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Il diritto di critica


La critica è esprimere la propria opinione, che critica fatti (anche reperibili alle opinioni altrui, si può cioè criticare le opinioni degli altri), non può essere obbiettiva perché per sua natura è fondata su un’interpretazione soggettiva.


Il diritto di critica è un’immediata applicazione della libertà di manifestazione del pensiero perché si manifesta la propria opinione personale e il fondamento costituzionale dell’esercizio del diritto di critica lo troviamo appunto nell’art. 21 (libertà di manifestazione del pensiero)

La “sentenza decalogo” riguarda anche il diritto di critica ma non tutti i suoi elementi qui sono applicabili: per quanto riguarda il primo elemento, ovvero l’utilità e la rilevanza sociale dell’informazione, qui non vale poiché la critica non ha rilevanza sociale (non è utile alla società e non dà notizie rilevanti per il pubblico), il secondo elemento, quello della verità della notizia, non vale per il diritto di critica poiché la verità di un’opinione è un concetto relativo che non può essere definito una volta per tutte altrimenti sarebbe necessario un terzo soggetto esterno alle parti che giudichi la verità delle opinioni (se l’opinione si basa su un fatto è falso non si potrà dire che l’opinione è falsa perché l’opinione è libera, con le fake news aumentano le opinioni/critiche fondate su notizie false), il terzo elemento, quello legato alla continenza formale, vale anche per il diritto di critica poiché anche nelle opinioni bisogna mantenere un linguaggio civile e rispettoso.

Si considera violato il limite dell’esercizio legittimo del diritto di critica quando si hanno attacchi personali diretti a colpire sul piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse.

La giurisprudenza del diritto di critica:

Nella Cassazione penale n. 25138 del 2007 si sintetizza l’esercizio del diritto di critica.

Nella Cassazione penale n. 18808 del 2007 si affronta l’argomento del diritto di critica storica, la critica storica è la narrazione dei fatti e dei personaggi e sulla basa di quei fatti storici il critico può esprimere giudizi/commenti anche poco lusinghieri.
Questa massima declina il problema della critica sul piano dell’analisi storica e connette il problema della critica (non oggettiva e relativa) con l’accuratezza della cronaca.
La condotta del critico di storia è scriminata quando egli non controlla la veridicità dei fatti di cronaca su cui si basa la sua critica.

Nella Cassazione penale n. 34432 del 2007 si parla della continenza formale del diritto di critica, con l’avvento della televisione il linguaggio è mutato diventando più disinvolto/aggressivo e meno corretto. La seconda parte di questa massima parla dei limiti: l’unico limite che non deve essere superato nel diritto alla critica è quello degli attacchi personali per colpire sul piano personale l’altro interlocutore.

Nella Cassazione penale n. 11662 del 2007 si parla delle differenze tra critica e insulto, la differenza sostanziale è che la critica è argomentata (anche se il linguaggio che si usa è duro, è in linea con l’argomento trattato con l’interlocutore, c’è logicità e spiegazione, non si critica l’interlocutore come persona ma si critica il pensiero dell’interlocutore) mentre l’insulto è gratuito (viene meno la relazione dialettica e si va sul piano offensivo sulla sfera personale dell’interlocutore), in questo caso si critica l’interlocutore come persona e non le sue opinioni espresse, si passa all’argomentum ad hominem, ovvero una strategia retorica con la quale ci si allontana dall’argomento della polemica contestando l’interlocutore e non la sua opinione espressa.

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