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La tutela nel confronto del silenzio-rifiuto dell'amministrazione


Pronunce “ordinatorie” del giudice amministrativo sono previste nel giudizio sul silenzio-rifiuto e nel giudizio per l’accesso a documenti amministrativi.
Il contenuto “ordinatorio” della sentenza è all’origine dell’accostamento alle pronunce di condanna, ma le sentenze in esame non valgono come titolo per un’esecuzione forzata nelle forme del codice di procedura civile: la loro esecuzione si può svolgere solo attraverso il giudizio di ottemperanza.

Il c.d. silenzio (o silenzio-rifiuto) è la situazione che si verifica quando un’Amministrazione non abbia assunto alcun provvedimento, pur in presenza di un dovere di provvedere.
Le l. 15/2005 e la l. 80/2005 hanno stabilito che il “silenzio” si forma alla scadenza del termine per la conclusione di un procedimento e senza la necessità di alcuna diffida.
L’azione nei confronti del silenzio dell’Amministrazione ha, per certi profili, un carattere “preventivo”: non viene impugnato un provvedimento e non è intervenuto alcun provvedimento che possa ledere l’interesse del cittadino.
La giurisprudenza, però, sottolinea la circostanza che nel caso di “silenzio” vi sarebbe comunque una lesione di un interesse legittimo: anche la tutela nei confronti del silenzio-rifiuto viene quindi configurata come una forma di tutela successiva, che pone rimedio a una lesione già intervenuta.
Il ricorso non è soggetto al termine ordinario di decadenza di 60 giorni, ma può essere proposto finché l’amministrazione ometta di provvedere, pur entro 1 anno dalla scadenza del termine per l’ultimazione del procedimento: il legislatore, anche in questo modo, ha sottolineato la netta diversità rispetto all’impugnazione di un provvedimento.
Il giudice, se accoglie il ricorso, “ordina all’Amministrazione di provvedere” entro un termine congruo, di regola non superiore a 30 giorni, e decorso invano tale termine, su richiesta della parte interessata, nomina un Commissario che si sostituisce all’Amministrazione rimasta inerte.
Mentre la giurisprudenza in passato si era orientata nel senso che tale ordine “di provvedere” dovesse avere un contenuto generico, e cioè non dovesse precisare il contenuto che avrebbe dovuto avere il provvedimento dell’Amministrazione, oggi è stabilito che “il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza della domanda”.
Pertanto, se il ricorso è proposto per il silenzio mantenuto dall’Amministrazione su una richiesta di provvedimento, il giudice può verificare la sussistenza di tutte le condizioni previste per il rilascio di quel provvedimento e, in caso positivo, il suo ordine “di provvedere” comporta l’obbligo per l’Amministrazione di rilasciare quel provvedimento.
Naturalmente il giudice amministrativo non può sostituire proprie valutazioni a quelle che la legge demanda alla discrezionalità amministrativa; di conseguenza l’ordine all’Amministrazione di provvedere in un modo specifico può intervenire solo rispetto a profili vincolati dell’azione amministrativa.
La nuova disciplina sul giudizio sul silenzio dell’Amministrazione sembra pertanto introdurre una tutela modellata su un’azione di adempimento.
Ciò comporta alcune incoerenze evidenti: per esempio, non si capisce perché il giudice amministrativo possa “conoscere della fondatezza dell’istanza” nel caso di ricorso sul silenzio, e non invece nel caso in cui sia impugnato un provvedimento dell’Amministrazione che abbia respinto l’istanza del cittadino.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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