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Imposta sugli immobili


Questa è l’imposta classica che se non altro rispecchia o dovrebbe rispecchiare adeguatamente, quale principio? Il principio del beneficio, perché il vantaggio di servizi locali tendenzialmente si capitalizza nel valore della proprietà immobiliare. Questo è un po’ il legame che è sempre stato teorizzato rispetto all’imposta sulle proprietà immobiliari. Applicata nella pratica in quasi tutti i paesi industrializzati, ci aggiunge che però si sta sempre più diffondendo negli altri paesi in via di sviluppo e nei paesi socialisti, chiaro con maggiore difficoltà, perché come vedremo nei paesi in via di sviluppo c’è sempre stata una tendenza ad andarci piano con il decentramento perché di fronte agli enormi problemi di sviluppo si riteneva occorresse una regia nazionale delle politiche di sviluppo e quindi tutti i gettiti delle imposte doveva andare al centro; così come nei paesi ex socialisti sulle imposte sulle proprietà immobiliari hanno avuto enormi problemi nell’individuazione dei proprietari, in un regime di nazionalizzazione delle proprietà, prima di costruire dei sistemi catastali adeguati ci sono voluti anni. Adesso, anche lì viene utilizzata come una delle più importanti imposte finanziarie degli enti locali in generale.
Chi è che paga questo tributo? Lo pagano i proprietari degli immobili. I proprietari degli immobili che possono essere persone fisiche o imprese e il trattamento può essere differenziato, come del resto emerge nel decreto sul federalismo municipale; infatti è presente il nuovo trattamento della cedolare secca che vale solo per le persone fisiche ma non per le imprese.
In genere si tratta di un’imposta patrimoniale, che va a colpire il valore patrimoniale, anche se in teoria potrebbe colpire solo la rendita con un’aliquota proporzionale. Però, ci sono quattro tipologie prevalenti di questa imposta che sono:
- una prima tipologia in cui la base imponibile è data dal valore capitalizzato della rendita della proprietà; cioè sostanzialmente si tratta di attualizzare la rendita o la rendita effettiva nel caso in cui la casa sia affittata, per cui c’è un flusso di reddito, oppure una rendita figurativa nel caso in cui il proprietario la abiti: noi sappiamo che in questo caso c’è una rendita individuata sulla base di vari criteri; in questo caso il valore capitalizzato assume la caratteristica di un imposta di tipo patrimoniale;
- l’altra strada, forse la più diffusa, in cui la base imponibile viene definita a partire dal valore capitale della terra e dei miglioramenti apportati, cioè vale a dire tenendo conto anche degli edifici che vi vengono costruiti e questi sono i valori che generalmente sono stati creati attraverso le c.d. valutazioni catastali che vengono fatti da uffici tecnici dell’amministrazione delle finanze che stimano sulla base di più svariati criteri. Il grosso problema delle valutazioni catastali deriva dal fatto che ci vuole molto tempo per la revisione dei valori e a volte ci sono delle revisioni spaziali e quindi il risultato è che esiste una grossa variabilità e quindi un rischio di una riproduzione che non rispecchia il principio di equità nelle valutazioni catastali, perché appunto le revisioni sono ad intervalli abbastanza lunghi nel tempo e può succedere che le nuove abitazioni vengano identificate nel catastato con dei valori aggiornati, mentre rendite non vengono aggiornate, quindi case diciamo anche abbastanza simili possono avere imposizioni differenziate;
- una variante di questa ipotesi è considerare come base imponibile solo il valore del suolo, che avrebbe il vantaggio di incentivare un uso inefficiente diciamo l’utilizzo dei suoli. Quindi siccome solo il suolo è tassato, il proprietario non ha disincentivi ad usarlo in maniera efficiente; resta però il fatto che questo sistema molto spesso è utilizzato nei paesi sottosviluppati, presenta grosse difficoltà di valutazione quando c’è un mercato poco evoluto e quindi con poche transazioni e al fatto che comporta una ristretta base imponibile, perché solo il valore della terra è tassato;
- una quarta possibilità è data dalla imposizione sul guadagno di capitale rispetto a una proprietà, vale a dire, come noi sappiamo, il valore di beni immobili in genere tende a crescere poi ci sono anche casi in cui le bolle immobiliare, come negli USA e in altri paesi,  che causano una caduta del valore immobiliare; in genere al netto delle bolle immobiliari, c’è una tendenza a crescere. Quindi una possibilità è dire: il valore immobiliare cresce, molto spesso cresce proprio per attività dell’operatore pubblico, io posso stabilire dei parametri per cui questo incremento di valore io valuto che mi diventa la base imponibile per applicarci un’imposta. Questo può essere fatto sia al momento della realizzazione oppure al momento della maturazione, ogni anno, due o tre anni. Chiaro che si presta meglio al momento della maturazione per il soggetto di impresa, mentre per le persone fisiche si presta meglio il momento della realizzazione. Noi avevamo un’imposta di questo tipo, l’INVIM, che poi è stata abolita, è un’imposta semipatrimoniale perché è sull’aumento del valore immobiliare complessivo e va a colpire altri problemi di applicazione non indifferenti e spesso non ha una amplissima base imponibile soprattutto nel caso dell’imposta basata sulla realizzazione;
- una variante di questo può essere fatta con una base imponibile in cui diciamo un aumento di valore di una proprietà immobiliare viene colpito solo nel caso in cui questo sia direttamente ricollegabile ad un investimento pubblico; questa è un’imposta che presenta alcuni elementi di interesse, perché in tanto si presta anche questa all’applicazione della teoria del beneficio, viene appunto chiamata imposta di valorizzazione di scopo, perché in realtà questa imposta serve a finanziare uno specifico investimento pubblico e a differenza della imposta sull’incremento di valore generale questa è un’imposta che viene pagata o addirittura prima dell’investimento pubblico o durante o immediatamente dopo la realizzazione della spesa. È ovvio che questa presenta dei problemi tecnici perché c’è un problema di stima effettiva della quantificazione dei costi di investimento e dei benefici dell’investimento in termini di individuazione di coloro che sono i beneficiari dell’investimento e che magari non ne beneficiano tutti nella stessa maniera ma ne possono beneficiare in maniera differenziata. Poniamo il caso di una metropolitana è chiaro che ne beneficiano soprattutto quelli localizzati molto vicino alla linea e via via il beneficio va a decrescere. E poi l’importanza di avere un esazione (=riscossione) immediata o immediatamente dopo l’investimento pubblico. Anche questa è un’imposta che ha visto delle esperienze sia di paesi in via di sviluppo che di paesi ex socialisti; è un’imposta presente negli USA in diversi stati con diverse varianti, mentre è stato presente nel vecchio ordinamento tributario italiano con i cosiddetti contributi di miglioria scomparsi alla fine degli anni 60.
Primo blocco abbiamo detto imposte sugli immobili.
Bella imposta, assai utile, da suggerire sempre nel mantra dell’esperto di finanza locale, l’imposta sugli immobili se uno deve andare a disegnare un sistema fiscale locale questa imposta ci vuole.
Avevamo detto prima di parlare del secondo tipo di grande imposta locale, che dobbiamo sempre ricordarci, che quando si parla di imposte in genere e di imposte locali a maggior ragione, i soggetti che pagano le imposte e a cui dobbiamo fare riferimento sono sempre riconducibili a due tipologie principali: - le famiglie, persone fisiche e – le imprese.
Questo è un grosso problema, perché nelle analisi di finanza locale quando noi andiamo per esempio a vedere il certificato di conto consuntivo riguarda  la categoria delle imposte. Queste categorie anche nei bilanci se andiamo a vedere le relazioni, sono sempre aggregate; non troverete mai la distinzione tra imposte pagate dalle imprese e imposte pagate dalle famiglie. Invece sarebbe un dato molto importante da conoscere per capire come funziona la distribuzione del carico tributario all’interno di un comune. Come sappiamo Piperno ha fatto delle indagini presso gli uffici tributari degli enti locali e molto spesso sarebbe possibile costruirla (la distinzione) attraverso sistemi informatici, anche se non così facilmente come si può pensare. Però nelle politiche fiscali comunali, questo dato sarebbe interessante averlo; in più è ovvio ci sono state, adesso no, alcune imposte che le pagavano solo le imprese come l’ICIAP sulle attività produttive e sono appunto le imposte che andiamo a presentare adesso. Cioè ci sono delle imposte che sono esplicitamente mirate e colpiscono solo le attività produttive.
L’IRAP è chiaro che la pagano solo le imprese e i soggetti che sono soggetti titolari sottoposti all’IRAP che svolgono un’attività in proprio.
I vari tipi di forme impositive sulle imprese sono fatte proprio per bilanciare l’onere che viene addossato ai residenti per pagare i mezzi pubblici. In realtà anche l’impresa usufruisce dei servizi pubblici e quindi è bene che anche lei sia un soggetto passivo d’imposta.
Abbiamo visto vi ricordate Brusghel che però le imposte sulle imprese ipotiziamole e creiamole, non pensiamo alle imposte sui profitti, perché abbiamo detto che attribuire i profitti alle diverse amministrazioni sub-nazionali è molto difficile ed è tanto più difficile quanto più piccola è la circoscrizione amministrativa. Non tanto per quello che concerne la distribuzione fra regioni dell’IRAP lo si può fare con l’assicurazione, vedremo in base alla distribuzione dell’occupazione; ma in altri casi istituire un’imposta sui profitti a livello comunale sarebbe una follia sostanzialmente.

Tratto da SCIENZE DELLE FINANZE di Andrea Balla
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