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Le origini della giustizia amministrativa: cenni al sistema francese


La concezione dell’Amministrazione come soggetto tipicamente diverso dagli altri si affermò, nelle prime fasi dello Stato liberale, nel contesto del principio della separazione dei poteri.
Nella Francia degli ultimi decenni del XVIII secolo e degli anni della Rivoluzione con questo principio si intendeva che il Potere esecutivo, nel quale si colloca l’Amministrazione, dovesse essere un potere distinto dagli altri, anche se non superiore agli altri: l’Esecutivo non poteva arrogarsi poteri del giudice ordinario, ma i suoi atti non dovevano essere soggetti al sindacato dei giudici.
L’amministrazione è un potere autonomo e, quindi, non deve essere limitato dal potere giurisdizionale, altrimenti il giudice, giudicando l’Amministrazione, avrebbe finito con l’interferire sull’attività amministrativa.
Tutto ciò non comportava, però, l’esclusione di possibilità di tutela per il cittadino.
Nella Rivoluzione francese di affermò il principio della “responsabilità” dell’Amministrazione nei confronti dell’assemblea legislativa: il Ministro poteva essere chiamato a rendere conto dell’operato dell’Amministrazione e ne rispondeva politicamente di fronte ai rappresentanti dei cittadini.
Ma a favore del cittadino era conservato un rimedio specifico, costituito dal c.d. ricorso gerarchico.
Questo ricorso era diretto all’organo gerarchicamente sovraordinato a quello che aveva emanato l’atto lesivo e comportava la verifica della legalità dell’atto impugnato.
Per rendere più attento e serio l’esame del ricorso gerarchico, l’ordinamento francese prevedeva frequentemente che i ricorsi venissero decisi dalle autorità competenti dopo aver acquisito il parere di alcuni organi consultivi.
Fra questi organi il più importante fu senz’altro il Consiglio di Stato.
Tale organo, istituito nel 1799, operava come organo consultivo del Governo e riguardo ai ricorsi esprimeva solo un parere al Capo dello Stato: in pratica, però, la decisione era sempre conforme al parere e l’intervento del Capo dello Stato finiva con l’attribuire ancora maggiore autorevolezza al parere dell’organo che lo proponeva.
Un decreto di Napoleone del 1806 istituì, in seno al Consiglio di Stato, una apposita Commissione del contenzioso.
Per rafforzarne l’imparzialità, la Commissione fu costituita da consiglieri cui non potevano essere affidati compiti di amministrazione attiva.
Prima, transitoriamente, con la Costituzione del 1848, e poi, definitivamente, con una legge del 1872, al Consiglio di Stato fu riconosciuta anche formalmente la competenza a decidere il ricorso, senza più la necessità di una sanzione da parte del Capo dello Stato.
La riforma del 1872 avrebbe, così, attribuito al Consiglio di Stato i caratteri di organo giurisdizionale.
Ciò non significava, però, una deroga o un’attenuazione rispetto al principio della separazione dei poteri.
Il principio era fatto salvo, perché competente a sindacare gli atti dell’Amministrazione era il Consiglio di Stato, autorità ben distinta dai giudici ordinari e, soprattutto, non inserita nell’ordine giudiziario.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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