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Il cinema italiano degli anni Settanta

Sul versante cinematografico, i primi anni Settanta segnano la definitiva affermazione della commedia all'italiana; prosegue poi con ancor più fortuna la collaborazione fra scrittori e registi. Si notano tuttavia alcuni cambiamenti nelle preferenze: mentre fino all'inizio degli anni Sessanta sono Moravia e Pratolini gli autori più portati al cinema, in questa fase prevale Leonardo Sciascia, di cui è apprezzata la sintesi di modalità giallistica e polemica contro la mafia e il malaffare.

Interessante è l'attività di Luigi Comencini: notevoli le versioni di Pinocchio (1972) e La Storia (1986). Escono alcuni capolavori di registi già affermati: lo sperimentale Blow-up (1966) di Anto-nioni, il sontuoso Morte a Venezia (1971) di Visconti, il nostalgico e onirico Amarcord (1973) di Fellini. Si affermano, al contempo, nuovi registi. E' il caso di Bernando Bertolucci, figlio di Attilio, e autore di un affresco ambientato nella pianura emiliana, Novecento. Atto I e Atto II (1976).

Altamente trasgressivo è il cinema di Marco Ferreri, con il grottesco La grande abbuffata (1973). Si possono poi citare i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, autori di opere impegnate dallo stile teso. Più lirico e improntato a una riflessione religiosa il cinema di Ermanno Olmi, che ottiene molti riconoscimenti di critica e di pubblico per L'albero degli zoccoli (1978), delicata e drammatica vicenda ambientata nella campagna bergamasca a fine Ottocento.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Domenico Valenza
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