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Lattanzio e la storiografia cristiana

Lattanzio e la storiografia cristiana


Durante il III secolo la religione cristiana si diffuse ampiamente anche nelle regioni più occidentali, così che il rapporto dialettico che l'impero intratteneva con essa mutò profondamente, e da una politica coercitiva o permissiva, abbandonata agli umori delle folle o all'imperatore di turno, si passò, dopo Diocleziano e le guerre per il potere, con Costantino, ad una politica di aperto favore.
La novità più importante in questo senso fu sicuramente la nascita della storiografia cristiana. Il periodo di pace che si era aperto diede ai cristiani la sensazione della vittoria definitiva, mentre contribuiva ad accantonare il problema della fine futura e invitava a riflettere sul passato,a ripercorrere le fasi della lunga lotta, per rilevarne tempi e modi e rendere ragione della conclusione vittoriosa. In questo senso si impegnarono Lattanzio ed Eusebio di Cesarea, rispettivamente per l'Occidente e l'Oriente.
Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Africa 250 – Treviri 327) era il tipico esponente di una certa intelluttualità pagana che si sentiva attratta dal cristianesimo per esigenze soprattutto di rigore morale e perciò avvertiva pressantemente l'urgenza del confronto con la morale e la cultura pagane. Da qui deriva l'impegno in ambito apologetico, un impegno che si adegua ai tempi nuovi e si caratterizza dunque per l'evidente ambizione di affrontare la problematica ormai tradizionale con ampiezza ed esaustività mai prima sperimentate, in forza anche di una capacità di scrittura ineccepibile nell'adesione al modulo stilistico tradizionale di stampo ciceroniano. Egli è ancora strettamente legato a schemi argomentativi e teorici della cultura classica, in particolare neoplatonica. Il suo stile è comunque fluente e l'argomentare è stringente e segue sempre un preciso filo logico, come vogliono i dettami della retorica.
Ma la formazione cristiana di Lattanzio aveva troppe lacune perchè potesse fare fronte in modo adeguato all'ambizioso progetto: approssimazione dottrinale, scarsa sensibilità scritturistica, residui arcaizzanti. Le cose migliori Lattanzio le dà nella trattazione di temi morali, dove la filosofia classica (anche se Lattanzio ne rilevava i limiti) armonizzava bene con la tradizione evangelica nella comune esaltazione della giustizia, la virtù per eccellenza, raggiungibile solo in connubio con la sapienza, nella religione cristiana.
Nel De mortibus persecutorum Lattanzio riflette storicamente sul passato giudicando positivamente la sua opera rispetto ai precedenti di Minucio, Tertulliano e Cipriano, giudicati insufficienti per vari motivi. Il De mortibus non ha ancora finalità apologetiche ma il suo taglio è di carattere storico e nonostante le inesattezze e le grossolane forzature (come quella che vuole che solo gli imperatori cattivi abbiano perseguitato i cristiani e che siano stati giustamente puniti), va comunque apprezzata la sua tendenza ad analizzare in maniera più riflessiva il rapporto con l'impero.
Eusebio di Cesarea (Palestina 265 – 340) nei suoi scritti ha meno riuscita stilistica di Lattanzio ma siamo comunque ad un altro livello, in forza della sua ottima preparazione filologica, filosofica e scritturistica. Sentì molto il problema di convivenza tra le due culture e orientò la sua riflessione soprattutto in senso apologetico, per replicare alle accuse di Porfirio. E qui apriamo una parentesi su Porfirio

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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