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Sentenze di rito e sentenze di merito nel giudizio amministrativo


Con riferimento alle pronunce parziali e alle sentenze definitive, si è soliti distinguere tra sentenze di rito e sentenze di merito.
Le prime si esaurirebbero nell’esame di questioni strettamente processuali o nella verifica delle c.d. condizioni per l’azione o nell’esame di questioni inerenti alla giurisdizione, o nella declaratoria della c.d. cessazione della materia del contendere, che si verifica quando il provvedimento impugnato venga annullato d’ufficio dall’amministrazione e venga perciò meno l’oggetto della vertenza.
In alcuni di questi casi, il giudizio viene definito oggi, anziché con una sentenza, con un decreto presidenziale.
Le seconde riguarderebbero invece il merito della domanda e delle questioni pregiudiziali di merito che siano state eventualmente sollevate nel corso del giudizio, e possono quindi essere pronunce di accoglimento della domanda o pronunce di rigetto per ragioni di merito.
Nel caso di accoglimento del ricorso, le sentenze di merito, a loro volta possono avere un contenuto dispositivo diverso, in relazione alla tipologia di azione esperita.
Possono quindi disporre l’annullamento del provvedimento impugnato, o la sua revoca o riforma nelle ipotesi di giurisdizione di merito, ovvero ordinare all’Amministrazione di provvedere nel caso di un giudizio sul silenzio-rifiuto, ovvero accertare un diritto soggettivo del ricorrente in ipotesi di giurisdizione esclusiva, o anche condannare l’amministrazione al pagamento di somme di denaro di cui essa risulti debitrice.
In coerenza con il principio della domanda, il giudice amministrativo è tenuto a pronunciarsi “su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa”.
Nell’esame della domanda, deve tener conto del vincolo di pregiudizialità che può sussistere tra le varie questioni rilevanti per la decisione, con la conseguenza che la decisione su questioni pregiudiziali può definire il giudizio (si pensi alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto tardivamente).
Fenomeno diverso da quello della pregiudizialità è il c.d. assorbimento delle questioni, che si verifica quando le questioni sollevate, pur non essendo collegate fra loro secondo una relazione di pregiudizialità in senso tecnico, seguono un preciso ordine logico che il giudice deve seguire ai fini della decisione: si pensi al caso di censure che siano correlate secondo un rapporto di subordinazione, di alternatività o di continenza, così che il rigetto (o l’accoglimento) dell’una renda superfluo l’esame dell’altra.
Anche la parte potrebbe determinare l’ordine dell’esame delle questioni di merito da parte del giudice, formulando le sue censure secondo certe priorità, per esempio in relazione al vantaggio che potrebbe conseguire dall’accoglimento di una censura invece che rispetto ad un’altra: questa possibilità sarebbe riconducibile al principio della domanda.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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