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L'orazione di Cicerone


PRO SESTIO  (patti di Lucca tra i triumviri)

Nel 56 a.C. Cicerone, di ritorno dall’esilio, si trovò a difendere un tribuno, Sestio, accusato da Clodio di atti di violenza. L’orazione è importante perché Cicerone offre una nuova teoria sulla concordia. Non più concordia ordinum  ma consensus omnium bonorum, concordia attiva di tutte le persone agiate e possidenti, amanti dell’ordine politico e sociale, pronte ad adempiere i propri doveri per amore della patria.

PRO CAELIO  (strapotere di Clodio a Roma)

Marco Celio Rufo, giovane amico di Cicerone, è accusato di essere stato amante di Clodia, sorella di Clodio. In questa orazione non solo Cicerone sfoga tutto il suo rancore ed il suo astio nei confronti del tribuno ma dipinge anche la donna con tinte forti, accusandola di avere avuto rapporti con il fratello e di essere solo una volgare meretrice. In questa orazione Cicerone delinea uno spaccato particolare della società del suo tempo giustificando il comportamento dei giovani, capace di destare scandalo solo agli occhi di moralisti attaccati troppo al passato. Cicerone tratteggia un modello culturale che inserisce i nuovi comportamenti all’interno di una scala di valori dominata sempre dalle virtù tradizionali, ma spogliate dei loro aspetti più radicali e rigorose, sforzandosi di farle diventare più flessibili, in funzione di un mondo che va lentamente cambiando.

PRO MILONE  (anarchia. Pompeo consul unicus. Conflitti tra Milone e Clodio)  

Siamo nel 52 a.C. Clodio è stato ucciso e Milone fu indicato come responsabile della sua morte. Cicerone sia assunse la difesa, ma in seguito ad un esaurimento nervoso, perse la causa e costrinse Milone a  fuggire in esilio.

PRO MARCELLO; PRO LIGARIO; PRO REGE DEIOTARO   (scoppio della guerra civile e vittoria di Cesare. Dittatura di Cesare)

Siamo nel 49 a.C. allo scoppio della guerra civile. Cicerone, seppur di malavoglia, si schierò dalla parte di Pompeo, consapevole del fatto che, qualunque fosse stato l’esito della guerra il senato  sarebbe stato indebolito dal potere immenso che avrebbe avuto il vincitore. Cesare, dopo aver vinto la guerra, perdonò Cicerone, il quale, sperando di rendere il regime meno autoritario, sostenne la causa di alcuni ufficiali pompeiani ora pentiti. È comunque difficile pensare che i numerosi elogi rivolti a Cesare all’interno delle orazioni fossero sentite con sincerità da Cicerone. L’oratore aveva già compreso che il passaggio di Cesare alla dittatura avrebbe dissolto le sue ultime speranza di vedere un progetto di riforma dello stato nel rispetto delle forme repubblicane.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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Cicerone