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La fondazione costituita per pubblica sottoscrizione

La fondazione costituita per pubblica sottoscrizione


La fondazione costituita su iniziativa del comitato presenta, rispetto alla comune fondazione, una peculiarità che attiene alle modalità della sua costituzione: essa è una fondazione costituita per pubblica sottoscrizione, anziché per atto di un unico fondatore; la sua è, cioè, una costituzione progressiva o continuata, anziché una costituzione istantanea.
Si tratta di una modalità di costituzione corrispondente a quella regolata, in rapporto alla società per azioni, dal quinto libro del codice civile: di quella modalità che, appunto, prende il nome di «costituzione mediante pubblica sottoscrizione» (artt. 2333 ss.).
La nostra legislazione da tempo la conosce anche in rapporto alla costituzione della fondazione: la l. 753/1862 regolando l'«erezione in ente morale» delle istituzioni di carità e beneficenza, comprendeva nella fattispecie l'ipotesi che «la costituzione dell'ente si faccia per mezzo di sottoscrizioni o associazioni volontarie» (art. 25).
Ciò che di nuovo, rispetto a questa fattispecie legislativa, le norme in esame introducono è, piuttosto, il fatto che vincolo di destinazione corrispondente al concetto di fondazione possa instaurarsi su fondi raccolti per pubblica sottoscrizione anche indipendentemente dal riconoscimento della personalità giuridica: è cioè l'ammissibilità, nel nostro ordinamento, di una fondazione non riconosciuta.

I promotori.

All'origine c'è la conclusione, fra due o più persone, di un contratto associativo, il contratto di comitato: parti sono i cosiddetti «promotori»; oggetto del vincolo associativo è l'esercizio in comune di un' attività di raccolta, presso il pubblico, dei fondi necessari per la realizzazione di un'opera di utilità collettiva.

La conclusione del contratto può risultare da apposito documento, separato dal programma, ma è, il più delle volte, implicita nella firma che i promotori appongono al programma.
Contratto di comitato e programma rimangono, in ogni caso, giuridicamente distinti l'uno dall'altro: il secondo è una comunicazione rivolta al pubblico; il primo è l'atto costitutivo del rapporto che vincola fra loro i promotori.
Per la conclusione del contratto di comitato non è richiesta alcuna forma; né ciò è contraddetto dal fatto che, secondo una disposizione regolamentare, copia dell'atto costitutivo e del programma debbono essere comunicati al prefetto: l'adempimento amministrativo, sebbene presupponga la formazione di un documento scritto, è richiesto agli specifici effetti del controllo demandato all'autorità governativa sulla gestione dei fondi raccolti e dei poteri di disposizione ad essa attribuiti in ordine alla loro devoluzione.
I terzi creditori potranno sempre provare che altri soggetti, diversi da quelli che hanno firmato il documento comunicato al prefetto, hanno partecipato alla conclusione del contratto di comitato e sono, agli effetti dell'art. 41, «componenti» di esso; come saranno, del pari, valide le interne pattuizioni dei promotori, quantunque non menzionate nel documento comunicato al prefetto.
La responsabilità per le obbligazioni assunte è regolata, per i comitati, in modo diverso che per le associazioni non riconosciute: essa investe, a norma dell'art. 41, comma l°, tutti i suoi componenti, e si estende, come la Cassazione ha precisato, anche alle obbligazioni di fonte extracontrattuale.

La giurisprudenza e il dettato legislativo

È più arduo, invece, condividere la tesi, che sembra accolta dalla Cassazione, secondo la quale i componenti il comitato risponderebbero anche delle obbligazioni assunte dagli organizzatori e inerenti all'attività da essi svolta.
Sostenere che i componenti il comitato, i quali non hanno, in quanto tali, alcun potere di controllo sulla gestione dei fondi, debbano rispondere delle obbligazioni assunte dai gestori val quanto accollare loro una sorta di responsabilità oggettiva: val quanto ritenerli responsabili non solo dell'iniziativa promossa (la sola attività ad essi riferibile), ma anche dell' esito (ad essi non imputabile) di tale iniziativa.
Ma tale assunto, per quanto astrattamente concepibile, è contraddetto dal dettato legislativo.
Non si deve trascurare, infatti, che se la legge genericamente addossa ai «componenti il comitato» la responsabilità delle obbligazioni assunte, essa rende responsabili i soli gestori per la conservazione dei fondi e la loro destinazione allo scopo.
Orbene, se nei promotori si dovessero ravvisare altrettanti garanti solidali dell'esito dell'iniziativa intrapresa - tenuti, per tale titolo, a rispondere anche delle obbligazioni sorte nell'ulteriore attività di devoluzione dei fondi raccolti - per il medesimo titolo essi dovrebbero rispondere, quanto meno, della destinazione dei fondi.

Tratto da LE PERSONE GIURIDICHE di Beatrice Cruccolini
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