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Il “tempo” degli atti


Il tempo giova anzitutto a contrassegnare la successione degli atti, cioè l'ordine degli stessi all'interno di ogni serie procedimentale.

Il sistema conosce dei casi in cui un atto non può essere compiuto prima della realizzazione di uno o più altri atti: questi si pongono come presupposti del primo.

All'opposto, può accadere che il compimento di un atto risulti impedito perché incompatibile con il compimento di un atto precedente: in tal caso si parla di preclusione.

Il tempo viene poi in considerazione per misurare la distanza che può o deve intercorrere tra due o più atti.

Gli strumenti utilizzati per imporre un certo ritmo al procedimento sono denominati termini: essi indicano il momento in cui un atto può o deve essere validamente compiuto.

I termini si distinguono in:

a) perentori: sono quelli che prescrivono di compiere un atto entro e non oltre un determinato periodo di tempo, superato il quale si incorre nella decadenza. I termini si considerano stabiliti a pena di decadenza solo nei casi previsti dalla legge (art. 173 comma I). Tali termini non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga altrimenti (art. 173 comma II), mentre non pare sussistano ragioni per escludere che a essi si applichi la norma (art. 173 comma III) che, col consenso della parte a favore della quale sono stabiliti, ne rende possibile l'abbreviazione, sebbene si ritenga che la previsione sia dedicata esclusivamente ai termini dilatori.

b) ordinatori: sono quelli che fissano il periodo di tempo entro il quale un determinato atto deve essere compiuto, senza tuttavia far subire conseguenze, sul piano dell'efficacia, all'atto realizzato successivamente alla scadenza. Ciò non deve far pensare che il termine possa essere impunemente trasgredito; l'art. 124 infatti pone a carico dei magistrati, dei cancellieri e degli altri ausiliari del giudice l'obbligo di osservare le norme processuali anche quando l'inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale. La violazione di detto obbligo può essere fonte di responsabilità disciplinare.

c) dilatori: sono quelli con i quali si indica che un atto non può essere compiuto prima del loro decorso. Alcuni esempi di tali termini sono utili per confermare come si offra alle parti la garanzia di poter disporre del tempo necessario per approntare la propria difesa; l'abbreviazione dei termini in esame è possibile o perché lo richiede o vi consente la parte a favore della quale sono stabiliti, o perché sussistono ragioni di urgenza che comunque devono far salvo il tempo necessario per comparire. Questa ultima prescrizione è derogabile solo nei casi assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l'assunzione delle fonti di prova: in tale evenienza le ragioni vanno specificamente indicate a pena di nullità.

La nullità colpisce gli atti che dovessero essere compiuti prima del momento indicato dalla legge. Nessuna importanza può essere attribuita al fatto che, mentre in alcuni casi la previsione della nullità è esplicita, in altri casi non si rinviene alcuna indicazione per l'ipotesi in cui venga violata la prescrizione di ordine temporale: anche nel silenzio della legge infatti la nullità sarebbe ricavabile dalla disciplina dettata dall'art. 178 lett. c

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