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Il programma di Ugo La Malfa (1962)


I vincoli e gli impacci del governo sono il riflesso diretto delle resistenze centriste radicate all'interno della DC. Esse sono anche in aperto contrasto con la consapevolezza, sempre più diffusa, degli squilibri del paese e della necessità di interventi tempestivi in questa direzione. Questi temi saranno al centro delle relazioni di Achille Ardigò (sociologo cattolico e vicino a Dossetti) e di Pasquale Saraceno (economista di area cattolica ed esperto di meridionalismo) durante il convegno di studi organizzato dalla stessa DC nel settembre 1961 a San Pellegrino, i quali spingeranno per un allargamento verso il nuovo.
A forte sostegno delle tesi dei due professori stava la Nota aggiuntiva alla Relazione generale sulla situazione economica del paese che il ministro repubblicano del Bilancio, Ugo La Malfa, presentò nel 1962.
Il programma di La Malfa è importante perché caratterizzerà il primo governo orientato (ma non organicamente inserito) di centro – sinistra: il governo Fanfani IV. La Malfa segnalava l'evidente contrasto tra l'impetuoso sviluppo di questi anni e il permanere (quando non l'aggravarsi) di situazioni settoriali, regionali e sociali di arretratezza e ritardo economico. Squilibri territoriali tradizionali, soprattutto quelli tra nord e sud, sono aumentati; molte situazioni di sottosviluppo non sono state sanate; gli investimenti nei settori del consumo pubblico (scuola, trasporti, sanità) sono bassissimi. Follia, sottintende La Malfa, in un momento di congiuntura economica così favorevole, che renderebbe possibili tali riforme senza incontrare costi troppo elevati.
Per realizzare una politica di questo tipo sarebbe stata necessaria una forte volontà innovatrice. In altre parole, la DC avrebbe dovuto invertire le tendenze precedenti, rimuovere i blocchi di interesse ormai consolidati nel corso degli anni '50, e costruire modelli culturali diversi rispetto a quelli cementati dall'anticomunismo.
Non sarà così. Anzi, segni completamente differenti giungevano da molte relazioni di esponenti della DC ai convegni di San Pellegrino e di Napoli, e soprattutto dalla mastodontica relazione di Moro che dava sì il via libera al primo governo di centro – sinistra, ma alle sue condizioni! Il pilastro a cui si attaccarono Moro e gli altri per ostacolare le aperture proposte dalla sinistra democristiana fu quello della continuità e della centralità. Perché mettere a rischio ciò che è stato costruito? Perché rischiare di minare la base del consenso elettorale? Perché mettersi l'inferno in casa da soli?Questa impostazione ben presto renderà marginali quei settori della DC e del mondo cattolico che alla sinistra guardavano in maniera collaborativa.
La sinistra, comunque, ebbe la sua parte di colpe in questo processo. L'iniziale pragmatismo di Nenni andò stemperandosi man mano che il rischio della rottura col governo si faceva concreta, portando il PSI ad accettare via via tutti i condizionamenti e i vincoli che la DC proponeva. Un progressivo scolorimento di contenuti e tratti del partito che portò il PSI a perdere non una battaglia ma tutta la guerra. Al confronto con l'attendismo nenniano, forse le proposte di Riccardo Lombardi, per quanto a volte scarsamente lungimiranti, non erano poi così utopistiche, anche se alla lunga contribuirono non poco alla non realizzabilità di riforme condivise.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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