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Il confine mobile tra crimine e peccato e tra pena temporale e pena religiosa


Se il crimine costituisce in generale un'azione ingiusta, esso possiede, peraltro, delle caratteristiche specifiche che lo distinguono, in particolare da un altro genere di ingiustizie: i peccati.
DOVE RISIEDE LA SPECIFICITÀ DEL CRIMINE RISPETTO AL PECCATO? ≈ TEMA FONDAMENTALE DEL PROCESSO DI SECOLARIZZAZIONE DEL DIRITTO PENALE MODERNO, IN NOME DELLA SEPARAZIONE DEL DIRITTO DALLA MORALE, AFFRONTATO DA DOMAT CON AMBIGUITÀ
Infatti, la progressiva distinzione tra la nozione di reato e quella di peccato, previa l'acquisizione filosofica che «i reati (...) non possono consistere in atteggiamenti o stati d'animo interiori, e neppure genericamente in fatti, ma devono concretarsi in azioni umane-materiali, o fisiche, o esterne ovvero empiricamente osservabili», ha portato la tradizione filosofico-penale della modernità a distinguere, secondo il criterio dell’esteriorità dell’azione, tra:

A. SFERA DEL DIRITTO ≈ Esteriorità pubblica sottoposta ad intervento penale ≈ IDENTITÀ POLITICA DEL SOGGETTO DI DIRITTO ≈ Sfera del reato e delle pena temporale;

B. SFERA DELLA MORALE ≈ Interiorità autonoma ed indipendente dall’intervento penale ≈ COSCIENZA INDIVIDUALE ≈ Sfera del peccato e della pena religiosa.

Secondo Domat, invece, la linea di demarcazione tra crimine e peccato non è così netta, in quanto, a suo giudizio, esiste la seguente più complessa tripartizione, secondo il criterio della lesione dell’ordine sociale o dell'integrità (fisica, patrimoniale o riguardante l'onore) della persona offesa dal delitto:

A. VIOLAZIONE DELLA PRESCRIZIONE RELIGIOSA «CHE NON CAUSA ALCUN DISORDINE NELLA SOCIETÀ, E CHE NON FA TORTO CHE A COLORO CHE VI CADONO, QUANTUNQUE POSSA ESSERE CRIMINE DAVANTI A DIO»: La sua perseguibilità riguarda esclusivamente le legge della Chiesa, poiché non lede né l’ordine sociale né diritti individuali; solo in questo caso, la giustizia spirituale ≈ obiettivo della religione guarda all’interiorità dell'individuo e ha come finalità la pace sincera tra gli uomini, punendo in base all’effettiva gravità della colpa del reo.

B. VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONE RELIGIOSA «DI CUI IL POTERE TEMPORALE NON SI DISINTERESSA COMPLETAMENTE, POICHÉ FA TORTO AD ALTRI DIVERSI DA COLORO CHE LE COMMETTONO»: La sua perseguibilità riguarda tanto la legge della Chiesa, quanto il potere temporale può intervenire, poiché perché mette in pericolo l'ordine sociale; pertanto, qui risiede l’ambiguità del pensiero domatiano, rispetto alla separazione tra reato e peccato.

C. CRIMINE VERO E PROPRIO, «NEL SENSO DELLA LEGGE UMANA»: La giustizia temporale ≈ obiettivo della police si accontenta dell'ordine esteriore e di una pace tra gli individui sorretta anche dagli appetiti apparentemente egoistici della corrotta natura umana.

Quindi, secondo Domat, sia la fattispecie A sia la B sono riconducibili a «passioni che producono azioni ingiuste, ma che tuttavia non giungono agli eccessi che sono definibili crimini secondo le leggi umane», ma soltanto A rientra nel concetto di peccato non punibile dal punto di vista statuale.
Questa tripartizione, secondo il prof.re Sarzotti, consente di comprendere l'ambigua modernità di Domat, che, come si è visto nella classificazione dei reati penali, da un lato, non elimina un'ampia serie di reati contro la religione (Comportamenti che possono intaccare l'ordine della società e non azioni commesse contro la Verità della religione cattolica) e non sostiene mai la tolleranza religiosa e, dall'altro, introduce alcune fattispecie penali, che riguardano il disordine personale della condotta individuale, che non danno come risultante un'azione direttamente dannosa per qualche soggetto in particolare (i crimini contro la police), o le cui immediate conseguenze dannose appaiono limitate all'ambito di colui che ha commesso il reato (i crimini contro il buon uso della propria persona).
Domat, pertanto, non si abbandona ad una rigida separazione tra sfera della police e sfera della religione, riconoscendo che lo Stato non può disinteressarsi del tutto dell’interiorità dell'individuo, del suo modo di essere oltre che delle sue singole azioni delittuose, nella misura in cui tale modo di essere possa rappresentare un pericolo per l'ordine esteriore della società.

Tratto da LA TEORIA CRIMINALISTA DI JEAN DOMAT di Luisa Agliassa
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