Le opere di Primo Levi

La fama di Primo Levi è legata anzitutto alla sua testimonianza di superstite. La Tregua (1963) è il resoconto del travagliato rientro in Italia, dopo la liberazione. In questo viaggio nella Europa dell'Est Levi incontra personaggi singolari, come l'abilissimo ebreo di Salonicco Mordo Nahum.
Soprattutto nel finale, riemergono però i fantasmi del Lager: quando Levi incontra dei tedeschi a Mosca, che sembrano debitori insolventi, in miseria ma incapaci di chiedere perdono; quando rientra a casa, dove non è cancellato il ricordo dei risvegli di Auschwitz, che torna anche in sogno.

Il disgelo, primo capitolo racconta del 27 gennaio 1945, quando Levi e Charles, mentre trasporta-no alla fossa comune il corpo di Somogyi, scorgono da lontano la prima pattuglia di soldati russi. La stessa notte un prigioniero politico tedesco, Thylle, si siede accanto e canta "L'internazionale".
La riflessione di Levi proseguirà con opere e interviste sul tema. Ma il punto più alto è dato dai sag-gi di I sommersi e i salvati (1986): I sopravvissuti sono testimoni solo parziali dell'atrocità; i più si-gnificativi sarebbero i sommersi, cui è importante dar voce proprio perchè non possono più averla.

Inoltre, Levi si rende conto che il passare del tempo può condurre all'oblio dello sterminio: "E' avvenuto, quindi può accadere di nuovo": questa è la conclusione. Inoltre, lo scrittore si concentra per la prima volta sulla vergogna provata dai superstiti o sulla violenza inutile dei carnefici. Tuttavia Levi ha voluto considerare la sua esperienza come una parte, sia pure fondamentale, di un'insieme più ampio. Egli è autore di libri e racconti, a cominciare da Storie naturali (1966), seguito da Vizio di forma (1971) e Lilit (1981), dal gusto fantastico-paradossale.