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Il ruolo dell’archivista


Il ruolo dell’archivista come mediatore tra la documentazione e chi vuole usarla è diventato più sfaccettato; l’archivista è ancora oggi un rassicurate punto di riferimento per chi, nel compiere ricerche d’archivio, necessita di consigli e suggerimenti su come reperire la documentazione che lo interessa, ma non può più essere il tramite privilegiato per avvicinarla. La mediazione deve avvenire soprattutto tramite strumenti inventariali di vario tipo; essi sono da progettare e realizzare secondi criteri e modi utilizzabili dai non addetti ai lavori, da parte di un pubblico molto più differenziato rispetto a quello che nei decenni trascorsi era solito rivolgersi agli archivi. Redigere strumenti inventariali ispirati al metodo storico, che tengano quindi conto del rapporto/sfasatura tra soggetto-istituto produttore e modi in cui è stata organizzata e trasmessa nel tempo la relativa memoria documentaria, è quanto si richiede a chi è o vuole diventare archivista di tutto rispetto. La documentazione sino ad oggi raccolta in istituti conservativi non solo è fornita di strumenti inventariali di tipo diverso in quanto redatti in tempi, modi e criteri di versi, ma è per alcune parti ancora sprovvista di qualsiasi strumento d’accesso, che non sia la mediazione in prima persona dell’archivista. Solo da poco tempo si è diffusa tra gli addetti ai lavori la consapevolezza che è meglio denunciare difficoltà e limiti della situazione che si trovano ad amministrare, piuttosto che minimizzarli, chiudendosi in una difesa corporativa che sdegnosamente rifiuti qualsiasi critica che provenga dall’esterno. Per quanto riguarda gli archivi statali è stata soprattutto un’iniziativa promossa dall’amministrazione centrale negli anni 1966-69 che ha contribuito a modificare radicate mentalità tendente a tenere nascoste inerzie passività nei confronti di questa o quella parte di documentazione. La guida generale- di cui il primo volume è uscito nel 1981- è bastata su una scelta culturale coraggiosa. Sono stati esclusi infatti lavori preventivi e analitici di riordinamenti e inventariazioni, del cui risultato, dati i mezzi e le forze su cui poteva contare, avrebbero finito col fruire gli studiosi non di questa ma delle future generazioni. Si è invece progettato che la guida doveva nascere da una ricognizione completa e corretta dello stato di cose esistente e servire, oltre che da mezzo di prima informazione per il ricercatore, anche da denuncia di una situazione di disagio che gli archivi dividono in Italia con tutte le altre categorie di beni culturali. La guida generale è pertanto uno strumento di conoscenza sulla documentazione conservata nei singoli istituti archivistici e sulle più o meno agevoli possibilità di compiervi ricerche in base agli strumenti inventariali esistenti; ma essa è anche una sorta di libro bianco sulle carenze e sui limiti delle scelte compiute almeno fino agli anni 80 del 900.

Tratto da GLI ARCHIVI TRA PASSATO E PRESENTE di Alessia Muliere
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