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Prove di apocalisse

La fine del mondo è di certo la più radicale delle distopie. Già nelle Operette Morali (1827) di Leopardi, il folletto enuncia una serie di strumenti nocivi (per cui gli uomini sono tutti morti), che sono altrettanti tipi di distopie: guerre, omicidio, ozio, cannibalismo, edonismo.

In The Last Man (1826), Mary Shelley descrive un terzo millennio quasi identico al primo ottocento: la gente continua ad andare a cavallo, la politica mondiale è rimasta alla guerra tra Greci e Turchi. Tuttavia, come prototipo, The Last Man lascia alcuni elementi di base: l'inselvatichirsi degli uomini decimati dal contagio, le città deserte e silenziose, vere allegorie collettive della morte.

Qui, inoltre, esce il problema di come sia possibile il racconto dell'ultimo uomo: nessuno può raccontare la propria estinzione, e in ogni caso perchè scrivere se sono tutti morti. La Shelley risolve lasciando il finale aperto e, che il narratore si illuda immaginando un probabile lettore.

Il tema dell'ultimo uomo procede con The Purple Cloud di Shiel (1901, La nube purpurea). E' la storia di Adam Jeffson, unico superstite di una spedizione polare che scampa alla distruzione della umanità per una nube purpurea, carica di cianuro, sprigionatasi da una esplosione vulcanica.

In The Scarlett Plague (1915, Il mondo scarlatto), Jack London realizza uno scenario simile mediante contaminazione batterica, un epidemia in un futuro lontano cent'anni. Le pagine più vibranti parlano del crollo della civiltà e del terrore del contagio (che taglia anche i più profondi legami), per cui il romanzo può ben dirsi un antenato delle successive distopie sul rimbarbarimento.

Nel secondo Novecento, le distopie di estinzione si fanno più numerose, spesso con virus letali in un mondo spopolato e invecchiato. Lo sfondo diviene quello di una società regredita allo stato di barbarie e di violenza. Con le pagine conclusive della Coscienza di Zeno (1923), si osserva come la distopia arrivi a insinuarsi nella narrativa realisticopsicologica. Rilevante anche la connessione tra la scomparsa totale e lo sviluppo tecnologico perverso (come l'Olocausto nel reale mostrerà).

Tratto da "SCRITTURE DELLA CATASTROFE" DI MUZZIOLI di Domenico Valenza
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