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I limiti del diritto alla prova e al contraddittorio per la prova

 
Ai sensi dell’art. 190bis, nei procedimenti per gravi delitti di criminalità organizzata e per talune ipotesi di reato elencate al comma Ibis, il diritto alla prova subisce una rilevante limitazione. Fra la prova acquisita attraverso l’atto scritto e quella da elaborare al dibattimento il codice predilige la prima. Quando è richiesto l’esame di un testimone o di una persona imputata in un procedimento connesso, e questi hanno già reso una o più dichiarazioni, l’esame è ammesso in particolari circostanze: se riguarda fatti e circostanze non compresi nelle precedenti dichiarazioni o se è necessario sulla base di specifiche esigenze. La stessa regola vale oggi anche con riferimento all’esame del testimone, minore degli anni sedici, nei procedimenti per i reati indicati all’art. 190bis comma Ibis.

A base di questa scelta legislativa vi è il timore dell’erosione di una prova, già elaborata in contraddittorio, e da rielaborare in nuove esperienze processuali, attraverso sempre più complicati esami e controesami. L’estensione del limite all’esame del testimone infrasedicenne ha la ratio di fronteggiare il rischio di un’usura psicologica collegata alla reiterata deposizione sugli stessi fatti.

In base al testo originario dell’art. 238, per introdurre nel processo la prova elaborata nell’ambito di un’altra esperienza processuale era sempre necessario l’incontro della volontà delle parti; in mancanza, le alternative erano: non acquisire i verbali o acquisire la prova ex novo, in modo diretto, con le forme del contraddittorio.

Oggi, l’acquisizione della prova formata negli altri processi non è più subordinata al consenso delle parti. Queste possono chiederne la riassunzione, esercitando il diritto alla prova; non possono opporsi all’acquisizione della prova se elaborata in un incidente probatorio o nel dibattimento.

Vi è un solo modo per garantire il contraddittorio per la prova:  basta circoscrivere l’utilizzabilità contro l’imputato dei verbali di dichiarazioni (rese in altro procedimento penale) ai soli casi in cui l’imputato (o il suo difensore) hanno partecipato all’assunzione della prova. È comunque ammessa l’acquisizione della documentazione di atti che non sono ripetibili per impossibilità di natura oggettiva, che dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento dell’atto.

Su questa linea si articola il discorso circa l’acquisizione delle sentenze penali irrevocabili (art. 238bis): possono essere acquisite ai fini della prova del fatto in esse accertato. La parte, magari estranea alla vicenda giudiziaria conclusasi con la sentenza da acquisire, può alla fine intervenire per valutare l’atto come semiplena probatio (con le regole ex art. 192 comma III).

Tratto da LE PROVE, IL PROCEDIMENTO PROBATORIO E IL PROCESSO di Gianfranco Fettolini
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