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Le professioni intellettuali secondo l'art. 2238 c.c.


L’art. 2238 c.c. stabilisce che ai professionisti intellettuali (avvocati, ingegneri, architetti, medici, ecc…) si applicano le disposizioni in tema di impresa quando l’attività professionale è inserita in una più complessa per sé qualificabile come impresa (ad esempio, è imprenditore il chirurgo titolare di una clinica privata nella quale egli stesso opera).
La libera professione non è impresa, al chirurgo appena menzionato si applica la disciplina dell’imprenditore in quanto titolare della clinica, ma quella del libero professionista per quanto concerne l’attività medica.
Questa esenzione non è una mera applicazione dei criteri identificativi dell’impresa appena visti: in tali attività normalmente non manca alcuno dei requisiti generali previsti dall’art. 2082 c.c.
Si tratta, quindi, di una norma complessivamente di favore per le libere professioni.
Tale esenzione può essere un anacronistico privilegio derivante dal tradizionale prestigio delle libere professioni, oppure una forma di tutela della clientela, escludendo per i liberi professionisti la logica spietatamente concorrenziale propria delle imprese.
Certo è che si tratta di una scelta di politica legislativa.
In ambito comunitario, particolarmente nel settore antitrust, si è affermata una nozione di impresa più lata che comprende nel suo seno anche le libere professioni.
E’ comunque ormai pacifico che il privilegio cade e il professionista assume la qualità di imprenditore qualora la sua attività si manifesti in larga prevalenza non attraverso contratti d’opera intellettuale, ma mediante contratti in nulla diversi da quelli propri del settore commerciale (esempio classico è quello del farmacista).

Tratto da DIRITTO COMMERCIALE di Stefano Civitelli
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