Discrezionalità e atti politici nella PA

Discrezionalità e atti politici  nella PA

Nel nostro ordinamento gli unici atti che sono esentati dal sindacato giurisdizionale degli atti discrezionali sono i c.d. atti politici, cioè atti liberi nel fine, esercizio di un potere libero di scegliere l’obiettivo che si vuol perseguire e che quindi godono, per loro natura, del massimo grado di libertà.
Entro gli atti politici rientrano ben pochi atti: la legge è subordinata al rispetto della Costituzione e al sindacato della Corte costituzionale; atti di indirizzo politico sub-legislativi come gli atti di indirizzo politico-amministrativo sono sottoposti al rispetto della legge e al sindacato del giudice amministrativo
Atti politici possono quindi essere considerati gli atti del corpo elettorale, dalle elezioni ai referendum, che sono insindacabili (a parte i secondi che sono sottoposti al giudizio di ammissibilità), oppure certi atti del Presidente della Repubblica come lo scioglimento delle Camere o la nomina dei Ministri, e infine certi atti del Governo che attengono ai rapporti internazionali.
I c.d. atti di alta amministrazione sono atti che hanno un notevole contenuto di indirizzo politico, anche se sub-legislativo, o no sono diretta attuazione tanto da essere in ogni caso considerati veri e propri atti di indirizzo politico.
Questa loro caratteristica di decisioni politiche fa si che il loro sindacato sia più ristretto rispetto a quello dei comuni atti amministrativi.
Gli atti di alta amministrazione sono tenuti al rispetto di certi principi dell’attività amministrativa (buon andamento, trasparenza, ecc…) ma possono derogare ad altri (imparzialità) dato il loro scopo politico.
In ogni caso non rientrano a far parte della categoria degli atti politici insindacabili, ma la loro posizione si trova nel mezzo tra questi e gli atti amministrativi comuni.