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Linguaggio e terminologia del cinema in Deleuze


Deleuze è molto influenzato da Bonitzer, ma anche dai "Cahiers" e dal realismo ontologico di Bazin; tra i termini chiave della trattazione di Deleuze, “cadre” viene tradotto “quadro”, “plan” piano, “cadrage” inquadratura e “découpage” sezionamento, e in francese “cadre” è sia ciò che delimita il supporto materiale dell’immagine che ciò che delimita l’immagine stessa come unità di significazione, uno spazio a due dimensioni, in quanto i fotogrammi sulla pellicola hanno i margini arrotondati, ma appaiono squadrati grazie ad un mascherino applicato al proiettore, il quadro nel senso del supporto tecnologico e non rispetto ad un’unità di linguaggio, e strutturalmente il quadro marca la finitezza di ogni immagine; occorre distinguere fra ciò che è nel quadro ma non nel campo e ciò che è nel campo ma non necessariamente nel quadro, ed il fuori quadro filmicamente non esiste, mentre il fuori campo è l’estensione dell’immagine al di là dei suoi limiti, come chiaro per la voce, che può essere “over” (fuori quadro) o “off” (fuori campo); “cadrage” è una “operazione”, mentre “cadre” è una “porzione”, che stabilisce limiti, e consiste nello scegliere, dal continuum percettivo, ciò che si vuole descrivere come immagine nel quadro, nonché nell’organizzazione degli elementi presenti nel campo, in una doppia operazione scelta – organizzazione; “découpage” deriva da “découper”, ritagliare, e non corrisponde esattamente a “sezionamento” (piuttosto a “segmentazione”), ed è l’operazione che divide un oggetto in unità più piccole, e può essere “tecnico” (detto anche copione), che contiene le informazioni su luogo di ripresa e colonna sonora, ad uno stato già avanzato del film, ed interviene nel passaggio tra soggetto e sceneggiatura, o nella fase di ripresa; il découpage può però riferirsi anche all’analisi del testo filmico, ed è perciò una descrizione analitica del film, a fini sia analitici che produttivi; “plan” indica il concetto più complesso, a volte tradotto come “inquadratura”, e definito come unità spazio-temporale realizzata in continuità all’atto della ripresa, ossia porzione di film tra due ciak, ed in quanto unità spaziale designa l’organizzazione interna dei dati visivi nel quadro, dipendente da “messa in quadro” e “inquadratura” (come operazione) e riferita sia al sonoro che al visivo, in quanto unità temporale riguarda il cinema come linguaggio includendo una durata nella significazione, ed il piano è pertanto unità sia di ripresa che di montaggio, costituito dalla loro relazione che nel piano-sequenza vede una coincidenza delle due dimensioni. In "L’immagine-movimento" Deleuze usa come autore di riferimento Bergson e tratta il cinema classico, anche se i temi del secondo volume (dedicato a immagine-tempo e cinema moderno) si intrecciano spesso a quelli del primo; per il concetto base di “immagine” occorre considerare una relazione tra soggetto e mondo data dalla mediazione dell’immagine, e Deleuze definisce l’inquadratura come determinazione di un sistema chiuso che comprende tutto ciò che è presente nell’immagine, in uno spostamento dal livello operazionale a quello contenutistico che si ricollega a Pasolini (inquadratura come insieme di cinemi).

Tratto da SEMIOLOGIA DEL CINEMA di Massimiliano Rubbi
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