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La formazione della città industriale


Per descrive e comprendere in pieno la formazione della città industriale e tutti i problemi che ne conseguono è utile trattare e comprendere come si sviluppava e si comportava l’intero sistema urbanistico prima dei grandi cambiamenti dati dalla rivoluzione industriale la quale determina l’affermazione del sistema capitalistico borghese, il quale, portava ad un fortissimo consolidamento e sviluppo di quella peculiare forma di organizzazione del rapporto tra uomo e città, con il suo sviluppo quantitativo e i primi segni della crisi.

Uno dei punti nodali di questa crisi è proprio la questione della rendita fondiaria urbana. C’è una contraddizione strutturale tra la funzione sociale della città dell’ottocento e quella del medioevo. Per effetto della sconfitta dell’ancien regime e del trionfo della classe borghese e del sistema di produzione capitalistico, si è radicalmente trasformato il rapporto tra città e suolo urbano. Un urbanista svizzero Bernuilli a tal proposito, descrive il fenomeno imponendo come tesi di fondo il fatto che la città nasce su un suolo indiviso, dalla non divisione del suolo deriva la possibilità di regolare e trasformare la città in funzioni di interessi comuni.

Bernuilli nei suoi scritti si riferisce ad un sistema feudale, tipico dell’Atlantico e degli Urali, ed illustra le ragioni per il quale le città che risalgono all’XI e XII secolo erano sorte su un terreno frazionario che nemmeno il signore poteva essere considerato come unico proprietario. La città, comunque si costruiva, in questi suoli, mediante il seguente sistema: una grande impresa di fondazione veniva affidata ad una persone valente a sua scelta definita LOCATOR, (successivamente assunse il ruolo di podestà), sul territorio affidato egli iniziava i lavori, facendo dissodare il nuovo contenuto della città, fissando la reta stradale e le mura  entro le quali si dovevano sviluppare i quartieri edilizi, secondo piani lungamente meditati. Ovviamente, il Locator, doveva pensare a popolarla, decretando ai mercanti le più vaste aree vicine al mercato e alle strade principali, mentre gli artigiani e i contadini occupavano le vie più anguste al di là del quale potevano erigere cascine e stalle. (Nasce un principio simile alla zonizzazione = tecnica in uso negli attuali piani regolatori, secondo la quale il terreno viene articolato in zone ciascuna contraddistinta da una specifica funzione, da determinati parametri e indici di utilizzazione e di fabbricabilità e cosi via. )
Gli abitanti pagavano un canone per il diritto di costruzione o anche una tassa di abitazione o una tassa d’eredità. Ereditario era infatti il loro titolo sul terreno, perché ne fosse consenziente il titolare e allora tale diritto poteva vendersi ad un terzo. Se godeva di risorse sufficienti poteva trasformare il suo laboratorio in uno stabile a case di muratura, poteva modificarla, ingrandirla come meglio desiderasse. Dunque USO DELL’ABITAZIONE E DIRITTO DI CITTADINANZA COINCIDEVANO.

Inizialmente i lotti edificabili erano stati assegnati in uso a tempo indeterminato e il canone era immutabile, fino a quando con l’avvento della coniazione in massa della moneta e alla scoperta delle indie occidentali, si determinò un aumento di tutti i prezzi, e di conseguenza l’imposta perdette gran parte del suo significato e non fu infine che una modesta forma di riconoscimento. In alcuni casi alcuni amministratori aumentarono il canone, fissandolo magari in proporzione al reddito, ma già dal 14 secolo si liberarono dell’inopportuno balzello col agire in una sola volta un capitale presso a poco corrispondente a quello del tasso periodico. Entra in ballo anche la speculazione fondiaria, nel 1789 la nobiltà perde in Francia il suo potere, subentra la borghesia come classe egemone. Quest’ultima aveva inventato e promosso la dimensione sociale nella fabbrica, non riuscendo a proiettare quella medesima dimensione nella città. In questo modo si sciolsero non solo i diritti fondiari ma anche del comune. Il suolo adesso è visto come merce, ognuno poteva vendere il proprio terreno al più alto prezzo raggiungibile sul mercato. Questa speculazione venne metodicamente condotta dalla società fondiarie, le quali vendevano al miglior acquirente il terreno al miglior prezzo. Inoltre le strade principali erano valutate maggiormente rispetto a quelle lungo le strade secondarie, e la delicata pressione della proprietà fondiaria ottenne che i nuovi quartieri fossero riccamente dotati di strade principali. Da ciò scaturì anche la creazione di innumerevoli casa ad angolo poiché più idonee a locali commerciali. Bernuilli, inoltre, descrive come l’edilizia stessa dimostra come la città sia divenuta fortemente dominata dalla speculazione fondiaria, poiché la massima rendita si ottiene con il massimo sfruttamento del suolo, meglio costruire su un dato lotto 5 piani piuttosto che 3. Dunque, la città se fosse stata in realtà la vera proprietà del suolo avrebbe avuto il libero campo per concedere o rifiutare aree a destinazioni edificatorie non desiderabili. Ma, avendo essa già alienato i terreni dovette bandire ogni diritto in proposito. Ora, quando una città per una miglioria che deve servire a tutti che sia un parco, un campo sportivo, dovrà rivolgersi ad un ente privato, il quale si renderà a favore della comunità ma speculando sul terreno da vendere. Tanto più l’area conviene tanto più il prezzo si eleva. È proprio per questa ragione che le nostre città difettano di ampie località.

L’epoca del trionfo della borghesia è anche l’epoca della formazione dei grandi stati nazionali, divenendo città speciali per la rappresentazione che in essa si svolge, dove la classe dirigente si articola in maniera più complessa rispetto agli artigiani e commercianti di borgo. Si afferma un nuovo disegno urbano i cui punti di forza non sono soltanto i fuochi greco-romani ma prospettive, percorsi, viali, che riprendono l’insediamento signorile. Si sviluppano nelle città zonizzazioni funzionali e le segregazioni di classe: gli assi e le zone della residenza alto-borghese, i quartieri di casermoni operai: le estese periferie della middle class e anche i tuguri del Lumpenproletariat. Ma il dato più rilevato è l’enorme espansione quantitativa della città con la seguente variazione dei vari insediamenti umani assunti in quell’arco di tempo e il peggioramento delle condizioni di vita delle classi operaie. Ricordiamo che alla vecchia struttura manifatturiera si sostituisce la concentrazione del lavoro di fabbrica, trasformando contadini e artigiani in proletari salariati. Il mutamento dei modi di produzione nelle industrie si svolge parallelamente al miglioramento dell’attività agricola e quindi ad una diminuzione della mano d’opera in campagna.
All’emigrazione della popolazione rurale e all’urbanesimo che ne deriva, non sempre corrisponde un eguale incremento di posti di lavoro in città e di vie di comunicazione, ma le innovazioni dei mezzi di trasporto rivoluzionano il concetto di distanza. Le trasformazioni fisiche sono diverse e articolare nei vari paesi europei, con effetti di squilibrio e accelerazione differenziata nelle regioni investite da questo fenomeno.
In termini generale è migliorato il progresso ed il benessere, ma nei singoli casi ciò che viene denunciato è il degrado di alcune citta, nelle quali il cambiamento si verifica più velocemente, come il sovraffollamento delle abitazioni, le condizioni igienico-sanitarie, l’incremento generale del traffico, la qualità dell’aria e dell’acqua. Mentre la concentrazione del proletariato nelle aree urbane degradate innesca un processo di rivoluzione sociale: le città diventano catalizzatori come mai prima.

In Francia il decollo è ritardato di una quindicina d’anni, nella penisola iberica e in Austria si assiste ad un aumento delle popolazione, ma non a una concentrazione della stessa città. Analogamente accaduto in Danimarca e Svezia mentre nella penisola Italiana si verifica un’espansione molto lenta a Genova, Napoli, Catania e in parte Palermo. Diciamo dunque che la situazione più eclatante si verificò in Inghilterra intorno agli anni 1760 e 1830 le terre comuni intorno antichi villaggi inglesi rese possibile un maggior sfruttamento del suolo, trasformando dunque i coltivatori diretti in braccianti o affittuari, legati ad un tenore di vita giusto poco necessario per sopravvivere.
In Inghilterra, le nuove tecnologie di tessitura e macchine pongono le premesse per l’industria moderna, l’antica organizzazione familiare veniva a decadere, ricordando che un'unica famiglia provvedeva alle operazioni di filatura, tintura e tessitura facendosi carico della materia prima e successivamente rivendendo il prodotto finito, adesso, la domanda cresce in maniera smisurata e di conseguenza i commercianti preferivano distribuire una maggior quantità di materia prima a vari gruppi di operai, pagando soltanto il lavoro finito e guadagnando più merce. Ovviamente la concorrenza determinava un aumento supplementare della richiesta del prodotto, con costi comunque ridotti, di conseguenza si determinano delle invenzioni in campo tecnico che portano ad un miglioramento economico e commerciale migliore. Si ricordi per esempio i primi telai che comportavano una produzione limitata pur usufruendo di un unico uomo, per arrivare ad un risultato considerevole si dovette aspettare il 1785 con l’avvento della prima macchina industriale, sostituita successivamente da quella a vapore di Watt. Inoltre, quest’ultima determinò un vantaggio per l’estrazione del carbone nelle cave, poiché si eliminarono definitivamente, con questa scoperta, le infiltrazioni dovute al telaio ad acqua precedentemente adoperato. Si sostituì il carbone coke a quello vegetale, nella lavorazione dei materiali ferrosi, ed Cort, trovò il modo di utilizzare il carbone anche nei processi di forgiatura e laminatura. Le fonderie si spostarono nelle regioni minerarie, favorendo la nascita di grandi impianti a ciclo completo. Così nel corso di una sola generazione, si compirono i progressi tecnici che resero possibile un aumento illimitato della produzione industriale, inoltre, lo sviluppo delle industrie e la loro concentrazione nei grandi opifici attirarono molte famiglie dai distretti agricoli del sud a quelli minerari del nord. Segue, quindi, un trasferimento dalle case isolate di campagna ai compatti quartieri in prossimità delle officine, nacquero in questo modo delle improvvise nuove città. L’associazione fra industria e città fu subito ben salda, gli imprenditori potevano contare su una riserva di mano d’opera sempre abbondante e sostituibile, mentre gli operai, trovavano in città una maggior varietà di scelte e una possibilità di riconoscersi come categoria, di organizzarsi a difesa dei comuni interessi. Per le esigenze di commercio e soprattutto per il trasporto delle merci, fu rinnovata la rete e le vie di comunicazione. Le disagevoli strade furono sostituite dopo il 1745 da nuove strade a pedaggio, i fiumi dopo il 60 furono integrati a nuovi canali e nel 1801 entrò la SURREY IRON RAILWAY, la prima impresa ferroviaria per il trasporto di merci. Ma soltanto dopo il 1825 in seguito all’invenzione della locomotiva di Stephenson cominciò lo sviluppo delle ferrovie.

È in relazione alla nuova rete di trasporti e al movimento commerciale sempre in espansione che occorre valutare la crescita senza precedenti di alcune città. Londra, alla fine del '700 aveva un milione di abitanti. Questo insieme di trasformazioni fece cambiare domicilio e modo di vivere di diverse persone, alterando l’utilizzazione del suolo e del paesaggio, inoltre insorgono innumerevoli iniziative di speculazione che si concentrano improvvisamente in stabilimenti, strade, canali. La politica del tempo è colpita dalle cadute tradizionali e teorizza soprattutto l’opposizione ai vincoli e agli istituti che ostacolano la libera espansione delle nuove iniziative. I riformatori politici adoperano la critica razionale per demolire i privilegi dell’assolutismo, della gerarchia sociale, del dirigismo economico, lasciando in ombra il tipo di organizzazione del nuovo stato, concepito preferibilmente come uno spazio vuoto dove l’individuo e il pubblico potere si affrontino direttamente, facendo astrazione da ogni struttura intermedia che ne perturbi il rapporto: la realizzazione dell’ideale democratico sembra infatti condizionata all’assorbimento di tutte le società parziali e nella repubblica sovrana. Questa impostazione teorica, mentre porta in primo piano i problemi politici generali e costituzionali, svaluta i problemi organizzativi di settore o li riduce semplici deduzioni. Ogni difficoltà connessa con la sopravvivenza di qualche istituto tradizionale, favorisce la formazione di nuove teorie come quella di Malthus sulla popolazione o quella di Ricardo riguardo l’abolizione dei dazi e delle dogane. Così mentre il pensiero liberare riesce a far rimuovere le vecchie restrizioni legali, le città e le campagne restano praticamente prive di adeguati controlli urbanistici, la parte più progredite culturalmente persuadono i governi e l’opinione pubblica a non interferire, screditando i tradizionali metodi urbanistici ma senza comunque proporne di nuovi (Adam Smith consiglia di liverarsi dei loro demani per pagare i debiti).

La città antica cambiava così lentamente che poteva in ogni momento considerarsi immobile per un tempo indefinito, sistemare una piazza, un quartiere significava imporre per sempre una forma architettonica precisa senza possibili incrementi futuri, significava applicare ad una realtà in movimento lentissimo l’approssimazione plausibile di un’immagine affatto variabile.

Ovviamente questa trasformazione diventa sempre più difficile man mano che aumenta la velocità delle trasformazioni, dunque mentre l’architettura ha raggiunto per conto suo la massima finezza nella progettazione di ambienti monumentali e nell’armonizzarli con il paesaggio urbano o naturale, diminuisce la coerenza esecutiva e diminuisce la capacità di incidere durevolmente nel tessuto della città. Per esempio a Parigi la regolarità architettonica è ottenuta imponendo una facciata uniforme a molti edifici indipendenti, o il Circus e il Royal Crescente di Bath e più tardi Regent’s Street a Londra, consistono in un’architettura uniforme sovrapposta a una moltitudine di case indipendenti, la simmetria e l’unità prospettica da mezzi di controllo strutturale diventano mezzi di controllo paesistico. La raffinatezza e l’eleganza di questi ultimi prodotti della tradizione classica nascondono il distacco ormai completo dai problemi della nuova città e precludono di fatto ogni contatto fra questa tradizione e l’ambiente che si va formando per effetto della rivoluzione industriale. Mentre la ricca borghesia si raccoglie negli squisiti ambienti di Beldford di Place e di Russel square, i miserabili quartieri dell’est crescono senza speranza, ma presto i loro inconvenienti igienici metteranno in crisi l’intera città e si dovrà costruire da capo l’intera metodologia urbanistica.

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