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Le teorie di Tito Lucrezio Caro

Le teorie di Tito Lucrezio Caro


TITO LUCREZIO CARO  → 94 a.C. Campania – 50 a.C. Roma

Notizie certe non se ne possiedono anche se dalla sua unica opera, il De Rerum Natura, un poema didascalico in sei libri di esametri, è facile capire come egli frequentasse gli illustri personaggi suoi contemporanei, in particolare Gaio Memmio, pretore nel 58 a.C. e amico di Cinna e Catullo.

Il poema didascalico.
Con quest'opera si inaugura a Roma la stagione del poema didascalico – filosofico che vuole rendere più accattivante l'incontro dei destinatari con la dottrina epicurea, di cui Lucrezio intende farsi entusiasta sostenitore, interprete e promotore. Quest'opera si prefigge di emancipare il nuovo uomo romano, additandogli la via verso la libertà, la verità e la novità. Quello che avviene, in altri termini, è il passaggio dal mythos al logos, dal momento che l'autore mira a promulgare l'approccio scientifico – razionale a realtà che avevano prima trovato fondamento nell'ignoranza, nella paura e negli abusi di una religione che si era fatta instrumentun regni. Lucrezio si fa vessillifero del vero e autentico eroe della reale conoscenza, del pioniere della nuova indipendenza degli uomini dal mostro delle paure e di una religio vessatoria: Epicuro. Secondo Lucrezio, che riprende in maniera radicale la tesi già di Epicuro, la religione è la causa dei mali dell'uomo e della sua ignoranza. Egli ritiene che la religione offuschi la ragione impedendo all'uomo di realizzarsi degnamente e, soprattutto, di poter accedere alla felicità. Il poema ha tre argomenti principali: la lacerante antinomia fra ratio e religio. La ratio è vista da Lucrezio come quella chiarità folgorante della verità «che squarcia le tenebre dell'oscurità», è il discorso razionale sulla natura del mondo e dell'uomo, quindi la dottrina epicurea, mentre la religio è ottundimento gnoseologico e cieca ignoranza. Indica l'insieme di credenze e dunque di comportamenti umani "superstiziosi" nei confronti degli dei e della loro potenza. Poiché la religio non si basa sulla ratio essa è falsa e pericolosa.

Le teorie di Lucrezio.

Lucrezio afferma che sono evidenti le nefaste conseguenze della religione e adduce come esempio il caso di Ifigenia, dicendo poi che il mito è una rappresentazione falsata della realtà (cfr. Evemerismo). La religione è perciò la causa principale dell'ignoranza e dell'infelicità degli uomini.
Lucrezio riprende i temi principali della dottrina epicurea, che sono: l'aggregazione atomistica e la "parenklisis (che egli ribattezza clinamen, la liberazione dalla paura della morte, la spiegazione dei fenomeni naturali in termini meramente fisici e biologici. Egli opera un completamento di essa in senso naturalistico ed esistenzialistico, introducendo un elemento di pessimismo, assente in Epicuro, probabilmente da attribuirsi a uno stato di depressione di cui era affetto. Da un punto di vista ontologico, secondo Lucrezio, tutte le specie viventi (animali e vegetali) sono state "partorite" dalla Terra grazie al calore e all'umidità originari. Ma egli avanza anche un nuovo criterio evoluzionistico: le specie così prodotte sono infatti mutate nel corso del tempo, perché quelle malformate si sono estinte, mentre quelle dotate degli organi necessari alla conservazione della vita sono riuscite a riprodursi. Tale concezione materialista, antiprovvidenzialista e storica della natura sarà ereditata e rielaborata da molti pensatori materialisti dell'età moderna, in particolare Diderot e La Mettrie.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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