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Brevetti - Originalità o novità intrinseca

Originalità (detto anche dalla giurisprudenza novità intrinseca, art. 48 C.P.I.): norma chiave, è il cuore della disciplina brevettuale; il legislatore dice che, si concede un brevetto, un diritto di esclusiva protetto, se l’inventore dimostra di aver fatto un salto rispetto alla massa, a tutti gli altri che lavoravano nel settore, ed ecco perché, per capire l’attività inventiva, si fa riferimento al concetto di “esperto medio del settore”: se c’è una persona che lavora nel settore, lo conosce perfettamente ed è un esponente, ad esempio un’invenzione che riguarda la chimica farmaceutica, l’esperto del settore sarà un chimico farmaceutico, una persona che lavora nel campo che fa anche ricerca; se una persona del campo, trova questa invenzione, non sarebbe naturalmente arrivato a tale risultato e quel trovato non è un’invenzione. Naturalmente arrivato significa che il legislatore da per scontato che, dato un certo patrimonio di conoscenze, c’è un’evoluzione interna che porta a qualche piccolo miglioramento al quale si arriva tutti insieme. Non è un grande salto, ma una mera deduzione da tutto quello che si sa, e la sanno fare tutti gli esperti del ramo. Quello che deve essere tutelato come invenzione, è ciò che un esperto del ramo non troverebbe evidente dall’ambito delle conoscenze. Sono stati elaborati dei parametri interpretativi generali, che sono i criteri di non evidenza, ossia quando si contesta l’originalità di un trovato, la giurisprudenza dice di vedere se questo trovato si può considerare veramente originale; è originale quando non è evidente per un effetto medio. I parametri, dai quali si può dedurre che un qualcosa non è evidente per l’esperto medio, sono: la mano felice e il progresso tecnico; quest’ultimo è un semiparametro, cioè se l’invenzione ha portato a un progresso della tecnica. La mano felice, invece, nasce dalla saggezza popolare, ossia se il soggetto per arrivare a un risultato, deve fare un percorso complesso e questo vuol dire che non c’è grande intuizione. Un tipico indizio di vera invenzione è che un risultato complesso si raggiunge con una soluzione semplice. Tipico parametro è la semplicità e la sicurezza, con la quale l’invenzione propone di giungere al risultato. Altro aspetto sono i tentativi precedenti, ossia il fatto che esista un problema da risolvere, non significa che l’invenzione che lo risolve non sia originale; il fatto che si è cercato più volte di risolvere un problema con fallimenti, è un indizio che l’invenzione è originale.
Altro elemento può essere il fatto che durante l’esistenza delle invenzioni ci siano molte contraffazioni, è considerato un indizio del fatto che l’invenzione non era un grande salto; se le contraffazioni non ci sono o se né verificata solo una, è l’esempio tipico che l’invenzione è solida. La valutazione di originalità si svolge tramite il coinvolgimento di periti, richiedono conoscenza del settore della tecnica, della chimica, della meccanica alla quale l’invenzione appartiene.

L'industrialità

Altro parametro è l’industrialità (art. 49 C.P.I.): l’invenzione deve appartenere al mondo dell’industria, cioè deve essere un trovato o un procedimento suscettibile di essere riprodotto. L’industrialità è vista come possibilità di ripetere la produzione del prodotto o l’attivazione del processo produttivo che costituisce l’oggetto dell’invenzione. L’invenzione è un trovato nuovo, che deve esprimere una rilevante attività inventiva e deve essere replicabile nell’industria. Inoltre deve avere un’utilità, una finalità. Quando la giurisprudenza valuta se un trovato presenta i requisiti di novità e originalità, chiede all’inventore di dimostrare a cosa serve la sua invenzione, cosa l’inventore ha fatto di nuovo e quale problema in più è riuscito a risolvere rispetto al passato. L’inventore deve dare un contributo rilevante al progresso dell’umanità, un’utilità nuova. Se un’invenzione è divertente, ma non serve a nulla, non può essere considerata invenzione, e non possono accedere a brevettazione dei trovati di cui l’inventore conosce dei risultati, ma non l’ha focalizzati. Ciò riguarda alcuni settori delle invenzioni come la biotecnologia e la chimica; in questi ambiti, ci si può trovare di fronte ad attività inventive che sono già arrivate a uno stadio avanzato, ma non finale. Tipico caso è l’invenzione di una molecola. Chi inventa una molecola nuova, vuole ottenere l’esclusiva sull’uso della molecola, con tutte le possibili combinazioni finali che questa molecola può realizzare, i vari composti a base di questa molecola. Questa esigenza di brevettazione pone un problema di fondo, ossia l’inventore deve essere già in grado di identificare l’uso di questa invenzione. Spesso una molecola da luogo a composti omogenei, con una sola funzione. Nella misura in cui, si ha una classe omogenea di composti che da una funzione precisa, la scoperta può essere brevettata. Se poi emerge che, modificando le varianti finali, si ottiene un composto diverso che ha un’altra utilità, ciò non può essere ricompreso nell’invenzione originaria, perché era sconosciuto e le invenzioni risulterebbero due. Se la stessa impresa arriva alla scoperta di un secondo composto, può brevettarlo come invenzione autonoma, ma se vi arriva un altro, non lo potrà fare. Dietro queste realtà, si possono creare degli abusi enormi, perché l’impresa può brevettare una molecola generale, e dopo un paio d’anni dichiara di aver scoperto un nuovo composto e lo brevetta; ma il nuovo composto, con quella stessa molecola di base, non è così diverso dal composto originario. Per questo, quando si deve valutare se un’invenzione è brevettabile, è fondamentale non perdere di vista la necessità di identificare una funzione. Funzione che aiuta molto nell’identificazione di trovati meritevoli di brevettazione. Quindi, quando si valuta la brevettabilità di un trovato, bisogna capire se è originale, ossia risolvere in maniera non scontata un problema. Un eccesso di disponibilità a brevettare piccole innovazioni, che sono abbastanza scontate, comporta un uso distorto del brevetto.

Dall’invenzione al brevetto

Diritti conferiti dall’invenzione: diritto morale (art. 62 C.P.I.), il diritto di essere considerato l’inventore; diritti patrimoniali (art. 63 C.P.I.), il diritto di sfruttare economicamente l’invenzione e di chiederne il brevetto. L’esclusiva che da la legge è quella di vietare agli altri di sfruttarla, e il diritto di esclusiva che spetta solo all’inventore è concesso con il brevetto. L’inventore, però, può decidere di non chiedere il brevetto e tenere, quindi, l’invenzione segreta. Chi inventa qualcosa, ha il diritto di essere riconosciuto come autore; anche nelle convenzioni internazionali, è ribadito il principio che l’inventore ha diritto che il suo nome sia riportato nel brevetto. È un diritto che non può essere trasferito. La legge, infatti, consente ai parenti stretti dell’inventore di far valere il suo diritto dopo la morte; i parenti fanno valere il diritto come morale del loro parente che non c’è più. Questo non è considerato come trasferimento del diritto patrimoniale. I diritti patrimoniali sono trasmissibili, nulla vieta che un inventore trasferisca i diritti economici, a partire dal diritto alla richiesta del brevetto. Ciò che è alienabile e trasmissibile è il solo diritto ad essere riconosciuto inventore.
Si può decidere di non brevettare l’invenzione. Il vantaggio di non brevettare è il sostenimento delle tasse; si può decidere di non affrontare tali costi, ma ciò non significa che non si è tutelati. Se si ha un segreto industriale e la legge l’ho tutela, si è però esposti al rischio che qualcuno lo brevetti e si resta fregati. Una prima regola è l’invenzione di gruppo. Spesso le invenzioni sono il frutto di un lavoro di un equipe di ricerca. Oggi come oggi, la maggior parte delle ricerche sono d’equipe e si svolgono in forma organizzata. L’equipe ha in comunione diritti nascenti dal brevetto, ognuno ha il diritto di essere considerato uno degli inventori, ma c’è il problema di come gestire i diritti patrimoniali e, riguardo a ciò, la normativa rinvia alle regole sulla comunione dei beni. Ci sono decisioni che si prendono, secondo criteri di ordinaria amministrazione, a maggioranza e le decisioni straordinarie si prendono secondo un’unanimità. Il problema di fondo è capire chi decide se e come brevettare, perché il brevetto può essere chiesto in diversi modi; ad esempio, come descrizione dell’invenzione, dove chiedere il brevetto. Invenzione “ordinata” caratterizzata da due situazioni: contratti di ricerca, processi articolati il cui principio è che un soggetto incarica un team di inventori o un inventore perché inventi qualcosa. La caratteristica è che tali soggetti non sono dipendenti; sono contratti che s’assimilano al contratto d’opera, d’appalto e sui quali si verifica l’ingerenza pubblica, perché avvolte sono le autorità pubbliche che finanziano le ricerche. Se si da un incarico di ricerca, tramite un contratto di ricerca, si può riservare il diritto di brevettare. L’inventore inventa poiché dipendente di un’impresa: tutte le imprese di media grandezza hanno una sezione dedicata alla ricerca, e anche le imprese che non hanno tale sezione, se vogliono restare nel mercato, devono innovare. La maggior parte delle innovazioni vengono dalle imprese, che lavorano in ricerca. Atteso che l’invenzione è realizzata da un dipendente, nel contesto dell’impresa e sotto la spinta dell’avviamento aziendale, l’imprenditore finanzia la ricerca e la indirizza per il miglioramento dei processi produttivi. La ricerca è organizzata sistematicamente anche nell’ambito di enti di ricerca; esistono degli enti che non si occupano della produzione di trovati, ma solo della ricerca di nuovi trovati.
Questi enti, una volta raggiunto il trovato, lo fanno brevettare ma, anche in questo caso, il dipendente lavora per un ente che lo indirizza nell’attività di ricerca. Il brevetto, quindi, non spetta al lavoratore, bensì al datore di lavoro, o all’impresa o all’ente di ricerca che ha assunto l’inventore. Invenzioni dei dipendenti (art. 64 C.P.I.): l’invenzione è sempre fatta nello svolgimento delle mansioni lavorative, non deve essere un’invenzione fatta per caso, ma lavorando s’inventa. La differenza che emerge, tra l’invenzione d’azienda e l’invenzione di servizio, è legata alla componente economica; in un caso, si ha una maggiorazione stipendiale in più, perché ci si aspetta che s’arrivi ad inventare. Nell’altro caso, non si ha una maggiorazione della retribuzione, perché non ci si aspetta l’invenzione, e il datore di lavoro premierà l’inventore se inventa qualcosa. Si vedrà, quindi, se per lo svolgimento della prestazione lavorativa, c’è una maggiorazione stipendiale legata al fatto che ci si attende dei risultati in ricerca. Se c’è l’equo premio, l’inventore non era pagato per inventare. Bisogna capire, dal contratto di lavoro, se l’impresa ha deciso di pagare in più il dipendente, perché si aspettava un’attività inventiva. Se l’inventore ha già la maggiorazione, come sorta di scommessa, e l’impresa crede che questo inventerà, l’impresa stessa deciderà di pagare l’inventore mese per mese. L’impresa può optare per un’altra scelta, pagare l’inventore che fa solo la ricerca, ma senza tener conto del guadagno che darà in termini di attività inventiva. Ciò che conta è la diversità dello stipendio, perché se lo stipendio rientra nella media, difficilmente si potrà vedere che c’è una maggiorazione per l’attività inventiva. Il fatto che, il dipendente ha uno stipendio più alto della media per il tipo di funzioni che svolge, non si considera un elemento che testimonia il fatto che quel più, è perché ci si attende un’attività inventiva. Le imprese, quando hanno dei dipendenti dai quali s’aspettano qualche innovazione, devono fare dei contratti chiari. L’invenzione di servizio presuppone che il dipendente sia assunto con mansioni inventive. Se manca la remunerazione per i possibili risultati inventivi, entra in gioco l’equo premio dell’invenzione dell’azienda. Se non si riesce a trovare una remunerazione aggiuntiva, l’inventore ha sempre diritto all’equo premio.
Esistono criteri elaborati e i più grandi esperti, sul calcolo dell’equo premio, sono i tedeschi, che hanno ideato dei parametri e il rispettivo valore, e sono: l’apporto del dipendente (fare un’invenzione che riguarda un grande o piccolo miglioramento del processo produttivo, oppure innovare sul prodotto; fare guadagnare di più o di meno l’impresa), l’apporto dell’impresa (quanto l’impresa aveva già investito in quella linea di ricerca; tentativi andati male, grandi investimenti, conoscenze disponibili per i dipendenti). L’invenzione occasionale, ossia un soggetto ha una grande idea su un qualcosa per l’impresa per la quale lavora, ma non svolge alcuna attività inventiva (esempio: un consulente legale inventa qualcosa d’attinente all’oggetto dell’impresa dove lavora). Il lavoratore dovrà essere pagato per la sua attività inventiva, perché l’opzione che il datore di lavoro può esercitare sul brevetto è dietro corrispettivo. Deroga in favore di Università ed enti di ricerca: nelle università e negli enti, c’è un’inversione, ossia il brevetto spetta sempre al dipendente, e l’università può riservarsi, quando fa il contratto di lavoro, una parte delle entrate che non può superare il 50%. Questa regola non s’applica, se il progetto è stato fatto con finanziamento privato, o pubblico proveniente da un’amministrazione diversa dagli enti di ricerca (esempio: ministero). In questi casi, il brevetto non è riservato ai datori di lavoro, ma si lascia al dipendente. Negli enti pubblici di ricerca, l’invenzione è brevettata, ma si cercano degli acquirenti per i brevetti, in quanto non è svolta attività produttiva. Nell’Università, invece, la legge lascia il brevetto al dipendente, perché è più probabile che il dipendente produca l’invenzione, o perché inizia una sua attività d’impresa o trova un’acquirente, è più incentivato.

Procedimento di brevettazione

Il brevetto è concesso, tramite un procedimento amministrativo, dagli stati agli individui che ne hanno diritto, conferisce un’esclusiva su un trovato utile, a patto che l’inventore sia disposto a spiegarlo bene, in modo tale da consentire agli altri di poterlo realizzare nel momento in cui l’esclusiva finirà. Il procedimento di brevettazione non è idoneo a selezionare i trovati meritevoli. Un procedimento che deve essere strutturato bene; in caso contrario, sono immessi sul mercato brevetti nulli. Il procedimento di brevettazione serve a conseguire il brevetto, un documento che, seppur ottenuto, non significa che il brevetto è valido.
La legge consente di contestare la validità del brevetto, nonostante sia stato conseguito, e rifare a posteriori quel giudizio di novità, originalità e industrialità. Quando avviene la contestazione, si apre un processo davanti al Giudice. Il procedimento di brevettazione serve a conseguire il titolo che da l’esclusiva, ma questo titolo può essere sempre azzerato da una sentenza che accerta la nullità del brevetto. Questo non vuol dire che, quando si avvia tale procedimento, si brevetta qualsiasi cosa perché, più il procedimento di controllo preventivo è fatto bene, meno i brevetti rilasciati saranno invalidi. È importante che i brevetti siano rilasciati bene, per due motivi: il primo, c’è la certezza dei traffici e il vantaggio è dell’inventore; se si ha un titolo affidabile, si è sicuri nello sfruttamento. Più il controllo è fatto bene, più le invenzioni fetenti non saranno brevettate e quelle buone si. Se l’inventore è fetente, egli brevetta di tutto e di più e inizia a fare azioni di contraffazione contro i miei concorrenti che, di fronte al costo di doversi difendere dalla mia azione, potrebbero rinunciare a produrre il prodotto. Se vengono rilasciati i brevetti puzzoni, che non riguardano invenzioni meritevoli di protezione, l’impresa può approfittarne, brevettando cavolate e ottenendo l’esclusiva in tutto quello che fa, ostacolando anche nuovi entranti nel mercato. La concessione di brevetti, inutili o invalidi, può rappresentare uno strumento anticompetitivo molto pericoloso nelle mani sbagliate, mentre i bravi inventori e la collettività vogliono che il processo di selezione dei brevetti sia fatto bene, perché solo le invenzioni meritevoli siano brevettate.

Domanda di brevetto (art. 51 C.P.I.)

L’obiettivo che si vuole dai brevetti, quello di mettere a conoscenza tecnica dell’inventore, sia effettivamente raggiunto. La condizione per la brevettazione è che, l’inventore sia disposto a raccontare dettagliatamente la sua invenzione, affinchè un esperto del ramo l’ha possa realizzare. La descrizione dell’invenzione, nella domanda di brevetto, deve avere tutta la spiegazione di come si realizza. La nostra normativa non chiede di indicare il modo in cui l’invenzione può essere realizzata al meglio, ma solo un modo per realizzarla. La descrizione deve essere chiara, perché un altro rifaccia la medesima cosa. È, spesso, necessario un consulente, un esperto del ramo che aiuti nella descrizione. La legge fa riferimento anche alla possibilità di disegni, che accompagnano i brevetti; le domande di brevetto devono contenere una descrizione figurativa dell’invenzione.
Altro aspetto sono le rivendicazioni (art. 52 C.P.I.), ossia si descrive l’invenzione e si chiede su cosa deve essere riconosciuto l’apporto innovativo. Si rivendica di aver realizzato il prodotto X che da la funzione Y; nelle rivendicazioni, s’indica l’elemento su cui si vuole avere l’esclusiva. Il brevetto attribuisce il diritto di vietare agli altri di copiare. Quando si rivendica, si dichiara su cosa si eserciterà il diritto di esclusiva. Le rivendicazioni servono a capire su cosa si vuole chiedere l’esclusiva. La legge prevede che le rivendicazioni devono essere lette, alla luce della descrizione dell’invenzione. Non si può rivendicare una cosa che non è stata descritta adeguatamente. Una volta compilata la domanda di brevetto, la domanda sarà inoltrata all’ufficio presso il quale s’intende chiedere il brevetto. Si svolge l’esame della domanda, che serve a verificare se la domanda è stata scritta correttamente e da cui è possibile capire un’invenzione, e se ci sono le condizioni per la brevettazione. L’ufficio che rilascia il brevetto deve verificare i requisiti, se il trovato è brevettabile, un’invenzione, una scoperta; se l’invenzione è un vero modello di utilità. Requisiti che l’ufficio competente è tenuto a accertare in via preventiva: siccome valutare novità, originalità e via dicendo è complesso, si sono formate due soluzioni normative. Alcuni paesi hanno ritenuto che, capire se un’invenzione ha i requisiti della novità e originalità, il procedimento di brevettazione deve essere fatto veramente bene; chi inventa, deve affrontare un costo notevole, e ottiene un titolo impugnabile. L’ufficio brevetti è definito come ufficio timbri, nel quale la valutazione della domanda si dovesse limitare a una valutazione documentale e cartacea, che può essere ottenuta e realizzata dalla domanda di brevetto. Prima cosa da verificare è se, ciò per cui chiedo il brevetto sia un qualcosa che può accedere al regime brevettuale; seconda, se la descrizione è conforme a come la legge chiede sia fatta (con descrizione, disegni, rivendicazioni). Approccio seguito, in Italia, dal governo piemontese prima dell’Unità d’Italia; quando si è creata l’Unità d’Italia, alcuni stati italiani che avevano il sistema dell’esame preventivo (esempio: Lombardo – Veneto), sono passati all’esame differito, la rinuncia al controllo della domanda.

Tratto da DIRITTO INDUSTRIALE di Valerio Morelli
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