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La motivazione del provvedimento amministrativo

La motivazione del provvedimento amministrativo


Si credeva che la motivazione fosse un autonomo elemento dell'atto.
I motivi vengono intesi come le ragioni da cui il processo volitivo prende origine: la motivazione sarebbe una esternazione successiva rispetto alla formazione dei motivi, non essenziale per la loro esistenza. Infatti l'amministrazione agente può motivare il provvedimento con l'enunciazione dei motivi diversi da quelli che entravano in azione all'interno del processo psichico (così si spiega la differenza tra motivazione e motivi).
L'essenzialità della motivazione si presenta nell'ambito della forma scritta: la motivazione è il nucleo centrale su cui si articola la forma dal momento in cui costituisce l'esplicitazione scritta delle valutazioni attraverso le quali si è svolta la congrua ponderazione degli interessi in gioco nell'affare amministrativo.  
La funzione della motivazione è quella di rendere conoscibile l'iter logico-giuridico grazie al quale si è maturata la ponderazione e di valutare la congruità delle scelte per la cura dell'interesse primario nel contesto di tutti quegli altri interessi intervenuti nel provvedimento.
La motivazione non è quindi un elemento del provvedimento, ma parte della sua forma scritta.

L'OBBLIGATORIETA' DELLA MOTIVAZIONE


Nella legge è sancito l'obbligo di motivazione per ogni provvedimento, con l'eccezioni relative solo agli atti normativi emanati dalla p.a. (statuti, regolamenti) e gli atti amministrativi a contenuto generale (bandi, direttive).
Cavallo collega l'obbligo di motivazione alla specifica funzione della stessa, cioè per assicurare una maggiore trasparenza dell'azione amministrativa: l'esercizio discrezionale di un potere amministrativo deve essere motivato anche quando amplia la sfera giuridica del destinatario, dal momento che l'ampliamento della sfera giuridica di questo può comportare la compressione della sfera giuridica di un altro soggetto.
Ma l'obbligo di motivazione deve essere ridimensionato: la motivazione non potrà ricorrere per quei provvedimenti emanati in forma orale, come i comandi e gli ordini (ad es. l'ordine sarà motivato solo in caso di rinnovo). Le deliberazione adottate dagli organi collegiali sono immotivabili in quanto manifestazione orali di votazioni in cui si esprime solo la maggioranza numerica del collegio. Infine vi sono dei documenti amministrativi che non necessitano di essere motivati, pur assumendo forma scritta: tutti quegli atti provvedimentali espressione di un esercizio discrezionale di un potere che si attiene soltanto all'an (nei casi di discrezionalità negativa in cui la ponderazione si riduce a valutare se non vi siano fatti che sconsiglino il rilascio del provvedimento). La ponderazione si limita ad accertare questa omogeneità.
L'obbligo di motivazione sussiste quindi solo per i provvedimenti adottati in forma scritta, espressione di un esercizio discrezionale del potere amministrativo che investe sia l'an che il quid: la ponderazione dell'interesse primario nell'ambito degli altri interessi presenti nel procedimento.
Si dovrebbe ricorrere al criterio della congruità per aggettivare la motivazione: la congruità della ponderazione non può che tradursi in una congruità nella motivazione, la cui estensione deve rendere riconoscibile all'esterno l'iter logico-giuridico seguito dall'amministrazione nell'esercizio discrezionale del suo potere amministrativo.
In alcuni casi l'amministrazione sembra rinunciare a formulare una motivazione propria, facendo riferimento ad una ponderazione degli interessi effettuata da altro atto, di natura anche non provvedimentale, già recepito nel procedimento. È l'ipotesi della motivazione ob relationem (es. la concezione edilizia).

Tratto da DIRITTO AMMINISTRATIVO di Beatrice Cruccolini
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