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Deleuze su Hitchcock. Crisi dell'immagine-azione


Deleuze analizza Hitchcock sulla scorta dell’analisi di Chabrol e Rohmer del 1957, in cui si studiano i suoi film in modo “matematico”, e "Delitto perfetto" viene perciò studiato come ragionamento filosofico, mentre il “flashback menzognero” di "Paura in palcoscenico" viene considerato tale solo in base al commento sonoro e non alle immagini; Deleuze, basandosi su tale esempio, sostiene che tutto il cinema di Hitchcock è interpretazione, e il meccanismo spesso usato del “transfert di colpa”, ossia dell’innocente che si carica del ruolo di colpevole con le sue azioni (anche come “transfert di colpevolezza”, in cui il colpevole scarica sull’innocente una colpa più grave del delitto), è basato su un’immagine-relazione di reinterpretazione degli eventi, sacrificando la verosimiglianza alla coerenza argomentativa; ciò avviene attraverso “marcature” (definizione di un rapporto naturale tra oggetti) e “smarcature” (negazione della naturalità del rapporto), come nella sequenza di Intrigo internazionale in cui l’aereo “smarca” la naturalità della situazione con la sua “stranezza” nel contesto; le relazioni sono dunque astratte, e doppiamente (nel meccanismo narrativo inverosimile e nella macchina da presa), e la suspense deriva dalla differenza di saperi entro la relazione ternaria narratore – personaggio – spettatore (a danno del personaggio).
Hitchcock rappresenta la crisi dell’immagine-azione, così come il neorealismo italiano e il nuovo cinema hollywoodiano anni ’70; tale crisi è causata dal fatto che l’immagine non rinvia più a realtà sintetiche ma frammentate ("Nashville" di Altman), e così la folla viene scomposta in individualità disperse e la città in situazioni orizzontali (“Taxi driver”); l’azione non è più legata a schemi senso-motori e diviene un “andare a zonzo” senza meta, anche con lo sguardo (“balade”), mentre il personaggio non riesce più a misurare lo spazio e ad incidere sulle situazioni; si determinano così “cliché ottico-sonori”.

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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