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Fratture


Le fratture possono essere di tipo traumatico, patologico (es. osteoporosi) o chirurgico (es. osteotomia).
Dal punto di vista del punto di applicazione della forza avvengono per trauma diretto o indiretto.
Dal punto di vista del meccanismo lesivo abbiamo per flessione, torsione, compressione o strappamento.
Dal punto di vista dell’anatomia patologica abbiamo chiuse o esposte.
Dal punto di vista del livello scheletrico abbiamo fratture epifisarie, metafisarie e diafisarie.
Dal punto di vista dell’entità del danno si hanno fratture complete (trasversali, oblique) o incomplete (legno verde, infrazioni o infossamenti).
Dal punto di vista dello spostamento del frammento sono composte, senza spostamento, e scomposte, con spostamento trasversale, longitudinale, angolare o rotatorio.

I segni clinici si dividono in segni di certezza (crepitazione o mobilità preternaturale) e segni di probabilità (atteggiamento di difesa, deformità, dolore, ecchimosi, tumefazione ed impotenza funzionale).
La frattura tende a ripararsi attraverso la formazione del callo osseo, a patto che ci siano contatto tra superfici di frattura, immobilità dei frammenti ossei ed adeguata vascolarizzazione del distretto colpito.

La riparazione avviene attraverso 4 fasi:
1. la prima fase della riparazione è l’ematoma, con necrosi dei monconi ossei rimossi dai macrofagi
2. poi abbiamo proliferazione, con formazione del callo fibroso
3. mineralizzazione
4. rimodellamento, grazie ad ostoeoblasti ed osteoclasti che rimodellano l’osso secondo il loro vecchio profilo
Il tempo di riparazione dipende da sede della frattura, tipo di frattura ed età del soggetto.
Le complicanze sono generali, di cui avremo precoci (shock, embolia, trombo-embolia) o tardive, e locali precoci (esposizione, infezioni) o tardive (disturbi di consolidazione, necrosi asettica, rigidità articolare).
Non si deve mai rimuovere ripetutamente la medicazione per osservare l’esposizione, lavorare la ferita in pronto soccorso (aumenta il rischio di infezione) o suturare la frattura.

Il trattamento della frattura si effettua solo se c’è una riduzione dei monconi per ricollegarsi correttamente ed una contenzione, cioè la fase in cui si riforma il callo osseo. Entrambe le fasi avvengono in maniera incruenta (spontanea) o cruenta (con intervento chirurgico). La contenzione incruenta viene effettuata attraverso i gessi.
In età pediatrica va tenuto conto che il periostio è più spesso e rimane integro e le ossa si rimodellano molto di più rispetto agli adulti, ma ciò non vale per le articolazioni.
Le fratture più comuni sono fratture di avambraccio, distacchi epifisari e fratture sovracondiliche dell’omero.

Negli arti inferiori le fratture più comuni sono quelle del femore, spesso legata ad osteoporosi perché generalmente i pazienti sono anziani.
Topograficamente il femore è diviso in testa (I), collo (II), zona trocanterica (III) e zona sottotrocanterica (IV).
È stato necessario un’ulteriore classificazione per le fratture del collo del femore, che tiene conto degli angoli della frattura (Pouwels), mentre per l’entità della frattura è stata messa la classificazione di Garden, che si suddivide in gradi I, II, III e IV.
Il trattamento si effettua in base ad età, condizioni generali, familiari, sociali e gravità della frattura.
Il genere di cura sono l’osteosintesi e le protesi cefalica o totale.
Per le fratture trocanteriche si usano le viti o placche, tra cui la vite-placca di Richards o il chiodo endomidollare.

Il protocollo riabilitativo consiste nell’effettuazione di:
• esercizi muscolari, cauti movimenti dell’anca assistiti nel primo giorno post-operazione
• il secondo giorno sempre i soliti esercizi concedendo maggiore mobilità ed incoraggiando la deambulazione
• fino al settimo giorno si può cominciare mini-accosciamenti e cauti esercizi di stretching della capsula anteriore e dei flessori dell’anca
Le fratture diafisarie di solito vengono trattate con il chiodo endomidollare.

Le fratture del ginocchio, essendo articolari, sono molto pericolose per il possibile sviluppo di artrosi. Il trattamento avviene con le viti, specialmente se la frattura riguarda il piatto tibiale.
È importante recuperare l’arco del movimento durante la riabilitazione sin dall’inizio ed è concesso utilizzare un carico ridotto con stampelle se la frattura è stabilizzata con il chiodo. La durata, di solito, è di qualche mese.
Anche nella tibia si usano i chiodi per il trattamento.

Nella clavicola il trauma è causato nell’87% dei casi per cadute sulla spalla, e si può fare un trattamento conservativo con tutore per 3 o 4 settimane per la mobilizzazione precoce, altrimenti bisogna ricorrere anche qui all’intervento chirurgico.
Manovre di trattamento sono l’extrarotazione seguita da rotazione subito dopo, oppure tirare in dentro l’acromion.

Tratto da DISCIPLINE DELL'APPARATO LOCOMOTORE di Vincenzo Sorgente
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