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Gli organi preposti al fallimento: il curatore


Il nuovo sistema degli organi del fallimento, frutto della riforma del 2006, lascia sostanzialmente immutati poteri del tribunale fallimentare, ridimensiona sensibilmente i poteri del giudice delegato, conferisce ampia autonomia gestionale al curatore e attribuisce significativi poteri al comitato dei creditori.

IL CURATORE.
ART. 31 ≈ Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni di procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite.
Il patrimonio fallimentare può essere incrementato con l’acquisizione di nuovi beni e con proventi delle azioni risarcitorie; può essere riconosciuto con le azioni revocatorie e sfruttato con l’impiego dell’azienda mediante un contratto di affitto o della stesa impresa attraverso l’esercizio provvisorio. Il curatore è un libero professionista o un esperto in gestione d’impresa che opera a fianco dell’autorità giudiziaria, essendo da questa incaricato delle funzioni relative all’amministrazione del patrimonio fallimentare.
Il curatore è nominato dal tribunale nella sentenza dichiarativa di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale. Si tratta di organo uni personale: nel fallimento può essere nominato un solo curatore che può essere soltanto una persona fisica. I requisiti per la nomina a curatore sono fissati nell’art. 28, l’incarico può essere affidato: a) agli avvocati, ai dottori commercialisti, ai ragionieri ed ai ragionieri commercialisti; b) agli studi professionali associati, alle società tra professionisti (novità introdotta dalla riforma,purché si tratti di soci iscritti alla società – studi associati sono quelli previsto dalla l. n.1815 del 39); c) a coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali.
L’art. 28 consente che un soggetto non iscritto ad un albo professionale sia nominato curatore ma soltanto in presenza di due condizioni positive e di una negativa:
1. che abbia svolto funzioni amministrative, di direzione e controllo in società per azioni;
2. che abbia dato prova di adeguate capacità imprenditoriali;
3. che non sia intervenuta ei suoi confronti la dichiarazione di fallimento negli ultimi dieci anni.
Lo stesso art. prevede poi alcune cause di incompatibilità. Non possono essere nominati curatore: il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, il creditore, …
Molto si è discusso circa la posizione del curatore rispetto ai creditori e al debitore, ma non è possibile stabilirlo a priori, di volta in volta e a seconda della fattispecie, è possibile riconoscere se il curatore agisce come terzo o come parte. Il compito del curatore incontra due tipologie di limiti: egli amministra e gestisce il patrimonio di un soggetto che conserva il diritto di proprietà su quei beni; il patrimonio del fallito è destinato in esclusiva al soddisfacimento dei creditori ed il curatore deve svolgere la sua attività in tempi molto brevi.

INTRASMISSIBILITA' DELLE SUE FUNZIONI: Il curatore deve esercitare personalmente la funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del giudice (art. 32). A proposito si parla di intrasmissibilità delle sue funzioni in ragione delle specifiche professionalità del soggetto prescelto e del rapporto fiduciario che lega quest’organo al tribunale. L’atto compiuto in deroga a questa disposizione è inefficace rispetto al fallimento e determina la responsabilità del curatore. Il delegato del curatore lo sostituisce in singole e predeterminate operazioni esercitando tutte le funzioni proprie del curatore. Il rapporto che si instaura tra delegato e curatore non è, quindi, di subordinazione, ma mandato (norma di riferimento art. 1717 c. c.). Inoltre, l’art. 32 ammette che il curatore possa avvalersi dell’aiuto di tecnici o altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, dopo autorizzazione del comitato: questi soggetti, i coadiutori, sono sempre nominati nell’interesse del fallimento ed il loro compenso è quindi a carico della massa. I sostituti- delegati sono per lo più nominati a causa di un impedimento del curatore ed il loro compenso è a carico dello stesso curatore.

L’INTEGRAZIONE DEI POTERI DEL CURATORE. Sul lavoro del curatore è previsto da parte del comitato e del giudice delegato, un controllo più o meno intenso a seconda del grado di incidenza dell’atto sul patrimonio. In linea generale, il curatore può compiere liberamente gli atti di ordinaria amministrazione, atti di gestione corrente orientati alla conservazione di valori esistenti. Per gli atti di straordinaria amministrazione è invece richiesta un’integrazione dei poteri; sono atti che implicano un tasso più elevato di rischio, comportando una modificazione del patrimonio (art. 35). Però quest’art. on esaurisce tutti i casi nei quali il curatore deve essere autorizzato, da altre norme della legge fall. emergono altre ipotesi.
Per gli altri atti, compiuti senza autorizzazione, due sono le tesi della loro validità: per una prima tesi l’atto sarebbe nullo perché compiuto dal curatore priva di poteri, tesi inaccettabile alla luce della nuova normativa che vede il curatore in una posizione di autonomia rispetto al giudice; un’altra tesi ritiene l’atto annullabile perché l’autorizzazione è la rimozione dell’ostacolo all’esercizio di un potere proprio del curatore. L’atto non autorizzato, potrebbe esserlo in un secondo momento per sottrarlo all’annullamento.

I DOVERI DEL CURATORE. Negli artt. 27- 39 sono presenti solo i doveri fondamentali che gravano sul curatore:
• l’art. 34 sancisce l’obbligo a carico del curatore di depositare le somme riscosse e di non poterne disporre senza mandato del giudice. Il curatore non può trattenere presso di sé le somme a qualunque titolo riscosse, la norma prevede che il curatore debba depositarle, al massimo dopo 10 gg dalla riscossione, dedotta la cifra che il giudice ritenga necessaria per le spese di giustizia e di amministrazione, presso l’ufficio postale o la banca, a scelta del curatore. Il deposito deve essere intestato all’ufficio del tribunale; il mancato rispetto di questa disposizione implica la revoca del curatore da parte del tribunale, ma  a seguito della riforma non è più causa di immediata revoca. Il terzo comma, poi, prevede che il curatore possa chiedere l’investimento di somme non utilizzabili in tempi brevi in titoli di stato, previa approvazione del comitato e del giudice. Per prelevare le somme depositate dovrà avere mandato del giudice delegato;
• l’art. 38  pone a carico del curatore anche l’obbligo di tenere un’ordinata contabilità del proprio operato. Il curatore deve tenere un registro vidimato da almeno un componente del comitato ed annotarci giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
• L’art. 111 l. f. dispone che il curatore deve istituire un conto autonomo per ogni bene immobile oggetto di privilegio speciale o ipoteca e per ogni bene mobile o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale (coti speciali).
• Il curatore ha doveri di informazione (vogliono assicurare i flussi costanti di notizie tra curatore ed organi del fallimento) e di rendicontazione (in funzione del controllo sulla gestione contabile della procedura e del patrimonio) che la legge pone direttamente sia nei confronti del giudice, sia del comitato e indirettamente del fallito.
Il momento iniziale dell’attività del curatore è costituito dalla stesura della relazione, prevista dall’art. 33 e da depositare in cancelleria dove chiunque possa prenderne visione. Quest’art. prevede che entro 60 gg dalla dichiarazione di fallimento il curatore deve fornire un quadro completo di quel dissesto, tracciando le linee della sua attività da svolgere. Il curatore non dovrà solo esaminare le scritture contabili e la documentazione in possesso del fallito, ma anche effettuare indagini per formare un convincimento sulla situazione, analizzando anche le cause e circostanze del fallimento. Oltre a valutazioni rivolte al passato, il curatore deve svolgere previsioni sulla gestione del fallimento, indicando già nella relazione quali saranno le iniziative che prenderà.
Il curatore, ogni 6 mesi successivi alla presentazione della relazione iniziale, deve presentare un rapporto riepilogativo delle attività svolte fornendo le informazioni raccolte successivamente alla stesura della prima relazione. Questo rapporto deve essere composto da due diverse sezioni: una descrittiva, avente ad oggetto l’attività svolta e le informazioni raccolte; l’altra numerica, con le entrate e le uscite della procedura. Il rapporto deve essere presentato al giudice delegato, una copia deve essere trasmessa al comitato che sull’atto può muovere critiche, entro un termine prestabilito. Nei 15 gg successivi al predetto termine deve esserne inviata una copia per via telematica all’ufficio del registro delle imprese.
Diversa è l’importanza ricoperta dal rendiconto finale. L’art. 38 prevede che il curatore, laddove cessi dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto delle gestione in base all’art. 116 l. f. Nel rendiconto il curatore deve illustrare i risultati della propria attività non solo in termini contabili, ma anche negoziali. Il rendiconto viene presentato al giudice, che ne ordina il deposito in cancelleria e fissa l’udienza fino alla quale ogni interessato può presentare osservazioni o contestazioni. Se nel corso dell’udienza non sorgono contestazioni o se su queste si raggiunga un accordo, che condurrà ad una modifica del conto, il giudice delegato approva con decreto il rendiconto. Se il rendiconto non viene approvato, il giudice delegato rimette la decisione al collegio.
Dopo che è stato reso esecutivo lo stato passivo, il curatore deve presentare ogni 4 mesi un prospetto delle somme disponibili ed un loro progetto di ripartizione (art. 110) e deve avvisare i creditori del deposito del progetto di ripartizione effettuato dal giudice delegato, affinché essi possano visionarlo per le eventuali osservazioni.
Sulla base del riparto disposto dal giudice, il curatore provvede al pagamento dei creditori (art. 115). Inoltre, nel momento della chiusura, egli è legittimato a presentare al tribunale istanza per la chiusura.
Qualora un creditore, o un terzo proponga un concordato fallimentare il curatore, oltre al comitato dei creditori, dovrà dare il suo parere sulla proposta.

IL RECLAMO. Contro i singoli atti dell’amministrazione, che il curatore compie e contro le autorizzazioni/dinieghi del comitato dei creditori è ammesso il reclamo al giudice delegato per violazione di legge, quindi sia per motivi di legittimità che di merito (art. 36). Legittimati a reclamare sono il fallito ed ogni altro interessato.
I reclami sono possibili contro:
1. atti di omissione del curatore:
a) di ordinaria amministrazione, che non necessitano di autorizzazioni;
b) di straordinaria amministrazione autorizzati;
c) di straordinaria amministrazione compiuti senza chiedere autorizzazione;
2. contro le autorizzazioni concesse o negate da parte del c.d.c. e contro un comportamento omissivo di questo.
Il reclamo, nel caso in cui avesse ad oggetto un comportamento omissivo del curatore, questi dovrà compiere l’atto secondo le prescrizioni dettate dal giudice delegato. Nel caso in cui si tratti di comportamento omissivo del c.d.c., l’accoglimento del reclamo avrà natura di pronuncia costitutiva.

LA RESPONSABILITA' DEL CURATORE. Il curatore deve adempiere diligentemente ai doveri del proprio ufficio che sono quelli fissati dalla legge (art. 38). L’autorizzazione del comitato non esclude la responsabilità del curatore perché il fatto di aver ottenuto l’autorizzazione a compiere un atto di straordinaria amministrazione non vincola il curatore a porlo in essere. Il curatore è, inoltre, responsabile dell’operato dei suoi collaboratori, siano essi delegati o coadiutori: si tratta di una responsabilità contrattuale che consegue alla violazione di specifici obblighi relativi al rapporto intercorrente tra il curatore e la procedura.
Durante il processo l’azione di responsabilità nei confronti del curatore per danni causati al patrimonio fallimentare può essere esercitata esclusivamente dal curatore nominato in surroga di quello revocato. Viceversa, quando la procedura è pendente, il fallito, i creditori e il terzo interessato possono agire contro il curatore, se siano direttamente danneggiati. Nel corso del fallimento non sono legittimati all’azione di responsabilità né il fallito, né i creditori, né i terzi. Dopo la chiusura del fallimento, indipendentemente dalla revoca dl curatore, l’azione di responsabilità, se non è prescritta, può essere proposta secondo le regole comuni, da qualunque interessato.

LA REVOCA DEL CURATORE. L’art. 37 dispone che il tribunale può, in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del c.d.c. o d’ufficio, revocare il curatore, a questo il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti il curatore  e il comitato dei creditori. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte d’appello; questo reclamo non sospende l’efficacia del decreto. Però la norma, in questo caso, non ci offre una elencazione delle ipotesi elle quali il curatore può essere revocato. La revoca è condizione per la proponibilità dell’azione di responsabilità contro il curatore, perché altrimenti mancherebbe il soggetto legittimato ad esercitare l’azione.

IL COMPENSO. L’art. 39 stabilisce che il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo. Questa orma, quindi, regola il procedimento di liquidazione del compenso. I criteri per la determinazione del compenso del curatore sono stati fissati dal d. m. n. 570 del 1992.
Il tribunale su relazione del giudice delegato, liquida il compenso con decreto nel quale devono essere indicati i criteri seguiti per la sua fissazione. L’art. 39 dispone che il decreto in esame non è soggetto a reclamo. Perché ha carattere decisorio e definitivo e come tale ricorribile in Cassazione (art. 111 Cost). La novità dell’art. 39 sta nella previsione di una determinazione di compenso anche nel caso in cui si sono succeduti più curatori nello stesso fallimento, da stabilirsi seguendo criteri di proporzionalità.

Tratto da DIRITTO FALLIMENTARE di Alessandro Remigio
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