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I diritti particolari dei soci di s.r.l.


Cambiano argomento iniziamo a parlare di diritti particolari dei soci, cioè quei diritti che sono attribuiti al socio in quanto tale, non in quanto socio ma in quanto Signor Rossi. La relativa disciplina è molto interessante perché consente di modulare la posizione dei vari soci, di creare delle posizioni dei soci che sono peculiari. Questi diritti particolari possono trovare la loro giustificazione in tante circostanze concrete: può essere attribuito un diritto particolare come contropartita di un apporto del socio diverso dal conferimento, per esempio, una particolare posizione privilegiata nella ripartizione degli utili come contropartita del fatto che il socio apporti il suo nome prestigioso, quindi la presenza del socio è un elemento molto importante per la vita della società. Si pensi all’importanza per una società avere come socio un personaggio famoso, che sia del cinema, dello sport, della televisione oppure che abbia particolari relazioni nel campo finanziario, industriale o che abbia particolari conoscenze tecniche. Il diritto particolare è quindi una contropartita per apporti diversi dai conferimenti, apporti che non sono monetizzabili. L’attribuzione dei diritti particolari può dipendere anche dal diverso ruolo assunto dal socio, soci che possono avere un peso particolare, per esempio per la loro età, per il loro prestigio, per la loro natura. Nelle società con partecipazione pubblica si pensi, ad esempio, al diverso ruolo che può venire attribuito al socio ente pubblico, o viceversa in società miste privato-pubblico il diverso ruolo che può avere il socio privato.
Il legislatore ha previsto con una norma, forse ancora non troppo sfruttata in tutte le sue possibili applicazioni, la possibilità di questi diritti particolari. L’articolo 2468 C.C. che è rubricato “quote di partecipazione”, disciplina la partecipazione e poi la possibilità dell’introduzione di questi diritti particolari. Il comma 3 recita “resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili”. Perché il legislatore dice “fatta salva la possibilità”? Perché nel comma 2 viene previsto un ulteriore profilo.
Andiamo con ordine, il legislatore ha avuto una svista, nella disciplina anteriore la posizione del socio si chiamava “quota” quindi il socio era titolare di una “quota”, oggi la posizione del socio si chiama “partecipazione”, nel rubricare l’articolo 2468 C.C., il legislatore ha fatto un po’ di pasticcio rubricandolo “quote di partecipazione” in realtà avrebbe dovuto parlare solamente di “partecipazione”. Il comma 1 si apre infatti con la formula corretta “le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni – caratteristica tipica delle S.r.l. che in questo modo si differenzia dalla S.p.a., la partecipazione di un socio di una S.p.a. è rappresentata da azioni – né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari” - la partecipazione non può essere offerta al pubblico come le azioni. Il comma 2 aggiunge che “i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta” e quindi, in particolare, il diritto di voto e il diritto agli utili è in proporzione alla partecipazione del socio che a sua vota è proporzionale al conferimento e quindi al capitale sottoscritto. Ad esempio se c’è un capitale di 100 e un socio conferisce 25, avrà una partecipazione al capitale proporzionale al conferimento e quindi del 25% e il diritto di voto e il diritto agli utili saranno proporzionali e quindi avrà un diritto di voto che peserà per il 25% e avrà una partecipazione agli utili del 25%. Di fatti il legislatore dice “le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento”, quindi conferisco 25 su 100 ed avrò una partecipazione del 25% pari ad ¼ del capitale sociale, sempre che l’atto costitutivo non preveda diversamente. Esiste, quindi, la possibilità, sia per le S.r.l. che per le S.p.a., di partecipazioni non proporzionali al conferimento. E’ possibile che si conferisca una certa somma, o beni per un certo valore, che rappresentano una parte del capitale sociale ed avere poi una partecipazione maggiore o minore. Ritornando al nostro esempio, capitale 100 conferisco 25, normalmente avrei una partecipazione del 25%, ma potrei anche avere una partecipazione del 30% o anche del 20%. Perché si potrebbe avere una società con un socio che conferisce 25 e ottiene il 30%? Perché premiare un socio in questo modo, dovrebbe esserci una proporzionalità. Le ragioni possono essere due, può essere una vera e propria donazione – ad esempio una società tra padre e figlio, il padre conferisce 75, il figlio 25 ma il padre è d’accordo nell’avere una partecipazione solo del 70% e donare 5% al figlio – oppure potrebbe derivare dall’apporto di un corrispettivo diverso dal conferimento ma molto significativo – un socio conferisce 10 su 100 ma è un famosissimo calciatore e il fatto che nella società ci sia il socio con questo nome prestigioso è importante, quindi gli altri soci si accordano per conferirgli una partecipazione di 30 contro un conferimento di 10. La partecipazione meno che proporzionale deriva dal fatto che ci siano soci con una partecipazione più che proporzionale.
Il legislatore stabilisce che si può premiare un socio dando una partecipazione più che proporzionale ma si può anche premiarlo attribuendo un particolare diritto al singolo socio. La norma prevede che i diritti particolari siano indicati nello statuto, inoltre introduce due categorie di diritti particolari, il particolare diritto riguardante l’amministrazione della società e il particolare diritto riguardante la distribuzione degli utili. Quindi abbiamo dei particolari diritti gestori e dei particolari diritti in senso patrimoniale.
Il comma successivo introduce una regola che riguarda la modificabilità dei particolari diritti stabilendo che “sono modificabili solo con il consenso di tutti i soci” quindi sia il consenso del titolare del particolare diritto sia degli altri soci. La regola è espressamente dichiarata derogabile, quindi si può prevedere la modificabilità dei particolari diritti a maggioranza ed inoltre mantiene quanto previsto in tema di recesso.
I problemi da esaminare sono quelli relativi alla modificabilità dei diritti, disciplina nella quale il legislatore ha fatto un po’ di pasticci, e quindi vedere esattamente come è prevista la variazione; poi dovremo esaminare il contenuto dei particolari diritti, abbiamo visto che sono due categorie ma si tratta di capire cosa contengano esattamente e anche capire se si possano creare dei particolari diritti ulteriori; infine si tratta di esaminare la circolazione dei particolari diritti, cioè se si possano o meno trasferire.
Dobbiamo occuparci dei diritti particolari dei soci.
Il professore ha cercato di illustrarci i due commi dell’art 2468, ora vedremo più analiticamente i vari problemi legati all’introduzione di diritti particolari, il loro contenuto, la modificazione e la circolazione.
Partiamo dai problemi più semplici: l’introduzione. Naturalmente i particolari diritti, come ci dice lo stesso legislatore, possono essere previsti nell’atto costitutivo della società. La società si costituisce, quindi i soci fondatori della società, naturalmente, negoziano i vari profili del contratto di società e tra l’altro trattano quello che sarà la loro posizione. In questa trattativa può emergere la richiesta da parte di uno o più soci, e il consenso da parte degli altri, per la previsione di particolari diritti a favore di uno o più soci. Che cosa succede se i particolari diritti vengono introdotti durante la vita della società? E’ possibile introdurre la previsione di particolari diritti durante la vita della società? E, se si dà risposta positiva, attraverso quelli modalità? Il problema non sembra difficile da risolvere, a tutte e due le domande sembra abbastanza facile dare una risposta. Sì, i particolari diritti possono essere introdotti durante la vita della società. Può sorgere la richiesta, l’esigenza della previsione di particolari diritti, anche nel caso in cui  una società è già costituita ed operante. Naturalmente l’introduzione dei particolari diritti durante la vita della società modifica la posizione dei soci, modifica la posizione del socio che acquisisce i particolari diritti e modifica la posizione degli altri soci che riconoscono a quel socio quella posizione di privilegio. Il che comporta, come sembra ovvio e tutto sommato pacifico, che l’introduzione dei particolari diritti durante la vita della società sia ammissibile, ma richieda il consenso di tutti i soci, sia del socio che acquisisce questi particolari diritti, sia dei soci che riconoscono i particolari diritti. Si modificano le basi della società, le posizioni dei soci e quindi occorre il consenso di tutti.
Un pochino più complesso, con qualche dubbio, ma il professore crede che non abbia ragione d’essere, riguarda il contenuto dei particolari diritti. Come dicevamo nella scorsa lezione, il legislatore prevede espressamente due categorie di particolari diritti. Nell’art. 2468 il co.3 recita “Resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti (1) l’amministrazione della società o (2) la distribuzione degli utili”. Quindi due categorie tipiche di particolari diritti. Due categorie dal contenuto molto ampio. La distribuzione degli utili fa riferimento a posizioni di privilegio, appunto, nella distribuzione degli utili e in genere nei diritti patrimoniali. Più interessante è l’altra categoria, quella che riguarda l’amministrazione della società, che viene intesa dagli interpreti in senso lato. Abbiamo già incontrato ipotesi di particolari diritti, per esempio il particolare diritto consistente nella nomina di uno o più amministratori. Nelle srl gli amministratori o alcuni amministratori possono anche essere nominati  da uno o più soci come particolare diritto. Quindi il Sig. Giuseppe Verdi ha il diritto di nominare uno dei cinque amministratori. Quattro amministratori sono nominati dall’assemblea dei soci come nelle spa e uno è nominato dal Sig. Giuseppe Verdi. I particolari diritti possono consistere anche in altri profili sempre di tipo amministrativo, per esempio la stessa qualità di amministratore. Il Sig. Giuseppe Verdi ha il particolare diritto, non di nominare un amministratore, ma di essere amministratore. I particolari diritti possono consistere nel potere di decidere uno o più  atti o categoria di atti oppure di autorizzare uno o più atti o una categoria di atti e in questo caso si parla appunto di socio gestore. Come abbiamo l’assemblea con poteri gestori, possiamo avere il socio con poteri gestori, poteri di compiere o autorizzare uno o più atti o una categoria di atti. Il problema ulteriore che si pone è se la bipartizione prevista dal legislatore (cioè  particolari diritti a) relativi all’amministrazione della società b) relativi alla distribuzione degli utili) sia una classificazione esaustiva e quindi i particolari diritti possano essere solo: o diritti relativi alla partecipazione alla vita della società, all’amministrazione della società; o particolari diritti relativi alla distribuzione degli utili e quindi altri particolari diritti non esisterebbero. Detta in altri termini, ci si chiede se oltre ai particolari diritti tipici possano sussistere particolari diritti atipici (diversi da queste due categorie). Il professore non ha molti dubbi nel senso dell’ammissibilità di particolari diritti, anche, atipici e questa è anche la tesi della Professoressa Daccò che ha dedicato un volume ai particolari diritti. Nell’ambito delle srl vale come regola fondamentale il principio di ampia autonomia privata, per cui il professore non vede ragione di escludere che l’atto costitutivo possa prevedere particolari diritti di carattere diverso. Non è neppure facilissimo esemplificare quali possono essere i particolari diritti di carattere diverso, perché se pensiamo che i diritti relativi all’amministrazione della società sono una categoria molto ampia e i diritti relativi alla distribuzione degli utili possono essere estesi probabilmente a tutti i profili patrimoniali, immaginare delle ipotesi ulteriori di particolari diritti diversi da questi due non è neanche tanto facile. Ma non è neppure impossibile. Per esempio un particolare diritto potrebbe essere quello che estende il controllo a favore di un singolo socio. Già sappiamo che i soci per legge hanno un amplissimo potere di informazione e di consultazione, quindi possono chiedere notizie e possono visionare i libri, le scritture della società. Immaginiamo per esempio un ulteriore diritto che è un diritto di ispezione, cioè il socio può recarsi presso la sede della società e verificare direttamente la situazione. Quindi può non solo esaminare i documenti ma verificare, per esempio, qual è la situazione del magazzino. Oppure se pensiamo al diritto di recesso, tale diritto è previsto in una serie di casi e può essere previsto dall’atto costitutivo per ulteriori casi e quindi si potrebbe immaginare un diritto di recesso a favore di un socio come particolare diritto. Quindi i soci non prevedono casi di recesso ulteriori, a quelli legali, che valgano per tutti i soci ma possono prevedere casi di recesso, oltre a quelli legali, a favore di un singolo socio. Se si verifica una certa circostanza quel socio può recedere, gli altri no. Ecco un ulteriore particolare diritto, non previsto dal legislatore, e quindi un ulteriore particolare diritto atipico. Il professore pensa che non ci siano grossi dubbi sul fatto che le due categorie possano essere allargate e quindi siano configurabili particolari diritti atipici.
Neppure particolarmente difficile è il discorso relativo alla circolazione dei particolari diritti. Qui le opinioni sono piuttosto consolidate. I particolari diritti (attenzione!) sono legati alla persona di quel socio. Non sono legati alla partecipazione. Quindi abbiamo dei diritti che fanno parte della partecipazione, ad esempio, Tizio ha effettuato un conferimento, diventa socio e, in quanto socio, ha una partecipazione alla società che comprende  una serie di diritti che sono propri di tutti i soci (ha diritto di voto, diritto agli utili, diritto alla quota di liquidazione quando la società si scioglie, diritto di opzione in caso di aumento di capitale, diritto di informazione e di consultazione). I particolari diritti sono diritti ulteriori, propri non dei soci ma proprio di quel socio. Quindi essendo diritti avulsi dalla partecipazione sociale (cioè ulteriori rispetto alla partecipazione sociale, concessi a favore di quel socio per il ruolo che ha nell’ambito della società) il trasferimento della partecipazione, e quindi il venir meno della posizione del socio giustifica l’estinzione del particolare diritto. Se Giuseppe Verdi è un personaggio di grande rilievo, che da tanto prestigio alla società, che ha un grosso peso all’interno della società, ha come particolare diritto quello di nominare due amministratori su cinque. Quindi ha un diritto legato al fatto che si tratti di Giuseppe Verdi, un diritto estraneo alla partecipazione. Se Giuseppe Verdi vende la sua partecipazione a Mario Rossi, trasferisce la sua partecipazione, è chiaro che Mario Rossi acquista tutti i diritti propri di questa partecipazione e delle posizione di socio (avrà diritto di voto, di partecipare alla distribuzione degli utili e così via) ma non acquista i particolari diritti, perché quei particolari diritti sono attribuiti a Giuseppe Verdi perché è Giuseppe Verdi. E se Giuseppe Verdi trasferendo la partecipazione non è più socio non ha senso che Mario Rossi acquisisca questi diritti. Quindi Giuseppe Verdi potrà nominare i due amministratori ma se trasferisce la sua partecipazione, non è più socio,  cesserà questo diritto e Mario Rossi non nominerà i due amministratori, voterà in assemblea per  la nomina degli amministratori. Secondo il professore sembra abbastanza chiaro, scontato e coerente con la funzione dei particolari diritti. Non ci deve stupire l’affermazione che sembra in contraddizione con quello che il professore ha detto finora, ma la Srl è caratterizzata da un’ ampia autonomia e quindi si ritiene che i soci possono ragionare diversamente. Possono dire “Caro Giuseppe Verdi, tu sei un personaggio molto importante. Ci teniamo tantissimo che tu venga in società. Il tuo nome dà lustro alla società. Attira i clienti. Le tue capacità manageriali o tecniche sono molto importanti. Quindi caro Giuseppe Verdi proprio per crearti un ruolo importante, per valorizzare la tua posizione nell’ambito della società ti concediamo il diritto di nominare due amministratori”. Immaginiamo due amministratori su tre e quindi la maggioranza degli amministratori. Non è escluda la possibilità che il diritto particolare possa raggiungere il numero di amministratori che rappresenta la maggioranza. Però gli altri soci potrebbero dire “Caro Giuseppe Verdi, facciamo qualcosa di più. Ti diamo un’agevolazione ulteriore. Questo particolare diritto pur essendo attribuito a te, Giuseppe Verdi, viene incorporato nella partecipazione, collegato alla partecipazione, quindi sappi che quando trasferirai questa partecipazione chi l’acquista avrà il particolare diritto e quindi potrà nominare i due amministratori (la maggioranza degli amministratori). Ti diamo un’agevolazione che permette alla tua partecipazione di acquisire un valore ancora maggiore. E d’altra parte sappiamo che tu sei una persona saggia e affidabile e quindi trasferirai la tua partecipazione a un soggetto che sicuramente sarà altrettanto saggio ed equilibrato nel nominare gli amministratori”. Il professore ha fatto tutto questo esempio per dire che nulla esclude, come sembra, che il particolare diritto, attraverso una clausola statutaria, venga collegato alla partecipazione e quindi circoli insieme alla partecipazione. Mi raccomando attraverso una clausola statutaria. Se invece ci si limita a dire “Caro Giuseppe Verdi, tu hai un particolare diritto, puoi nominare due amministratori” e pacifico che questo particolare diritto si estingue con il trasferimento della partecipazione. Se si vuole consentire che un particolare diritto si trasferisca assieme alla partecipazione occorre espressamente prevederlo.
Domanda : Ma solo nell’atto costitutivo si può inserire la clausola o, anche, in assemblea straordinaria? Solo nell’atto costitutivo oppure, se si prevede successivamente, è necessaria la deliberazione unanime perché rappresenterebbe l’introduzione di un nuovo diritto particolare. Se, invece, il diritto particolare fosse già previsto, ma come diritto che si estingue e successivamente si vuole prevedere che sia un diritto che circola con la partecipazione, questo caso lo affronteremo tra un momento perché si entra nel problema un po’ complicato della modificazione dei diritti particolari.    
Apriamo una parentesi che riguarda la Società a responsabilità limitata. Il professore crede che sia interessante in quanto si collega proprio a questo tema. Abbandoniamo un attimo i diritti particolari e aprire uno squarcio su un discorso diverso, ma comunque collegato a questo. È, inoltre, un discorso di estrema attualità. Il legislatore del 42’, quindi il Codice Civile, prevedeva la possibilità per gli Enti Pubblici (Stato e altri Enti Pubblici) che partecipassero ad una società per azioni di nominare uno o più amministratori. Il professore semplifica un po’ il discorso. Se ci troviamo di fronte ad una società in mano pubblica, una società partecipata da Enti Pubblici, la legge/l’atto costitutivo/lo statuto potevano prevedere che uno o più amministratori fossero nominati direttamente dallo Stato o dall’Ente Pubblico (soci). Questa veniva considerata l’unica ipotesi di nomina extra assembleare degli amministratori. Gli amministratori sono nominati dall’assemblea, non da singoli soci. Stiamo parlando di Spa. Quindi nell’ambito della Spa gli amministratori sono nominati dall’assemblea, non sono nominati dai soci. Il legislatore consentiva che si prevedesse una nomina extra assembleare direttamente da parte dei soci, quando questi soci fossero lo Stato o altri Enti Pubblici. Questa norma ha avuto applicazione e vi sono tanti casi di società in mano pubblica dove abbiamo una nomina diretta degli amministratori da parte degli Enti Pubblici partecipanti. Questa norma ha avuto qualche vicissitudine durante la riforma societaria che ha modificato alcuni profili, ma sostanzialmente è rimasta intatta. Però è intervenuto il legislatore comunitario che ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia ritenendo questa norma non coerente con il diritto comunitario. Perché? Perché questa norma non poneva nessun limite. Quindi consentiva che gli Enti Pubblici potessero nominare un numero indeterminato di amministratori e, soprattutto, consentiva agli Enti Pubblici di nominare un numero di amministratori non proporzionale rispetto alla partecipazione. Intendiamoci: se la partecipazione è una partecipazione di maggioranza, cioè se gli Enti Pubblici hanno una partecipazione superiore al 50% + 1 non c’è dubbio che possono, anche, nominare tutti gli amministratori, tanto potrebbero farlo anche in assemblea; se invece gli Enti Pubblici hanno una partecipazione minoritaria, questa norma in effetti consentiva che venisse attribuito agli Enti Pubblici il potere di nominare amministratori in misura non proporzionale. Quindi in sostanza si ipotizzavano casi di questo genere : una spa con capitale di 100; c’è un Ente Pubblico con una partecipazione del 10%; ci sono 10 amministratori; si prevede che l’Ente Pubblico nomini 3 amministratori su 10. In questo caso l’Ente ha una partecipazione del 10% ma può nominare 3 amministratori. Quindi l’Ente ha un potere extra assembleare, ha un potere di nomina diretta non proporzionale alla sua partecipazione. Il legislatore comunitario ha storto il naso e ha aperto questa procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, osservando che in questo modo si mette un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Nel senso che, in questo modo si può in qualche misura rendere meno appetibile o ostacolare la partecipazione di privati a questa società, proprio per un ipotetico strapotere dell’Ente Pubblico. Il legislatore italiano, recentemente (dovrebbe essere nel 2008) (non mi sembra molto recente… cmq), ha modificato l’art.2449 c.c. creando una disciplina per certi versi abbastanza complicata (esagera un po’ dicendo “quasi un piccolo mostriciattolo” ) prevedendo una regola per le Spa non quotate e  una regola per le Spa non quotate. Il professore ci fa grazia sia per le quotate sia dei problemi che si pongono per le Spa non quotate dicendo solamente che il principio è quello della proporzionalità. Quindi detto un po’ in soldoni se l’Ente Pubblico ha una partecipazione del 10% e ci sono 10 amministratori, può legittimamente nominare un amministratore e basta. Questa norma si applica alla Srl? Secondo il professore assolutamente no. Perché? Nel caso di una Spa, l’Ente pubblico socio al 10%, e ci sono 10 amministratori, ne può nominare uno. Nel caso delle Srl, l’Ente Pubblico  socio al 10% potrebbe nominare tranquillamente 3-4-5-6 amministratori su 10. Attenzione. Qualcuno ha ragionato in questo modo: la norma è dettata per le Spa, la norma non è prevista per le Srl, ed allora la norma non si applica alle Srl. Secondo il professore questo modo di ragionare non è per nulla convincente. Solo per fatto che non sia prevista per le Srl, ma sia prevista solo per le Spa, non si vede come solo questo dato letterale sia così decisivo. Attenzione. Qui è decisivo un altro dato, che ci riporta al nostro tema e rappresenta un elemento ulteriore per dimostrare quanto sia importante questo discorso sui particolari diritti. Perché la Comunità Europea storce il naso di fronte alla regola che consentiva agli Enti Pubblici  di nominare un numero di amministratori non proporzionale alla loro partecipazione? Prima di tutto, perché è una posizione di privilegio che viene data agli enti pubblici rispetto ai privati. I soci privati non possono avere il potere di nominare degli amministratori, gli Enti Pubblici si. Quindi è una vera posizione di privilegio data agli Enti Pubblici e in questo modo si può scoraggiare la partecipazione, la costituzione di società in quanto abbiamo un socio che può essere privilegiato. Ma il legislatore comunitario considera questo privilegio ammissibile e logico tenuto conto della natura dell’Ente Pubblico, e quindi degli interessi pubblicistici propri dell’Ente Pubblico. Tuttavia mette un paletto dicendo “Va bene, accettiamo questa deroga, cioè accettiamo che l’Ente Pubblico possa essere privilegiato rispetto al soggetto privato, quindi accettiamo che l’Ente Pubblico possa avere il potere di nomina di uno o più amministratori mentre il socio privato non può averlo, però questo potere è in proporzione alla sua partecipazione”. Se abbiamo seguito il professore, questo discorso non vale per le Srl. Nell’ambito delle Srl, il legislatore consente a chiunque, privato o pubblico, di avere come particolare diritto la facoltà di nominare uno, due, più o tutti gli amministratori. Capite, nell’ambito delle Srl questo limite (l’Ente pubblico socio può nominare solo un numero di amministratori proporzionale alla sua partecipazione) non ha ragione di essere, perché questa facoltà può essere attribuita ad un Ente Pubblico o ad un soggetto privato, sono sullo stesso piano. Quindi nell’ambito delle Srl questa regola non vale, non perché è prevista solo nelle Spa e non nelle Srl, ma perché non ha senso. Nell’ambito delle Srl esiste il particolare diritto e quindi esiste la possibilità di attribuire come particolare diritto la nomina di uno, più, della maggioranza, di tutti gli amministratori a favore di un socio chiunque sia. Quindi quando si attribuisce questo particolare diritto all’Ente Pubblico, si attribuisce un qualche cosa che non è un privilegio dell’Ente Pubblico, perché può essere dato a tutti (pubblici e privati). Il che rende molto interessante la Srl come società in mano pubblica perché consente di eliminare questo tetto alla nomina degli amministratori che troviamo nell’ambito delle Spa. Quindi potrebbe indurre nell’ambito del diritto pubblico ad utilizzare la Srl. Di fatti se si sta a molte affermazioni che si possono ricavare da convegni su questi temi, o da conversazioni con uffici legali degli Enti Pubblici, si sente ripetere che la Srl è un ottimo strumento per le società in mano pubblica. Presenta solo una notevole criticità, e cioè la responsabilità dei soci. Quindi bisogna creare delle Srl rispetto alle quali il socio Ente Pubblico non abbia rischi, cioè il socio Ente Pubblico deve essere un socio che non gestisce, quindi normalmente non si attribuiscono poteri gestori al socio o all’assemblea per evitare che l’Ente Pubblico diventi responsabile.
Vediamo ora il tema più insidioso, cioè quello della modificazione dei diritti particolari. Si possono modificare i diritti particolari durante la vita della società? si possono allargare o ristringere? Per esempio Giuseppe Verdi ha il potere di nominare tre amministratori e si prevede che possa nominarne quattro, oppure si prevede che possa nominarne solo due. Oppure ricollegandoci all’esempio precedente, si prevede che il particolare diritto circoli assieme alla partecipazione. La risposta è per certi versi tutt’altro che facile, perché qui il legislatore ha veramente aggrovigliato le cose. Probabilmente per risolvere certi problemi, ma ne ha creati di altri. Il legislatore ha dettato delle norma quasi inafferrabili, dove, secondo il professore, l’importanza di queste norme non sia tanto per quello che dicono quanto per quelle che presuppongono.
Dobbiamo partire un po’ da lontano. Dobbiamo partire da una norma che prevede le competenze dell’assemblea dei soci. Questa norma è in buona parte parallela a quella delle Spa. Sono competenze proprie dell’assemblea di Spa: - nomina degli amministratori, quando è di competenza dell’assemblea, quando non è un particolare diritto; - nomina del Collegio Sindacale, quando è previsto o obbligatori; - nomina del Revisore o Società di Revisione, quando sono previsti o obbligatori; approvazione del bilancio; - eventuale decisione di revoca degli amministratori; - promozione dell’azione di responsabilità contro gli amministratori. Inoltre abbiamo anche la modificazione dell’atto costitutivo, così come è previsto per l’assemblea straordinaria della Spa. Occorre ricordare che nell’ambito delle Srl non esiste la distinzione tra assemblea ordinaria e assemblea straordinaria ma nella sostanza nulla cambia, perché per l’assemblea che chiamiamo ordinaria, anche se il legislatore non usa questa formula, valgono certe maggioranze mentre per l’assemblea che il legislatore non chiama straordinaria, ma di modifica dell’atto costitutivo, valgono altre maggioranze. 
Come dicevano i latini “in cauda venenum”, nella coda il veleno. L’ultimo punto della norma in tema di competenze dell’assemblea contiene una norma che è veramente un po’ velenosa. Nell’art. 2479, co.2 c’è una bella elencazione di competenze e al p.to 5 dice che sono riservate all’assemblea “ le decisioni di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’ atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci”. Attenzione, andiamo per gradi. “Le decisioni di compiere  operazioni” non c’è dubbio che qui ci troviamo di fronte a delle operazioni, quindi a delle scelte gestorie. All’assemblea, al di là del caso in cui l’atto costitutivo attribuisca competenze gestorie, sono comunque attribuite queste due competenze gestorie. Sono vere e proprie competenze gestorie. Quindi trattandosi di competenze gestorie i soci diventino responsabili. Allora, “le decisioni di compiere operazioni”, quindi di effettuare delle scelte gestorie, di compiere degli atti di amministrazione “che comportano”… ecco questi atti di amministrazione non sono individuati per il loro contenuto (per esempio acquisto un immobile, vendo un macchinario, stipulo un contratto di leasing, prendo a prestito una somma di denaro) ma sono atti gestori individuati in funzione del loro effetto, del loro risultato. Non essendo individuati in base al loro contenuto e poi difficile capire quali siano. Noi sappiamo solo che sono atti che devono avere un certo risultato.
Primo risultato:  “una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale”. L’oggetto sociale è l’attività svolta dalla società. Ovviamente, l’atto costitutivo prevede l’oggetto sociale. Ovviamente, una modificazione dell’atto costitutivo può variare l’oggetto sociale. Quindi possiamo avere un oggetto sociale che preveda la costruzione di televisori e una modificazione dell’atto costitutivo che preveda al posto o in aggiunta la costruzione di frigoriferi. Qui viene variato l’oggetto sociale. È una modifica dell’atto costitutivo che richiede certe maggioranze. Nella norma in esame non è così. Il legislatore prevede delle operazioni, quindi delle scelte gestionali, che possano modificare sostanzialmente l’oggetto sociale, che possano incidere sull’oggetto sociale. Quindi non prevede una diretta modificazione dell’oggetto sociale. Prevede una sorta di indiretta modificazione dell’oggetto sociale attraverso un operazione gestionale. Un esempio significativo tratto da una vera e proprio saga giudiziaria è il seguente: una società ha per oggetto sociale la produzione di televisori, e quindi è, ovviamente, tutta orientata in quella direzione. Ha tutta una catena produttiva, dei macchinari e degli strumenti per quella attività. Naturalmente c’è un mercato dei televisori. Immaginiamo che i soci decidano di abbandonare la produzione di televisori ed intendano produrre frigoriferi. Bisogna modificare il modo di produrre e la società si rivolge a un altro mercato. In questo modo viene modificato il rischio di impresa modificando il tipo di attività si modifica il rischio di impresa, perché si tratta di cambiare mercato. È una modifica dell’atto costitutivo, è sicuramente ammissibile e richiede certe maggioranze. Il legislatore ha voluto, anche, prendere in considerazione delle operazioni, e quindi delle scelte gestionali, che non vanno a modificare direttamente l’oggetto sociale, ma in qualche misura incidono sull’oggetto sociale. L’esempio è questo : una società produce i televisori; quindi la società ha come oggetto sociale la produzione di televisori, ha una struttura produttiva diretta a produrre televisori e si rivolge a un certo mercato. Ad un certo punto, agli amministratori viene in mente di conferire l’azienda ad un’ altra società totalmente partecipata dalla prima. La Srl costituisce una nuova Srl e conferisce a quella nuova Srl l’azienda. Operativamente significa che la nuova Srl, totalmente partecipata dalla prima, riceve la struttura produttiva, l’azienda, continua a produrre televisori e ad interfacciarsi con il mercato dei televisori. La vecchia Srl non ha modificato l’oggetto sociale, prima produceva televisori direttamente, oggi li produce tramite una partecipata/controllata totalitaria. Ma la situazione è molto diversa perché prima produceva, oggi semplicemente gestisce una partecipazione. Pur non variando formalmente l’oggetto sociale la modalità di operare è totalmente diversa. Qui si tratta di una scelta gestionale, perché conferire un azienda e costituire una nuova società è una scelta gestionale. È una scelta gestionale che non è modificativa in modo diretto dell’oggetto sociale ma che va ad incedere sulle modalità di operare della società. Allora il legislatore dice “Cari amministratori, questa scelta gestionale voi non potete compierla è solo l’assemblea che può”. Quindi è una scelta gestionale eccezionalmente attribuita all’assemblea.
Ancora più insidioso è difficile è il secondo caso. Il secondo caso è quello che riguarda sempre una scelta gestionale che comporta “una rilevante modificazione dei diritti dei soci”. Quindi una scelta gestionale che vada a incidere in modo rilevante sui diritti dei soci. Notate, anche qui non è una modificazione dei diritti dei soci, non è una modificazione diretta. Una modificazione dei diritti dei soci è una modificazione dell’atto costitutivo, qui è una scelta gestionale che va indirettamente a incidere sui diritti dei soci. Quali diritti dei soci? Tutti? O solo alcuni? L’impressione è che siano solo alcuni perché il legislatore in un’altra norma in tema di recesso dice: “ I soci hanno diritto di recesso se interviene un’operazione che vada ad incidere in modo rilevante sui loro diritti particolari”. Quindi nell’ambito del diritto di recesso viene detto che se viene compiuta un’operazione che incide in modo rilevante sui diritti particolari dei soci hanno diritto di recesso. Quindi sembrerebbe (non è che sia così chiaro) che quando il legislatore parla di queste scelte gestionali attribuite all’assemblea che incidano sui diritti dei soci in realtà si riferisca ai diritti particolari dei soci. Allora, spetta all’assemblea la competenza di porre in essere operazioni gestionali/scelte gestionali se vanno a modificare indirettamente l’attività della società o vanno a modificare indirettamente i diritti particolari dei soci. Detto questo, il quadro potrebbe essere il seguente. Le modifiche dirette dei diritti particolari (modifiche del loro contenuto); Tizio ha diritto di nominare tre amministratori, viene modificato il diritto prevedendosi che può nominare solo due (diritto compresso) o quattro (diritto dilatato); Tizio ha diritto ad essere amministratore per un certo periodo e successivamente questo periodo viene ristretto o allungato; quindi i particolari diritti possono essere contenuti o dilatati. E’ possibile modificare questi particolari diritti restringendoli o ampliandoli? Modificarli in via diretta, cioè modificare lo statuto/l’atto costitutivo laddove prevede questi diritti? Il legislatore da una risposta precisa, almeno in parte, quando dice all’art. 2468 co.4  “I  diritti particolari possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci”. Quindi è possibile la modificazione diretta, la modificazione della previsione contenuta nell’atto costitutivo dei particolari diritti, solo il consenso di tutti soci. Quindi sia del socio che si vede ristretto o dilatato il diritto sia degli altri soci che subiscono questa variazione. Fin qui il discorso è abbastanza evidente: modificare i particolari diritti significa modificare la posizione di tutti i soci, sia del socio titolare dei particolari diritti, sia degli altri che debbono subire la presenza di questi particolari diritti e quindi è assolutamente logico che occorra il consenso di tutti i soci. Attenzione, abbiamo una norma che ci dice che l’assemblea con particolari maggioranze (assemblea a maggioranza) può porre in essere operazioni che vadano indirettamente a incidere sui particolari diritti. Quindi se si modificano direttamente (quindi se si modifica la clausola statutaria, la clausola dell’atto costitutivo) occorre l’unanimità dei consensi, se si modificano indirettamente, cioè si pone in essere un operazione che in qualche misura va ad incidere su particolari diritti, allora, basta la maggioranza. Quindi la cosa sembrerebbe abbastanza logica: la modifica diretta richiede l’unanimità e la modifica indiretta richiede solo la maggioranza. Il professore ci fa un esempio che magari fa un po’ sorridere ma può essere significativo. Immaginiamo che ci sia un socio importante, rilevante per la società, un pochino rompiscatole che vuole a tutti i costi avere dei poteri di più ampi rispetto a quelli propri di ogni socio. Quindi non si accontenta di poter chiedere informazioni, consultare documenti ma vuole toccare con mano, vuole andare a verificare la situazione in azienda. Il socio, quindi, chiede e ottiene un diritto particolare di ispezione (esempio di diritto particolare atipico). Questo socio, un po’ pignolo e rompiscatole, incomincia ad andare in azienda tutti i momenti e a verificare tutto, creando un vero e proprio intralcio. Allora, viene un’alzata di genio da parte degli amministratori che dicono “Noi tutto sommato siamo interessati, più che a gestire direttamente l’azienda, siamo interessati a ottenere degli utili. Anzi siamo, anche, un po’ stufi di gestire l’azienda e quindi abbiamo pensato di dare l’azienda in locazione, più tecnicamente in affitto, per un certo periodo. Ci sarà un terzo che prende in affitto l’azienda, ci paga un bel canone, noi ci dedichiamo un pochino ai viaggi e alla pensione.” In questo esempio il professore vede una scelta gestionale (dare in affitto un’azienda) che va ad incidere su quel particolare diritto perché il socio pignolo e rompiscatole sicuramente, poi, non può andare a controllare l’affittuario. Questo è quindi un esempio che può avere un minimo di senso di operazione che va ad incidere indirettamente sull’esercizio del particolari diritti, praticamente impedendolo o quanto meno riducendolo molto. Chiaramente il diritto non viene soppresso perché la società avrà sempre un’azienda, ma a quel punto l’azienda si riduce alla gestione dell’affitto. Quindi, stando alla norma tale operazione dovrebbe essere posta dall’assemblea a maggioranza, però il legislatore che cosa ci dice? Il legislatore ci dice, nella norma sul recesso, che questo tipo di operazione posta in essere a maggioranza consente al soci che si vede leso nell’esercizio del diritto particolare di recedere. Quindi il legislatore usa questa tecnica: è possibile un’operazione compiuta dall’assemblea a maggioranza che in qualche misura incida/limiti l’esercizio del potere del diritto particolare però il correttivo è dato dal diritto di recesso del socio. Tutto questo in realtà ha scarsa importanza operativa perché immaginare delle operazioni che vadano ad incidere sui diritti particolari è difficile, bisogna proprio scervellarsi. Quindi il fatto che queste operazione, che incidono indirettamente sui diritti particolari, possano essere adottate a maggioranza dall’assemblea (dall’assemblea e non dai soci) con un correttivo del diritto di recesso è un qualche cosa che può venire in considerazione in caso marginale o addirittura scolastici. Invece, aprono uno scenario estremamente importante perché quando il legislatore ci dice che i diritti particolari possono essere modificati direttamente, cioè è possibile prevedere una modifica dello statuto che amplia, restringe o modifica i diritti particolari, e questo deve avvenire all’unanimità (consenso di tutti) aggiunge “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo” (art. 2468 co.4). Allora qui si pone una domanda veramente seria e rilevante. Allora, i soci possono introdurre la possibilità di modificare i diritti particolari a maggioranza. Quindi Giuseppe Verdi può dire “Voglio la facoltà di nominare un amministratore e voglio che per modificare questa facoltà occorra il consenso di tutti (se non viene detto nulla è già così)”. Ma i soci potrebbero dire “Caro Giuseppe Verdi, tu sei tanto bravo, tanto bello, tanto buono, noi ti diamo la facoltà di nominare un amministratore, però ti diciamo che questa facoltà può essere modificata, quindi anche soppressa, a maggioranza”. È possibile? È possibile attribuire un particolare diritto e nello stesso tempo lasciare la maggioranza arbitra di modificarlo o sopprimerlo? È una presa in giro? Pensate: ti do un diritto, puoi nominare un amministratore, però sappi che noi soci di maggioranza possiamo sopprimerti questo diritto come vogliamo. È chiaro che Giuseppe Verdi deve essere un socio di minoranza perché se già è un socio di maggioranza si nomina tutti gli amministratori da solo, non ha bisogno di un particolare diritto. Quindi deve essere un socio di minoranza il quale si vede attribuire questo particolare diritto, che però è modificabile o sopprimibile a maggioranza. È una vera e propria presa in giro. Giuseppe Verdi potrebbe dire :” Tenetevi il particolare diritto e fatevi la società tra di voi”. Ma al di là di questo, ha senso?Ed  ecco qui una domanda che molti si sono posti e che hanno risolto andando al di là del dato letterale. Se il legislatore consente a maggioranza di effettuare un operazione che incida solo indirettamente sull’esercizio dei diritti particolari (esempio dare in affitto l’azienda e quindi rendere inoperante il diritto particolare di ispezione) però con norma inderogabile c’è il diritto di recesso del socio. Allora se il diritto di recesso del socio tutela il titolare del diritto particolare per modifiche a maggioranza puramente indirette. Si deve ritenere al di là del dato letterale che debba esistere un diritto inderogabile di recesso quando la modifiche dirette, che sono molto più importanti, sono a maggioranza. Il sistema deve essere ricostruito andando al di la della norma, nel senso che, sì è possibile variare i diritti particolari in modo diretto, modificando la disciplina dell’atto costitutivo relativo ai diritti particolari, però è inderogabilmente dato al socio il diritto di recesso. È dato il diritto di recesso per le modifiche che incidono solo indirettamente e quindi a forzori deve essere dato alla modifiche che direttamente incidono sui diritti particolari. In conclusione il sistema è questo:
- modifiche indirette dei diritti particolari, cioè operazioni/scelte gestionali che incidono indirettamente sull’ esercizio dei diritti particolari, la decisione è a maggioranza con diritto di recesso; naturalmente nulla esclude che si preveda l’unanimità e quindi il diritto di recesso viene a meno;
- modifiche dirette dei diritti particolari, cioè variazioni statutarie che modificano la disciplina statutaria dell’atto costitutivo dei diritti particolari, la decisione è all’unanimità; l’atto costitutivo potrebbe prevedere la regola della maggioranza ma in questo caso necessariamente deve esserci la tutela a favore del titolare del diritto particolare che viene data con il diritto di recesso.
Nel nostro caso a Giuseppe Verdi i soci possono dire :” Caro Giuseppe Verdi, non ti vogliamo dare un diritto particolare di nomina dell’amministratore inattaccabile, modificabile o sopprimibile solo con il consenso di tutti, quindi con il tuo consenso. Te lo diamo modificabile a maggioranza però sappi che hai il diritto di recesso. Quindi se noi te lo sopprimiamo, se tu vuoi, te ne vai”. Secondo il professore questa è una soluzione coerente, anche al di là del dato letterale che, invece, prevede il diritto di recesso solo nel caso di operazioni che indirettamente vanno a toccare i diritti particolari. A forzori il diritto di recesso deve valere, anche, per le modifiche che incidono direttamente sui diritti particolari.

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Andrea Balla
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