal virus “parentale” o “selvatico”. Questi termini, in maniera più corretta, sono generalmente utilizzati per indicare:
ceppo: diversi isolati dello stesso virus (es., da diverse località geografiche o da pazienti diversi);
tipo: sierotipi diversi dello stesso virus (es., vari fenotipi basati sulla capacità di indurre anticorpi neutralizzanti diversi);
variante: un virus con un fenotipo diverso rispetto a quello del ceppo selvatico originario, ma del quale non si conoscono le basi genetiche.
In alcuni virus, la frequenza di mutazioni può raggiungere dei valori che vanno da 10-3 a 10-1 per nucleotide incorporato (es., nei retrovirus come l'HIV), mentre in altri la frequenza è più bassa, da 10-8 a 10-11 (es, negli herpesvirus), ed è equivalente al tasso di mutazioni osservato per il DNA cellulare. Queste differenze sono da attribuire alle caratteristiche delle polimerasi impiegate nella replicazione dei diversi genomi; infatti il tasso di errore delle RNA polimerasi RNA-dipendenti è generalmente più alto di quelle delle DNA polimerasi DNA-dipendenti. Comunque per un virus, l'accumulo di mutazioni rappresenta una situazione con vantaggi e svantaggi. La possibilità di generare varianti antigeniche capaci di evadere la risposta immune dell'ospite rappresenta un chiaro vantaggio; tuttavia, l'accumulo di numerose mutazioni è anche responsabile della produzione di numerose particelle infettive, poiché molte mutazioni sono dannose. La lunghezza del genoma di HIV è circa 9,7 kb; perciò, per ogni genoma copiato si potranno trovare da 0,9 a 9,7 mutazioni. Quindi in questo caso, il virus selvatico, in realtà, consisterà in una componente di maggioranza temporanea che domina l'equilibrio dinamico (cioè la popolazione dei genomi) presente in tutte le colture dei virus. Queste miscele di varianti molecolari sono note come quasispecie e sono presenti anche in altri virus a RNA (es., picornavirus); tuttavia, la maggior parte di questi tipi non sarà infettiva o sarà seriamente svantaggiata, e per questo motivo essi sono rapidamente eliminati da una popolazione replicante.

Tratto da ELEMENTI DI VIROLOGIA MOLECOLARE di Domenico Azarnia Tehran
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