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Didimo, teologo cattolico - 313/398 -



DIDIMO. Didimo il cieco (313 – 398) fu un teologo cattolico, un eremita, nonché uno dei capi della scuola catechetica di Alessandria d'Egitto nel IV secolo. I riferimenti culturali di Didimo furono principalmente Origene e Atanasio. Da Origene trasse l'attaccamento alla Scrittura come fonte primaria della cultura cristiana e la teoria ermeneutica impostata sulla concezione platonica della realtà divisa in due livelli. Da Atanasio, che lo volle alla guida della sua scuola, accettò la dottrina trinitatria fortemente unitiva e fu fedele ad essa anche nella polemica contro i Padri Cappadoci quando essi formularono una teoria compromissoria che risolse a livello dottrinale la polemica ariana. In Oriente Teodosio era infatti un fervente credente del nicenismo così, dopo il trionfo ariano sotto Valente e la stasi di Graziano, il credo niceno torna in auge. Un ritorno mediato e completato dall'operato di questi tre grandi vescovi cappadoci: Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e Basilio di Cesarea. Con loro il credo niceno si perfeziona: la consustanzialità viene allargata a tutte e tre le persone e lo Spirito Santo viene tenuto in maggiore considerazione, soprattuto grazie all'operato di Basilio che si era adoperato a definire la nuova pneumatologia pubblicando nel 374 un trattato Sullo Spirito Santo. Gli atti furono firmati il 9 luglio e Teodosio li ratificò il 30 luglio. Sostanzialmente nasceva la formula riammodernata del credo niceno – costantinopolitano, modificata e arricchita con le aggiunte sullo Spirito Santo.
Vengono riproposte, nelle prime due parti, le definizioni relative al Padre e al Figlio, generato ma non creato da Padre; consustanziale col Padre; incarnatosi per opera dello Spirito Santo.
Nella terza parte, nuova, si definisce la divinità dello Spirito Santo, che è Signore, procede dal Padre (non è una sostanza del Figlio come dicevano i Macedoniani) e col Padre e il Figlio è adorato e glorificato.
La cecità lo tenne fuori dai guai delle lotte tra il patriarca e i suoi avversari. La pubblicazione dei papiri di Tura ci permette di apprezzare la maestria esegetica di Didimo, che tutti rispettavano, compreso il turbolento Girolamo. I suoi scritti ci immettono nella pratica quotidiana dell'insegnamento scolastico con una immediatezza altrimenti preclusa al semplice lettore, poiché i resoconti stenografici delle lezioni sui Salmi e L'Ecclesiaste riportano anche gli interventi dei discepoli, che interrompono spesso il discorso del maestro trasformandolo in dialogo. Dall'altro lato ci mette a contatto con un esegeta la cui fedeltà alla scuola sembra a volte incrinarsi a causa dell'urgenza polemica allora in corso. In ambiente antiocheno, infatti, come vedremo tra poco, i principi esegetici allegorici erano aspramente criticati in nome di una fedeltà maggiore alla letterarietà del testo. In certi momenti l'esegesi didimiana sembra fare qualche concessione agli avversari: notiamo affermazioni teoriche contro l'uso indiscriminato dell'allegoria, largo spazio all'esegesi letterale nell'interpretazione di Giobbe, predilezione nell'Ecclesiaste per una esegesi morale ma non necessariamente allegorica. Didimo rimane comunque un fedele origeniano.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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