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L’esclusione dell'associato, art 24.3


L'esclusione dell'associato è subordinata dall'art. 24.3, alla ricorrenza di gravi motivi: il c.c. preclude, con norma manifestamente imperativa, la possibilità di una esclusione arbitraria ed insindacabile: riconosce, per implicito, a ciascun associato un diritto alla permanenza nell'associazione.
dettato legislativo è qui coerente con la natura del rapporto associativo quale rapporto contrattuale; è applicazione, al caso specifico dell'associazione, del generale principio di cui all'art. 1372.
Esso garantisce - al membro dell' associazione come alla parte di qualsiasi altro contratto - il diritto alla permanenza nel rapporto contrattuale.
Questo diritto della parte viene meno, nell'associazione, solo in presenza di «gravi motivi»; allo stesso modo con cui viene meno, secondo i principi generali dei contratti, nell'ipotesi di un suo inadempimento che non sia di «scarsa importanza» o nelle altre ipotesi - di sopravvenuta impossibilità della sua prestazione o di sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione dell'altro contraente - che giustificano la risoluzione del rapporto contrattuale.
Le cause che legittimano l'esclusione non sono elencate dall'art. 24: è rimesso al giudice il compito di stabilire, volta a volta, se il motivo addotto a sostegno della esclusione integri o no gli estremi di «gravità» richiesti.
Ma sarà, altresì, compito del giudice accertare se le cause di esclusione, eventualmente previste dall'atto costitutivo, possano essere qualificate come «gravi motivi».


Tratto da LE PERSONE GIURIDICHE di Beatrice Cruccolini
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