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La riduzione del capitale: reale e per perdite


La riduzione reale

La riduzione reale del capitale sociale può essere deliberata dall’assemblea straordinaria.
Prima della riforma l’unico motivo che consentiva la riduzione reale era la sopravvenuta esuberanza del capitale sociale rispetto al conseguimento dell’oggetto sociale; oggi non è più così, ma è pur sempre necessario che il motivo della riduzione venga specificamente indicato.
La riduzione può aver luogo mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti oppure tramite rimborso di parte del capitale ai soci.
In ogni caso vanno rispettati tre limiti:
- il minimo di capitale prescritto dalla legge;
- la proporzione uno a due tra patrimonio netto e obbligazioni in circolazione;
- il tetto del 10% del capitale sociale per le azioni proprie in portafoglio.
La riduzione reale del capitale può essere pregiudizievole per gli interessi dei creditori sociali poiché effetto dell’operazione sul capitale è un impoverimento della società.
Perciò è concesso ai creditori sociali anteriori all’iscrizione della delibera il potere di opporsi nei 90 giorni dal compimento della pubblicità.
L’opposizione del creditore non si basa su un vizio della delibera, ma sui suoi effetti: il pericolo che la riduzione metta a repentaglio la possibilità del creditore di essere regolarmente soddisfatto.

La riduzione per perdite

Le perdite che una società eventualmente subisca erodono il patrimonio netto a cominciare dalla sua parte disponibile e solo dopo avere consumato tutte le riserve intaccano il capitale della società.
Ogniqualvolta il capitale sociale sia in parte perso è possibile la riduzione del capitale sociale (c.d. riduzione facoltativa); riduzione che serve ad allineare la misura nominale del capitale a quella effettivamente esistente.
La riduzione è obbligatoria quando, in conseguenza di perdite, il capitale è diminuito di oltre ⅓.
In particolare gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, non appena accertino perdite rilevanti (che facciano diminuire di oltre ⅓ il capitale sociale), devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti.
Affinché i soci possano esaminare consapevolmente la situazione di crisi, gli amministratori devono predisporre una relazione sulla situazione patrimoniale della società.
La riduzione diviene però obbligatoria se la perdita non risulta diminuita a meno di ⅓ entro l’esercizio successivo.
Si afferma che la riduzione del capitale per perdite persegue un obiettivo di tutela dei terzi che entrano in contatto con la società i quali possono confidare che il patrimonio netto della stessa ammonta ad almeno i ⅔ del capitale sociale.
Va ricordato che la riduzione del capitale comporta sempre un vantaggio per i soci giacché fa venir meno l’onere di reintegrazione del capitale prima di poter procedere alla distribuzione degli utili.
La scansione temporale appena vista viene meno allorché, per la perdita rilevante di oltre ⅓ del capitale, questo si riduce al di sotto del minimo legale stabilito, cioè a 120.000 euro.
In questo caso l’assemblea deve deliberare immediatamente la riduzione del capitale e il suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al detto minimo oppure la trasformazione della società in altro tipo che non richieda un minimo di capitale o ne richieda uno inferiore; in caso contrario, la società si scioglie.
Caso particolare di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale si ha quando il capitale è integralmente perso o, addirittura, il patrimonio netto della società è negativo.
In questa ipotesi si applica la regola appena vista tenendo però presente che la ricostituzione del capitale in misura pari al minimo legale deve essere preceduta dall’integrale copertura delle perdite.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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