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Casi di riapertura del fallimento


Articolo 121. Casi di riapertura del fallimento.
“Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell'articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi...”
Esiste poi un'ulteriore ipotesi di chiusura che il legislatore oggi facilita, ed è l'ipotesi del concordato preventivo fallimentare, che vede un accordo tra la procedura e i creditori diretto a soddisfare i creditori al di fuori della liquidazione dell'attivo e della ripartizione delle somme.
E’ una proposta di soddisfacimento delle ragioni dei creditori, realizzabile in vari modi: la modalità più diffusa è quella che vede un assuntore, cioè un soggetto che garantisce una certa percentuale a favore dei creditori e acquisisce tutto l'attivo: è una sorta di realizzazione degli obiettivi della procedura fallimentare però al di fuori della realizzazione dell'attivo e della distribuzione delle somme; interviene così un soggetto che effettua una proposta per la soddisfazione dei creditori e questa proposta deve essere passata al vaglio del tribunale e deve essere poi accettata dai creditori e omologata, cioè verificata, dal tribunale.
La proposta di concordato un tempo poteva essere formulata esclusivamente dal fallito; oggi il legislatore prevede la possibilità della formulazione della proposta da parte di più soggetti in tempi diversi.
Art 124. Proposta di concordato.
“La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
La proposta può prevedere:
a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;
b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi;
c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.
La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può aver l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
La proposta presentata da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell’attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell’oggetto e del fondamento della pretesa. Il terzo può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditori continua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in caso di esdebitazione.”
Ciò significa che uno o più creditori, oppure un terzo qualsiasi, possono presentare una proposta di concordato, acquisendo l'attivo fallimentare e proponendo una certa percentuale ai creditori; si apre per così dire un mercato che ha per oggetto l'attivo fallimentare su cui chiunque, creditori o terzi, può effettuare una proposta.
Il legislatore ha poi introdotto una serie di garanzie, e anche l’obbligo dell'accettazione da parte dei creditori.
Questa proposta può però essere fatta solo da una certa data in poi: ciò in quanto per fare questa proposta occorre conoscere qual è lo stato passivo, cioè l'ammontare e la natura dei crediti insinuati; normalmente dovrebbe essere fatta dopo che si è arrivati allo stato passivo definitivo, ma in realtà può anche essere proposta prima che intervenga il decreto che rende esecutivo lo stato passivo “…purché i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato.”. Quindi anche solo sulla base di un elenco provvisorio dei crediti è possibile formulare la proposta di concordato preventivo fallimentare.
Come già era previsto dalla norma preriforma, la proposta di concordato può essere formulata anche dal fallito o da società che facciano capo al fallito, ma entro certi termini: “…dopo il decorso di un anno dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.”.
Questa proposta può prevedere un trattamento differenziato dei creditori e può prevedere un pagamento in percentuale dei creditori privilegiati; nel sistema anteriore la proposta di concordato poteva essere formulata solo dal fallito e doveva prevedere necessariamente il pagamento integrale dei creditori privilegiati e una certa percentuale a favore di tutti i creditori chirografari: le differenze sono così significative:
- nella norma preriforma era messa in primo piano l'iniziativa del fallito: se mancava l'iniziativa del fallito, la proposta non poteva essere formulata, e quindi si doveva essere in un caso in cui ci fosse un fallito con alle spalle altri soggetti in grado di intervenire in suo aiuto;
- in precedenza vi era un'assoluta rigidità, in quanto la proposta prevedeva il pagamento integrale dei creditori privilegiati, e una proposta ai creditori chirografari in percentuale (percentuale non fissata dal curatore, e che quindi poteva anche essere bassa), percentuale a favore di tutti i creditori chirografari.
Oggi il legislatore consente la suddivisione dei creditori in classi “…secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei”; è questo un profilo di grande interesse, anche se difficoltoso dal punto di vista operativo, in quanto non si sa sulla base di quali criteri suddividere questi creditori per classi di tipo economico e giuridico, in quanto suddividere i creditori per classi significa poter attribuire ai creditori delle percentuali diverse in funzione della classe.
Una prima suddivisione è quella fra creditori privilegiati e creditori chirografari, ma si possono creare ulteriori classi: ad esempio le banche possono costituire una classe, oppure fornitori, a loro volta suddivisibili fra fornitori per somme elevate e per somme modeste, cioè in base all'ammontare del credito, o ancora la classe costituita dai creditori postergati, come i soci che hanno effettuato dei finanziamenti in una situazione anomala e quindi hanno diritto di ottenere il rimborso delle somme in via postergata.
E’ possibile quindi formulare una proposta per classi e così attribuire percentuali diverse alle varie classi.

Tratto da DIRITTO DELLE PROCEDURE CONCORSUALI di Andrea Balla
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