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Paraskeuè. Equipaggiamento dell'ascesi



Si usa l’espressione paraskeuè=instructio per dire che l’ascesi equipaggia. Significa preparazione dell'individuo agli eventi della vita, all’avvenire, ad eventi imprevisti. Demetrio il cinico paragona la saggezza con l’atleta che si esercita a fare solo i movimenti necessari. Si tratta di essere più forti di quel che può capitare. E i movimenti devon poter essere immediatamente disponibili. La paraskeuè dunque son tutte le pratiche che ci permettano di essere più forti di ciò che può accadere. Marco Aurelio chiama l’arte di vivere biotica: somigli a una lotta, dobbiam stare saldi e in guardia. L’atleta cristiano deve stare in guardia contro se stesso, quello stoico contro l’evento, ovvero tutto ciò che potrà presentarsi di esterno. L’equipaggiamento antico è formato da logoi, discorsi. Che sian anche non solo veri, ma materialmente esistenti. Vanno conficcati in sé, impiantati in sé, metabolizzati. Ci son queste frasi che si ripetono di continuo. Sono proposizioni fondate secondo ragione. Seneca li chiamava dogmata e praecepta. La razionalità di cui son dotati dice il vero  ma prescrive anche cosa fare. Poi sono discorsi persuasivi, ovvero generano una convinzione ed inducono ad un atto. Ma perché tali logoi funzionino devon essere acquisiti ma anche sempre presenti. Concetto di boèthos=soccorso. Significa riattualizzare il logos, usarlo come rimedio. Logos come buon pilota della nave. Il logos dev essere sottomano. La mneme è fondamentale qui per custodire il pensiero e rischiararci. Occorre però che questa memoria ci sia entrata fin dentro i muscoli, dev’essere una memoria legata all’atto. Quindi per gli ellenici per realizzare l’obiettivo finale=rapporto pieno con sé l’askesis deve costituire una paraskeuè=equipaggiamento, ovvero la forma che i discorsi veri devon assumere per diventare matrice di comportamenti razionali. È l’elemento che trasforma il logos in ethos. L’askesis è dunque la successione dei procedimenti che consentano di riattivare e rafforzare la paraskeuè, è quanto fa si che il dir-vero divenga un modo d’essere.

Tratto da ERMENEUTICA DEL SOGGETTO di Dario Gemini
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