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Periodo post classico: processo

PERIODO POST CLASSICO: PROCESSO


Rimase un processo privato, in quanto poteva essere promosso solo da chi si affermava titolare di una situazione giuridica che doveva essere tutelata.
Il processo, una volta iniziato, poteva proseguire fino alla sentenza, anche se l'attore rimaneva assente, poichè era sufficiente l'impulso del convenuto, se ed in quanto egli chiedesse la pronunzia di una sentenza che lo assolvesse.
Iniziava con una litis denuntiatio, che consisteva in un atto scritto (libbelus) che l'attore, indicate le ragioni per cui agiva e ottenuta l'autorizzazione del funzionario imperiale competente, notificava al convenuto, intimandogli di comparire dinanzi a quel funzionario o un altro giudice.
Dopo la metà del V sec, nacque un nuovo modo di chiamata in giudizio, quello del libellus conventionis: atto scritto con cui si conveniva in giudizio l'avversario. Fatto notificare al convenuto dal funzionario competente.
Il convenuto poteva contestare la pretesa dell'attore tramite la libellus contradictorius, e a questa poteva aggiungere una domanda riconvenzionale. Doveva apparire ingiudizio altrimenti rischiava l'arresto.
Se durante la sentenza l'attore fosse assente o inerte, perdeva.
Con la comparizione di entrambe le parti si passava all'initium, che era la scelta del convenuto di confessare o contestare. Inoltre poteva opporre eccezioni processuali con un'interlocutio, che se risultava fondata non si arrivava alla litis contestatio, nè alla decisione della causa.

Gli effetti estintivi e preclusivi dell'azione vennero aboliti, e riassorbiti in quelli omologhi della sentenza. Rimase l'effetto della litispendenza per il quale, finchè il processo pendeva, la proposizione di una seconda azione sullo stesso oggetto era preclusa; questo effetto venne rannodato alla chiamata in giudizio.
La confessio diventò una semplice prova, e il giudice doveva deciderne la conformità.
La sentenza conteneva la condanna del soccombente a rimborsare al vincitore le spese del giudizio. Gli effetti si producevano non appena la sentenza venisse pronunziata.
L'appello serviva a fare riformare la sentenza, in quanto asserita ingiusta. Giustiniano fissò il termine in 10 giorni. Potevano essere addotti nuovi fatti e nuove prove. Inoltre Giustiniano stabilì però che non potesse più appellare chi avesse già subito due sentenze sfavorevoli.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO di Sara Zauli da Baccagnano
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