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La centralità del principio retributivo della pena


Anche se subisce delle incisive limitazioni e deroghe in nome di altre non trascurabili esigenze generalpreventive e specialpreventive, il principio retributivo resta, e deve restare, l’idea-forza, l’idea centrale del diritto penale e della politica criminale.
E ciò per le fondamentali ragioni:
a.perché, imprescindibilmente connesso con l’idea della responsabilità individuale, esprime un’esigenza insopprimibile dell’animo umano e radicata nel più profondo sentimento umano di giustizia: variabile, incerta misura, è nel tempo nello spazio ciò che è sentito come giusto o ingiusto, ma costante resta il principio sanzionatorio;
b.perché è uno dei valori cardine di un mondo legato a una concezione “personalistica” dell’uomo come valore in sé, che, contrapponendosi ad ogni concezione utilitaristica del medesimo come res bio-socio-economica, ne rivendica la dignità, l’autonomia, la libertà, e si oppone ad ogni strumentalizzazione come mezzo per il conseguimento di finalità di politica criminale;
c.perché, fondandosi sulla libertà di scelta, è un possente e irrinunciabile strumento pedagogico di responsabilizzazione dell’uomo nel senso di stimolarne i comportamenti sociali ed inibirne quelli antisociali;
d.perché svolge un’insostituibile funzione garantistica, in quanto, discostandosi dal principio retributivo e della coessenziale proporzionalità, si scivola sulla china delle pene sproporzionate e indeterminate, al fondo della quale si ritrovano la crudeltà del “castigo esemplare” e il terrorismo penale e poliziesco dei regimi totalitari e le degenerazioni liberticide della prevenzione speciale e della profilassi sociale.

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