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L'esordio a teatro di Gneo Nevio (235 A.C.)


GNEO NEVIO → 275 a.C. (?) Capua – 201 a.C. (?) Utica

Probabilmente milite durante la Prima Guerra Punica (264 – 241 a.C.) fece il suo esordio in teatro nel 235 a.C. circa. Nevio a differenza di Livio Andronico e di altri illustri personaggi dell'epoca rifiutò sempre la protezione di nomi e famiglie illustri, scagliandosi anzi contro gli Scipioni e i Metelli, questi ultimi condannandolo al carcere, dal quale uscì solo in seguito all'intervento dei tribuni della plebe, per poi finire in esilio a Utica. Poliedrico e arrogante, Nevio compose numerose palliatae e alcune cothurnatae ed è unanimemente riconosciuto come il fondatore del genere della praetexta, cioè della tragedia di argomento romano, mentre non è riconosciuto plebiscitariamente il suo ruolo di fondatore della togata, commedia di argomento romano. La memoria storica e mitica di Roma è invece all'origine del suo lavoro più famoso, il Bellum Poenicum, composto durante gli anni, quelli della Seconda Guerra Punica, in cui si sviluppa a Roma la riflessione storiografica di forma annalistica.
 Il Bellum Poenicum era stato concepito come un carmen continuum, sul modello dei carmina arcaici, ma fu suddiviso in sette capitoli da un grammatico del secolo successivo, Ottavio Lampadione. Il Bellum Poenicum doveva essere composto di circa 4.000 versi in saturni, di cui oggi ci rimangono una sessantina di frammenti che ci permette comunque di farci qualche idea sulla struttura dell'opera.
 Essa tratta il racconto delle vicende della Prima Guerra Punica ma offre anche uno squarcio sulle vicende del ciclo troiano e della fondazione di Roma, sulla cui collocazione all'interno del poema si è molto discusso: si trovava all'inizio dell'opera (una sorta di passaggio dal mythos al logos) o nel cuore dell'opera (un flashback che traendo spunto dal gusto alessandrino si rifacesse all'ekphrasis del tempio di Giove ad Agrigento con la rappresentazione della caduta di Troia?). Il Bellum Poenicum rimane una sorta di enciclopedia tribale che esplicita valori e modelli di comportamento della Roma arcaica: la virtus non più come gloria personale ma come dovere verso la collettività; la prima attestazione scritta di pietas, nei confronti di Anchise. In quest'opera si fondono sapientemente sperimentalismo e ricersa espressiva (tecnica a ripresa, allitterazioni, assonanza e asindeto).

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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