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Processo del lavoro: disciplina dell’istruzione e poteri istruttori d’ufficio


La disciplina dell’istruzione nel processo del lavoro può essere compresa solo ove si tenga presente la particolarità delle situazioni soggettive che ne costituiscono l’oggetto.
Le situazioni soggettive implicate nel rapporto di lavoro dipendente solo in alcuni casi si presentano come diritti assolutamente disponibili; nella stragrande maggioranza dei casi esse assumono carattere relativamente indisponibile o semindisponibile; in tutti i casi, alla stregua del nuovo catalogo dei diritti emergente dalla Costituzione, si tratta di situazioni soggettive di rango superiore, soprattutto rispetto alle situazioni soggettive proprie dell’imprenditore o dei proprietari.
Se queste sono le particolarità dell’oggetto del processo del lavoro, sul piano processuale ne segue la necessità che “la disciplina sostanziale trovi forme di attuazione adeguate e tali da non consentire la facile elusione o da renderne improbabile l’attuazione”.
Ciò premesso in via generale, è ora da dire che il legislatore del 1973 ha dettato una disciplina processuale unitaria per tutte le controversie inerenti ai rapporti di cui all’art. 409 c.p.c., senza differenziava a seconda della più o meno accentuata indisponibilità delle singole situazioni soggettive che possono costituire oggetto del processo.
Si è messa in evidenza l’importanza dell’interrogatorio libero ai fini dell’individuazione dei fatti controversi e dell’emersione delle fonti materiale di prova, e più in generale ai fini del corretto svolgimento della fase preparatoria di un processo caratterizzato da rigide preclusioni.
Ora quel discorso va proseguita individuando il significato dell’attribuzione al giudice di poteri istruttori d’ufficio.
Questa deroga al principio di disponibilità delle prove trova giustificazione sia nella più intensa esigenza che in materia di lavoro, stante il carattere normalmente indisponibile o semindisponibile delle situazioni implicate nel rapporto di lavoro, il processo sia diretto tendenzialmente al perseguimento della verità materiale; sia nell’opportunità di supplire attraverso questi i più ampi poteri del giudice alle deficienze della difesa tecnica della parte, parte che non solo talvolta può stare personalmente in giudizio ma che altresì, ove si tratti del lavoratore, è per definizione ipotizzata come economicamente e socialmente più debole.
La dottrina ha posto in rilievo come l’attribuzione al giudice di poteri istruttori d’ufficio incontra pur sempre il suo limite invalicabile nel divieto di utilizzazione del sapere privato da parte del giudice.
Interpretati alla luce del divieto di utilizzazione della scienza privata, i poteri istruttori del giudice nel processo del lavoro si riducono nella pratica a molto meno di quanto a prima vista potrebbe apparire, si riducono, nella sostanza, ad una estensione anche ad altre prove tipiche delle ipotesi in cui “il giudice può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, quando le parti nelle esposizioni dei fatti si sono riferite a persone che appaiono in grado di conoscere la verità”, e in cui è disposto d’ufficio il “mezzo” di prova su una “fonte” già emergente da deposizioni avvenute su impulso di parte.
Al limite costituito dal rispetto del divieto di utilizzazione del sapere privato da parte del giudice, non è possibile aggiungerne un altro, consistente in ciò che i poteri istruttori d’ufficio non sarebbero esercitabili a quando la fonte di prova emerga unicamente da una indicazione della parte a danno della quale è maturata la preclusione del potere di formulare richieste probatorie.
Questa limitazione non può essere accolta: in primo luogo essa contrasta insanabilmente con l’espressione “in qualsiasi momento”; in secondo luogo se essa dovesse davvero operare, lo dovrebbe anche con riferimento a quelle fonti di prova emerse a seguito delle risposte rese dalle parti in sede di interrogatorio libero: il che per un verso finirebbe col privare l’interrogatorio libero di una delle sue funzioni principali, per altro verso ridurrebbe l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio i quali risulterebbero limitati alle sole ipotesi in cui la parte abbia tempestivamente allegato la fonte di prova, ma non formalizzato la richiesta istruttoria; in terzo luogo una simile limitazione sarebbe in contrasto con la funzione dei poteri istruttori d’ufficio sia di temperamento all’adozione del principio dell’eventualità sia di rispondere alla più intensa esigenza che in materia di lavoro il processo sia diretto tendenzialmente al perseguimento della verità materiale.
A conclusione di questo oramai lungo discorso è da dire che i poteri istruttori d’ufficio dovranno essere utilizzati dal giudice ogni qualvolta in assenza della loro assunzione a il processo dovrebbe essere risolto sulla base della regola formale di giudizio basata sull’onere della prova.

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