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Calende greche - Bufalino -


In Calende greche, sebbene questo oblio sembri coinvolgere, assieme al singolo, l'universo intero, è pur vero che lo scrittore riscopre ugualmente il valore della comunanza dei ricordi, che anche dopo la morte possono continuare a vivere nella memoria degli altri; così accade al protagonista, che dopo la morte del padre scopre d'essere, da quell'istante, il solo guardiano dei suoi ricordi, il solo che sapesse di lui due, tre cose che nessun altro sapeva, che lui stesso non sapeva più. Questa è l'opera dove il motivo mnestico sembra più articolato, del resto, come testimonia l'uso del presente, a testimonianza di una effettiva possibilità di sopravvivenza di ciò che è stato. Nel progressivo e compiaciuto affastellamento di ricordi cui indulge con andamento frammentario la scrittura di Calende, la memoria di altre scritture non manca di insinuarsi tra le vicende narrate in un susseguirsi di citazioni e allusioni che arrivano auto referenzialmente a sconfinare nell'autocitazione.Il personale gruzzolo di ricordi di guerra ricorda per associazione un verso dell'amato Baudelaire, e per antitesi i proustiani biscotti inzuppati nel tè che nel caso degli sterili orrori di guerra diventano metafora di una frantumazione memoriale assimilabile ad una collezione di spettri. È ancora il caso di un momento felice di gioventù, in cui leopardiani canti di strada si sovrappongono ad un familiare e più volte evocato repertorio jazzistico, preludio autocitativo alla conclusione del capitolo in questione su un'altra nota scrittura, l'inizio della Diceria (p. 101).

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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