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Il brevissimo governo Tambroni

Il brevissimo governo Tambroni



Un attendismo che si rivelò pericoloso sin da subito. Caduto il governo Fanfani i dorotei non sapevano come mettere in piedi una maggioranza di governo affidabile. Fu così che nel 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi decise di eleggere come presidente del Consiglio un democristiano di secondo piano, Fernando Tambroni. Era egli un avvocato quasi sessantenne, attivo paladino della politica di legge e ordine, presentato come un mascolino e virile uomo politico che non aveva paura di risolvere con decisione i problemi sociali e politici del paese. In realtà Tambroni era un grande cerchiobottista, e riuscì a formare un governo stabile solo unendo in uno strano pout pourri DC – MSI – Monarchici. La decisione fu letale.
Nel giugno del 1960 alla presidenza dell'MSI era Arturo Michelini, rispettabile uomo d'affari che aveva in odio sia lo squadrismo fascista sia i nostalgici della repubblica di Salò, accontentandosi di ritagliarsi la sua fettina di potere clientelare a livello locale. Un comportamento inviso alla maggioranza dei missini, che già nel 1956, quattro anni prima, gli avevano risposto molto eloquentemente al grido di più manganelli e meno doppiopetti.
La loro importanza per la stabilità di governo ringalluzzì i missini, che provocatoriamente decisero di tenere il loro congresso del 1960 a Genova, tra le più rosse e antifasciste città d'Italia. L'invito a partecipare ai lavori indirizzato a Carlo Emanuele Basile, ultimo prefetto genovese durante la repubblica di Salò, responsabile della morte e della deportazione di parecchi operai e antifascisti genovesi, fece scoppiare l'ira della città, che mise ferro e fuoco piazza de Ferrari.
Tambroni, non pago degli eventi scatenati, decise di reagire riaffermando la propria autorità ad ogni costo, dando l'ordine di sparare – per supposte e vaghe situazioni di emergenza – durante qualsiasi manifestazione antifascista o antigovernativa. Il bollettino fu di un morto a Licata, cinque a Reggio Emilia e svariati altri a Palermo e Catania. La CGIL scese immediatamente in piazza proclamando uno sciopero generale a cui aderirono in massa, e la DC capì che doveva immediatamente cambiare strada. Lasciare a capo del governo un uomo che aveva dimostrato idee opposte a quelle sbandierate da Moro su collegialità popolare e antifascismo era un suicidio, così il 22 luglio del 1960 finì il brevissimo governo Tambroni. Fanfani fu richiamato a formare un governo ad interim formato da soli democristiani con l'appoggio esterno di repubblicani e socialdemocratici.
La vicenda Tambroni chiarì due regole che saranno granitiche nei primi decenni della Repubblica italiana:
- l'antifascismo era diventato parte integrante dell'ideologia egemone e qualsiasi tentativo di svolta autoritaria e ogni attacco alle libertà costituzionali avrebbero incontrato l'opposizione di un grandioso e incontrollabile movimento di massa.
- La DC non poteva sperare di governare con l'appoggio di MSI o monarchici; un'alleanza a destra sarebbe stata d'ora in poi impensabile. Bisognava ora sondare a sinistra.

LE BASI DEL CENTROSINISTRA. I due anni successivi sono caratterizzati da un lento processo di avvicinamento tra DC e PSI. Le elezioni amministrative del 1960, del resto, videro una consistente avanzata delle sinistre e la gestione locale delle città di Milano, Genova, Firenze e Venezia, oltre a piccole realtà locali. La destra democristiana vedeva male queste vittorie ma gli eventi degli anni Sessanta stavano prendendo pieghe decisamenre a loro sfavore, soprattutto negli USA e al Vaticano.


Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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