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Critica di Goodman alle similarità parziali di Carnap



La relazione che c’è tra i tre suoni è sempre una relazione parziale. Quindi noi dovremmo concludere che a partire da tali relazioni parziali noi siamo in grado di riconoscere il suono. Ma questo non è vero. E l’errore sta nel confondere il suono, che è ciò che noi percepiamo con i sensi, e le sue proprietà fisiche attraverso le quali si può instaurare una relazione. Se il suono è l’insieme di timbro altezza e intensità (che noi percepiamo con i sensi) ogni di queste caratteristiche ha qualcosa di fisico (il timbro è ciò che caratterizza uno strumento ma fisicamente esso è la forma dell’onda, così come l’altezza è ciò che i nostri sensi percepiscono ma è fisicamente la frequenza del suono). Confondere le due cose significa cadere in un grosso tranello: tra un “maglione” e un “maglione rosso” c’è un salto gigantesco perché “rosso” non è una proprietà fisica ma sensoriale. Nonostante Carnap provi a dare una soluzione (riportare a fattor comune due elementi con caratteristiche comuni) non risolve il problema della distinzione tra caratteristiche fisiche di un elemento e sensoriali. Quindi la procedura del ridurre a insiemi pezzi di mondo che hanno similarità parziali è scorretta. Egli insomma non riesce a definire il “concetto” senza cadere in un circolo vizioso (dato che il concetto è ciò che mette insieme, racchiude oggetti e gruppi di oggetti in un insieme comune). Quindi nonostante noi le proprietà le conosciamo non riusciamo a definirle. Dunque l’unico modo per uscire da questo problema sarebbe quello di tornare alla metafisica; Aristotele spiega il rapporto tra il maglione e il rossetto attraverso il concetto di essenza del rosso. Ma Carnap è un nominalista e non accetta questo ritorno alla metafisica rimanendo intrappolato nel concetto di concetto. Goodman allora arriva alla conclusione che le proprietà sono convenzionali: io prima definisco il rosso in un certo modo, e poi vado a cercare quel concetto, così come l’ho espresso, negli oggetti chiamando rossi quelli che si conformano alla mia definizione. Anche questo è un atteggiamento nominalista e nonostante venga in parte abbracciato anche da Goodman egli  ne intuisce i limiti. Per uscirne egli infatti dice che le proprietà è il ricercatore che deve crearle: se esse vanno bene, vengono mantenute altrimenti scartate. E questo lo fa perché non vuole in alcun modo cadere nel platonismo che risolverebbe il problema ma considera le proprietà come delle essenze, insite negli oggetti (ad esempio nell’in sé del rossetto ci sta che sia presente la proprietà-essenza del rosso).

Tratto da FILOSOFIA DELLA SCIENZA di Carlo Cilia
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