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L’esecutorietà ope legis delle sentenze di primo grado favorevoli al lavoratore, inibitoria ed appello con riserva di motivi


L’art. 431 c.p.c. dispone che le sentenze di primo grado di “condanna a favore del lavoratore per i crediti derivanti dai rapporti di cui all’art. 409 c.p.c. sono provvisoriamente esecutive”.
All’esecuzione si può procedere con la sola copia del dispositivo, in pendenza del termine per il deposito della sentenza.
La ratio della disposizione è chiarissima: tuttavia vi è stato chi ha proposto di interpretarla nel senso che l’efficacia esecutiva del dispositivo verrebbe meno allo scadere del termine per depositare la sentenza, così che una volta scaduto tale termine, ove la sentenza non sia stata depositata, l’esecuzione forzata non potrebbe essere né iniziata né, se iniziata, proseguita.
La questione è stata risolta dalle Sezioni Uniche della Cassazione le quali hanno affermato che la copia del dispositivo è titolo esecutivo a tutti gli effetti, e non ha alcun carattere di provvisorietà.
L’esecuzione provvisoria ope legis (del dispositivo e) della sentenza favorevole al lavoratore può essere sospesa da parte del giudice di appello “quando dalla stessa possa derivare all’altra parte (cioè al datore di lavoro) un gravissimo danno”.
Quanto alla sospensione dell’esecuzione da parte del giudice d’appello non vi sarà alcun spazio per la valutazione della fondatezza o meno dei motivi dell’appello, che infatti nell’appello con riserva dei motivi non saranno stati ancora formulati, ma solo per la valutazione comparativa dei danni che subire il lavoratore dal ritardo dell’esecuzione con i danni che subirebbe il datore di lavoro dall’esecuzione immediata della sentenza.
Allo scopo di garantire il diritto di difesa del datore di lavoro soccombente in primo grado contro il “danno gravissimo” che può determinargli l’esecuzione del dispositivo, ed allo scopo ad un tempo di far si che sull’istanza di sospensione dell’esecuzione si pronunci sempre il giudice d’appello, si dispone che “ove l’esecuzione sia iniziata, prima della notificazione della sentenza, l’appello può essere proposto con riserva dei motivi”; questo istituto, del tutto nuovo alla prassi del nostro processo civile, è tutto funzionalizzato a consentire la proposizione al giudice d’appello dell’istanza di sospensione.
La Corte di Cassazione ha affermato che l’appello con riserva dei motivi è possibile solo dopo che l’esecuzione forzata in senso stretto sia iniziata; in tal modo ha ristretto e di molto la difesa attribuita dall’istituto della sospensione al datore di lavoro, in quanto il datore di lavoro potrebbe far valere il suo gravissimo danno solo dopo l’effettuazione del pignoramento, solo dopo, cioè, che il gravissimo danno si sia eventualmente già realizzato proprio a causa del pignoramento; una simile ricostruzione non convince.
Resta da accennare alla disciplina dell’esecutività della sentenza a favore del datore di lavoro.
A seguito degli ultimi due commi aggiunti all’art. 431 c.p.c. dalla l. 353/90 le sentenze di primo grado di condanna a favore del datore di lavoro sono sempre provvisoriamente esecutive ex lege; titolo esecutivo a favore del datore di lavoro è però solo la sentenza e non anche il dispositivo: di conseguenza non vi è spazio per l’appello con riserva di motivi; l’inibitoria (sia dell’esecuzione già iniziata sia dell’efficacia esecutiva)  deve essere richiesta con l’appello principale o con quello incidentale ed è subordinata non al ristretto requisito del gravissimo danno bensì alla più ampia formula dei gravi motivi.

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