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Il significato del grave pregiudizio e della mala fede


L’art. 4281 c.c. stabilisce che gli atti compiuti dalla persona incapace di intendere o di volere al momento in cui sono stati perfezionati possono essere annullati “se ne risulta un grave pregiudizio all’autore”.
Il requisito del grave pregiudizio deve intendersi in senso economico, ossia come perdita eccessiva, gravemente negativa per il patrimonio dell’incapace: ciò accade quando l’affare determina un risultato che supera “ogni ragionevole e fisiologico limite di quel tanto di alea normale che inevitabilmente accompagna l’affare stesso anche se non definibile aleatorio”.
La valutazione della gravità non deve essere necessariamente oggettiva, ma può tenere conto altresì della concreta situazione economica dell’incapace (cosiddetta gravità in concreto).
La dottrina maggioritaria sostiene che, nel silenzio della norma, il pregiudizio possa comprendere anche la lesione di interessi non patrimoniali o morali.
Se concentriamo l’attenzione sui contratti, si può invece osservare che è vano interrogarsi sulla natura del pregiudizio, in ragione dell’attuale orientamento giurisprudenziale che, come già constatato, non lo ritiene un elemento della fattispecie ma solo un indice della mala fede.
Il requisito della mala fede, da intendersi in linea di principio in senso soggettivo come conoscenza della menomazione intellettiva o volitiva della controparte, è previsto solo per l’annullamento del contratto.
La mala fede tende a spostarsi su un piano oggettivo perché l’art. 4282 c.c. desume la stessa da una serie di indici quali il pregiudizio, la qualità del contratto o altrimenti.
Ciò rende plausibile l’opinione secondo cui deve essere considerato in mala fede anche chi ignora lo stato di incapacità colpevolmente, in quanto avrebbe dovuto conoscerlo adoperando l’ordinaria diligenza.
Sempre in relazione alla mala fede si discute se debba sussistere, oltre alla consapevolezza della menomazione dell’altrui sfera intellettiva, anche l’intento di giovarsi di tale situazione per trarre vantaggio dalla contrattazione.
Gli autori che ritengono necessario il grave pregiudizio per l’annullamento del contratto rispondono positivamente; la giurisprudenza, invece, considerando la mala fede quale unico requisito per l’annullamento del contratto, risponde in senso negativo (questo orientamento è coerente con l’individuazione della ratio della norma nella protezione del soggetto debole).

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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