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I delitti di reazione e gli eventi vittimizzanti


Un ulteriore aspetto della rilevanza criminologica del soggetto passivo viene indicato dall’induzione criminale, cioè dall’induzione ai delitti di reazione.
Per l’elementare principio di azione-reazione, operante anche nel campo psichico, la vittima, i suoi familiari, gli appartenenti al suo milieu, possono essere portati a compiere ulteriori delitti in reazione a quelli subiti (vendette, faide).
Ed il pericolo dei diritti di reazione aumenta col diminuire dell’efficienza statale nella cattura dei colpevoli e nella repressione del crimine, come insegna l’eloquente storia dell’autogiustizia e del linciaggio.
E per concludere, non si possono non menzionare gli studi in materia di attribuzione degli eventi vittimizzanti: del nuovo del responsabile o di vittima di tali eventi.
Sulla premessa di una generale tendenza sistematica dell’uomo ad “attribuire una causa” al proprio e all’altrui comportamento, tali meccanismi sono stati così schematizzati:

a.nell’attribuzione del risultato della condotta a fattori esterni (quando l’evento è attribuito a fattori ambientali o è considerato non intenzionale) o a fattori personali (quando l’azione è attribuita a fattori interni e l’evento è ciò che il soggetto intendeva compiere) a seconda della convinzione nell’osservatore che egli e la maggior parte delle persone si sarebbe comportata nello stesso modo nella situazione in esame o dell’intento da parte del medesimo di sottolineare che le caratteristiche interne e le motivazioni personali dell’agente hanno avuto un ruolo preponderante rispetto ai fattori esterni;

b.nell’attribuzione di responsabilità che viene operata:
i.secondo differenti gradi: quanto più i fattori ambientali sono visti influenzare il risultato, tantomeno l’agente è ritenuto responsabile;
ii.secondo un meccanismo di attribuzione difensiva: più grave il fatto maggiore è la tendenza ad attribuire la responsabilità almeno in parte alla persona piuttosto che a cause esterne;
iii.secondo la tendenza, in caso di vittima non identificata o chiaramente incolpevole, ad assegnare la responsabilità a qualcuno per non avere voluto o saputo prevenire l’incidente, preferendosi colpevolizzare qualcuno piuttosto che ammettere l’incontrollabilità dell’evento;
iv.secondo la rilevanza dell’evento, cioè la percezione da parte dell’osservatore che un tipo di evento può riguardarlo o meno (ad esempio la caduta di un aereo rispetto ad un pilota o ad un pastore); la quale appare legata ai fattori della similarità situazionale e della similarità personale: il grado di responsabilità attribuita sarebbe addirittura inversamente proporzionale alla similarità personale, in quanto, a parità di similarità situazionale, i soggetti tendono ad attribuire un grado minore di responsabilità per l’accaduto a chi possiede caratteristiche personali simili alle loro;
v.secondo il modello del mondo giusto, fondato sull’assunto che l’uomo ha quel che merita e merita quel che ha; sicché di fronte alla vittima della sfortuna, l’osservatore è motivato a credere che essa merita la sua sofferenza e la incolperà dell’evento capitatole chi, mentre nei casi di vittima veramente innocente tende a valutarne le caratteristiche personali per correggere la visione della situazione e attribuirle almeno parte della responsabilità dell’incidente;

c.nella attribuzione di intenzioni, in base alla quale determinante per la risposta (ad esempio aggressiva) del soggetto non è la reale intenzione (ad esempio aggressiva) dell’agente, ma la intenzione da lui percepita e che sotto il profilo vittimologico rappresenta la fonte di quei fraintendimenti che sono spesso alla base di un processo di vittimizzazione;

d.nelle divergenze attribuzionali tra agente e osservatore, in quanto chi tiene un comportamento spesso lo giudica e percepisce in modo diverso da chi lo osserva o ne ha notizia, tendendo il primo ad attribuire la sua azione a fattori esterni e il secondo a disposizione personale dell’agente;

e.nella autoattribuzione, in quanto l’agente, così come osservatore, ricostruisce perlopiù ex post le ragioni del comportamento e, attraverso la cosiddetta attribuzione egoistica, alla propensione ad autoattribuirsi i risultati positivi della condotta, disconoscendo l’altrui apporto causale, e ad attribuire la responsabilità per i risultati negativi a fattori esterni, incolpando gli altri;

f.nelle distorsioni attribuzionali, dovute a quella serie rigida e determinata a priori di regole di giudizio, cui si fa ricorso anche quando sono contraddette dai dati oggettivi (gli stereotipi).

L’analisi attribuzionale ha pure contribuito ad approfondire il ruolo della vittima nel processo penale.
La vittima può influire sull’iter giudiziario:
i.per il modo in cui la vittima stessa è percepita dagli operatori della giustizia (polizia, accusa, giudice);
ii.per il modo in cui essa svolge il suo ruolo nel corso del processo.

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