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La responsabilità del committente per omessa informazione

La responsabilità del committente per omessa informazione all’appaltatore di condizioni naturali a lui note


Fuori dall’ambito delle sentenze rese in tema di contratti della PA soggetti ad approvazione, la Cassazione ha innovativamente chiarito, in materia di appalto, che il committente, qualora abbia previsto maggiori difficoltà di esecuzione dei lavori, omettendo di comunicarle all'ignaro appaltatore - che abbia così concordato un prezzo non remunerativo -, non risponda ex art. 1664.2 c. c. - che presuppone l’imprevedibilità dei maggiori oneri sopravvenuti, derivanti da condizioni naturali -, ma risponda comunque per culpa in contrahendo ex art. 1337 c. c.  Pertanto, peculiarità della pronuncia è prendere in considerazione la responsabilità ex art 1337 c. c., mentre il contratto di appalto, valido ed efficace, è addirittura in fase di esecuzione.
In particolare, il fatto oggetto della sentenza Cass. Civ., sez. I, 10 luglio 1984, n. 4049 è il seguente: un appaltatore vince il bando emesso dall’ente pubblico ANAS; nel contratto di appalto, che riguarda la progettazione e l'esecuzione di un tratto di autostrada, viadotti compresi, il prezzo è stabilito a corpo per i viadotti, a misura per i lavori stradali. Durante la costruzione di uno dei viadotti, devono essere posti in opera speciali interventi geologici di sbancamento, non previsti in sede stipulazione; pertanto, l'appaltatore agisce in giudizio, domandando ex art. 1664.2 c. c. un equo maggior compenso per le opere prestate.
Rifacendosi all’argomentazione della corte di appello, che ha respinto la domanda del committente, la Cassazione aggiunge che «per effetto del requisito della non previsione di cui al comma 2 dell'articolo 1664 c. c. nessun compenso spetta all'appaltatore, ove una causa naturale in astratto non prevedibile sia stata in concreto da lui prevista; ove, invece, tale causa sia stata prevista solo dal committente, la sua responsabilità nasce, non dal comma 2 dell'articolo 1664, ma dall'articolo 1337 c. c. per violazione del principio di buona fede».



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