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L’insegnamento storico-politico di Roma


4.29 Montesquieu cerca, nel passato, quei momenti della civiltà (come il Senato romano) capaci di coniugare innovazione e tradizione, e di assicurare, in primo luogo, la libertà, che ha un carattere quasi divino, ma per lui è una “libertà aristocratica”, non comprensibile da tutti. Si ritrova soprattutto a Roma (nel Dialogo di Silla ed Eucrate): i personaggi da lui più ammirati sono proprio i campioni della Repubblica aristocratica che fecero grande Roma. In particolare, egli è convinto, in questo dialogo, che la forza possa e debba essere usata per difendere la libertà.

4.31 Non sempre le aristocrazie riescono a salvaguardare i grandi ideali (la libertà), specie quando si fanno pressanti le avidità dei singoli: in questi casi, per evitare il dispotismo, le Repubbliche possono contare sulla forza del popolo, che deve godere del massimo rispetto. Alla virtù del popolo, ancora legato da un forte senso morale e religioso, si deve unire la prudenza e la saggezza si figure come Cicerone per tenere in vita una Repubblica.

4.34 Nella vita pubblica abbondano favoritismi e corruzione; solo uno Stato senza favoritismi può dirsi libero, e in esso i redditi sono meglio amministrati e le leggi non sono eluse. Nel periodo d’oro di Roma, infatti, le leggi non erano rispettate per paura, e alla saggezza del governo si univa una grande clemenza, specie verso i popoli assoggettati.

4.35 È fondamentale il rapporto fra senato e popolo: il popolo ha forza, superiorità numerica nei suffragi, può rifiutarsi di fare la guerra; il Senato è saggio, ha senso della giustizia e amore delle patria e delle tradizioni. Tutto ciò fece grande la Repubblica romana, che così riuscì a praticare la virtù civica senza la quale nessuna Repubblica può mantenersi in vita.

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