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I Redditi d'Impresa


1. QUADRO DELLA NORMATIVA RIGUARDANTE REDDITO D'IMPRESA
La riforma del 2003 ha innovato la struttura delle norme volte a disciplinare il calcolo della misurazione del reddito attraverso l'introduzione dell'ires; infatti la disciplina di base per il calcolo del reddito d'impresa era prima racchiusa all'interno dell’irpef. Ora il testo unico parla dell’ires nel titolo II, e al cui interno troviamo alcune norme speciali pensate per le persone fisiche e per le società di persone disciplinate dal titolo I del tuir.
Per il calcolo del reddito d'impresa presso le persone fisiche e le società di persone il testo unico fa rinvio a complesso di precetti elaborato con riferimento alle società di capitali e agli enti commerciali.

2. LA FONTE DEL REDDITO D'IMPRESA
Le attività di lavoro indipendente danno luogo a quattro distinte fattispecie giuridiche:
- redditi agrari;
- redditi da lavoro autonomo;
- redditi d'impresa;
- redditi diversi.
Le attività da cui derivano redditi d’impresa sono contemplate nell'articolo 55 che al primo comma individua i redditi d'impresa come quelli che derivano “dall'esercizio di imprese commerciali” e chiarisce che con quest'espressione “si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'articolo 2195 del codice civile e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell'articolo 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma di impresa”.
Vengono, al secondo comma, annesse altre attività che concorrono alla formazione del reddito d'impresa; queste sono: a) l'esercizio di attività organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'articolo 2195 cc; b) dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; c) dall'esercizio di attività agricole di cui all'articolo 32, pur se esercitate nei limiti stabiliti da questa disposizione ove spettino una società in nome collettivo o in accomandita semplice.
Il comma tre precisa che tutte le predette attività sono attività commerciali, e quindi riferendoci al comma uno sono da considerarsi imprese commerciali.
Quest'attività per essere considerate produttrici di redditi d'impresa devono esercitare la “professione abituale, ancorché non esclusiva”. Va inoltre detto che tutte le attività commerciali indicate nell'articolo 55 se non sono esercitate in modo abituale, non producono redditi d'impresa ma redditi diversi ai sensi dell'articolo 67 lett. i).
Esercizio per professione abituale deve essere sinonimo di esercizio abituale in contrapposizione all'esercizio meramente occasionale; l'abitualità implica infatti, stabilità, regolarità dell'iniziativa, il protrarsi nel tempo anche se in maniera non rigorosamente continuativa: è il caso delle attività a carattere stagionale o comunque di quelle attività caratterizzate dalla presenza di fasi di pausa (che comunque sono da considerarsi attività d’impresa).
L'articolo 2195 del codice civile fa un elenco di quelle attività considerate commerciali, ossia:
- le attività industriali dirette alla produzione di beni o di servizi;
- le attività intermediarie nella circolazione dei beni;
- le attività di trasporto per terra, per acqua e per aria;
- le attività bancarie e assicurative;
- le altre attività ausiliarie delle precedenti.
La dottrina sostiene che l'ambito dell'impresa commerciale è ottenuto sottraendo alla nozione di impresa identificata dall'articolo 2082 quella di impresa agricola di cui all'articolo 2135; dal binomio di attività di lavoro indipendente svolto in modo stabile ed economico resterebbero quindi escluse le attività agricole in  parte e quelle attività materiali e miste nelle quali soggetti non utilizza fattori produttivi esterni alla sua persona(es. attività intellettuali).
Per quanto riguarda l'attività agricola, è di pensiero comune che l'attività imprenditoriale richiede un minimo di etero-organizzazione, cioè di coordinamento e combinazione di fattori produttivi esterni al lavoro del soggetto, come ad esempio il lavoro altrui e/o il capitale proprio e/o altrui; non ricorre quindi la definizione di impresa neppure piccola laddove vi sia soltanto auto organizzazione e cioè semplice pianificazione del proprio lavoro.
Per quanto riguarda le attività materiali e miste è unanimemente riconosciuta l'irriducibilità dell'esercizio di un'arte o di una professione alla nozione di impresa di cui all'articolo 2082, come una sorta di privilegio che ha il suo fondamento nell'articolo 2238 del codice civile.
Ci sono poi varie tesi che propongono di porre una distinzione tra produzione e prestazione di servizi ma in base all'articolo 55 del testo unico, al comma primo, rientrerebbero nella sfera dell'attività quello volte alla produzione di servizi le quali si caratterizzerebbero per l'impiego della combinazione di diversi fattori produttivi mentre ne resterebbero fuori le attività di prestazioni di servizi; tuttavia il comma secondo dell'articolo 55 le attrae  al reddito d'impresa se sono organizzate in forma di impresa.
“Organizzate in forma di impresa”, è data la definizione dal comma due dell'articolo 55 che narra: l'organizzazione in forma di impresa non si identificherebbe in qualsiasi tipo di coordinamento di fattori estranei alla persona del soggetto ed eventualmente dei suoi familiari, ma nella organizzazione di particolare rilievo e livello, considerabile in sé e per sé come idonea a realizzarne lo svolgimento ed a conseguire dei risultati, in quanto dotata... dia autonomia funzionale.
È da sottolineare qui che la distinzione tra produzione e prestazione di servizi si configura in una diversa distinzione di prospettiva, infatti nella prospettiva dell'agente il servizio è prodotto, in quella dell'utente è prestato; non vi è quindi ragione di ritenere che il legislatore nell'utilizzare il comma due dell'articolo 55 con l'espressione prestazione di servizi abbia inteso connotare nel senso sopra indicato l'espressione produzione di servizi di cui al primo comma dell'articolo 2195.
Allo stato della legislazione si può dunque affermare che tutte le attività di lavoro indipendente ed esercitate stabilmente forniscono redditi d'impresa salvo le attività descritte nell'articolo 32, da cui derivano redditi agrari, nonché le attività artistiche professionali, da cui derivano redditi di lavoro autonomo. Le attività artistiche professionali quando si estrinsecano in prestazioni di servizi possono tuttavia generare redditi d'impresa se organizzate in forma di impresa ai sensi del comma 2, lett. a) dell'articolo 55.
Va detto che di certo non basta un minimo di etero organizzazione a provocare il trapasso dalla categoria di reddito autonomo a quella di reddito d'impresa altrimenti la prima fattispecie finirebbe per scomparire.
Si deve invece reputare necessario un livello organizzativo più elevato, richiedente all'artista o a un professionista di tramutarsi da prestatori di servizi a combinatore di fattori della produzione e quindi di essere capace di spostare il baricentro dell'attività di prestazione di servizi dalla persona dell'artista o del professionista all'organizzazione da questi creata gestito.

3. CATEGORIE SOGGETTIVE E REDDITO D'IMPRESA
Riconosciamo tre classi di soggetti che rientrano sotto il profilo del reddito d'impresa.
La prima categoria è rappresentata dalle società commerciali: le società in nome collettivo, quelle in accomandita semplice e quelle di armamento; ai sensi dell'articolo 6, c.3, i redditi di queste società, da qualsiasi fonte provengano, e quale che sia l'oggetto sociale, sono considerati redditi d'impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi. Si può quindi dire che l'applicazione della normativa sul computo del reddito d'impresa si ricollega direttamente alla forma giuridica del soggetto piuttosto che all'attività esercitata. Le regole di identificazione della fonte sopra delineate risultano pertanto fuori gioco. Come fuorigioco si manifestano, se si allarga lo sguardo la normativa sull'ires, con riferimento alle società nominate dall'articolo 73, lett.a) ossia le società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative, società di mutua assicurazione, per le quali pure reddito complessivo si identifica con il reddito d'impresa in ragione della forma giuridica assunta.
Una seconda categoria è rappresentata dalle persone fisiche rispetto le quali le regole relative all'identificazione del reddito d'impresa assolvono la funzione di fornire l'elenco delle attività da cui provengono redditi da incasellare nella categoria considerata.
All'estremo opposto si collocano, come terza categoria, le società di fatto e le organizzazioni diverse dalle società. In particolare le società di fatto gli enti pubblici e privati, con o senza personalità giuridica, diverse dalle società possono  dare origine a reddito d'impresa; se c'è commercialità generano allora reddito d'impresa se non c'è commercialità bisogna verificare la capacità di generare redditi d'impresa.

Tratto da MANUALE DI DIRITTO TRIBUTARIO di Andrea Balla
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