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Crisi della Gran Bretagna alla fine del XIX secolo -M. De Cecco


Il predominio assoluto della Gran Bretagna veniva così man mano smantellato: diveniva il terzo paese per popolazione, perdeva terreno nella produzione di carbone e ghisa. In aggiunta alla perdita di questi primati produttivi, l’economia inglese era divenuta ancor più specializzata nella produzione di manufatti e acquistava sempre più le caratteristiche di una export economy.

Ci si domanda come la Gran Bretagna sia riuscita a mantenere la propria quota di esportazioni mondiali di manufatti al livello ancora più elevato di tutte le nazioni, del 31% nel 1913. A partire dalla Grande Depressione degli anni 90 il commercio estero della Gran Bretagna sperimenta una trasformazione profonda, in maniera particolare per quel che riguarda la destinazione delle esportazioni inglesi. La depressione aveva infierito sull’industria inglese maggiormente che su quelle tedesche e americana, sostenute nei tempi magri dal credito industriale. Le esportazioni inglesi, di fronte alla concorrenza, non avevano tenuto. Questa incapacità di competere doveva accentuarsi negli anni successivi. In Europa, le esportazioni inglesi o battevano in ritirata o si accrescevano a un ritmo decisamente inferiore agli altri paesi.

Scendendo in qualche dettaglio, la Gran Bretagna perdeva terreno sui mercati europei, specialmente nei prodotti nuovi e manteneva il suo primato in America Latina, sebbene anche lì fosse intaccata dalla concorrenza tedesca e nordamericana. Contro questa situazione di perdita di concorrenzialità dell’Inghilterra sui mercati di tutti i paesi, dobbiamo porre ora la situazione di enorme preponderanza delle esportazioni inglesi sui mercati dell’impero britannico nello stesso periodo. Mentre l’Inghilterra perdeva terreno sui mercati concorrenziali, essa manteneva il monopolio del commercio col suo impero. L’Inghilterra doveva assolutamente mantenere un mercato sul quale riuscisse a realizzare un surplus che le permettesse di pagare i deficit con gli altri mercati. I paesi dell’impero britannico erano in grado di chiudere l’equazione del commercio estero inglese.

Tutti i territori dell’Impero britannico rispettavano il sacro principio del libero scambio. Appare quindi davvero interessante come la concorrenza non riuscisse a spuntarla affatto sui mercati imperiali. Questo riusciva agevole perché nell’impero vero e proprio il commercio era esercitato in buona parte per il tramite dell’amministrazione imperiale, tutta diretta da cittadini inglesi. Inoltre l’amministrazione inglese dell’India impedì attivamente la formazione di una struttura industriale autonoma in India. La completa dipendenza del mercato indiano era altresì assicurata dalla politica monetaria e bancaria dell’amministrazione inglese. Le grandi banche indiane non ebbero mai un direttore indiano tra il 1876 e il 1914.

Tratto da STORIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Domenico Valenza
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