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Il secondo governo Moro - 1964/1966

 Il 15 luglio 1964, durante le consultazioni per il nuovo governo, Antonio Segni prese l'anomala iniziativa di convocare al Quirinale il comandante generale dei carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo. La risposta, anche se parziale, al curioso evento, uscì solo cinque anni dopo, con una commissione parlamentare d'inchiesta che portò alla luce il cosiddetto Piano Solo. Piano Solo era un progetto di "enucleazione" con il quale si proponeva di assicurare all'Arma dei Carabinieri il controllo militare dello Stato per mezzo dell'occupazione dei cosiddetti "centri nevralgici" e, soprattutto, del prelevamento e del conseguente rapido allontanamento dei personaggi ritenuti politicamente "più
pericolosi": questi avrebbero dovuto essere raggruppati e raccolti nella sede del Centro Addestramento Guastatori di Poglina, vicina a Capo Marrargiu, in Sardegna dove sarebbero stati "custoditi" sino alla cessazione dell'emergenza. Nel frattempo l'Arma avrebbe assunto il controllo delle istituzioni e dei servizi pubblici principali, secondo una mappatura della città di Roma che era divisa in "quadranti", affidati ciascuno all'occupazione di una specifica unità delle Forze armate. La lista dei soggetti da prelevare sarebbe stata ricavata ed elaborata sulla base delle risultanze dei famosi fascicoli del SIFAR, pretesi da De Lorenzo qualche anno prima. Successivamente Giovanni De Lorenzo fu eletto Deputato del MSI-DN e, nel suo nuovo ruolo - il 9 ottobre 1968 - tentò con la mozione n.484 di organizzare e decidere come si dovessero svolgere i lavori di inchiesta parlamentare che lo riguardavano. Fu istituita una commissione parlamentare d'inchiesta, guidata dal senatore Alessi. Il governo oppose sempre il segreto di stato - apportando ai rapporti Beolchini e Manes i notissimi "omissis" autorizzati dal premier Moro, ma materialmente operati dal sottosegretario alla difesa di Taviani, Francesco Cossiga - alle reiterate richieste di informazioni da parte delle diverse commissioni di indagine non governative, facendo mancare perciò il necessario materiale d'esame; anche la lista degli "enucleandi" andò perduta (mentre dei fascicoli SIFAR si dispose la distruzione). Perciò la Commissione Alessi produsse una relazione di maggioranza indicante che non si era raccolto "un solo elemento di prova, un solo indizio" che dimostrasse il tentativo di golpe. Dalle opposizioni si obiettò che gli elementi di prova sarebbero stati celati dagli "omissis" e che, invece, di tentativo di svolta autoritaria si fosse trattato. Un evento drammatico movimentò i lavori parlamentari della Commissione: Manes morì per infarto nell'anticamera di palazzo San Macuto, mentre aspettava di essere ascoltato da Alessi che lo aveva convocato in seduta segreta nel 1969. Le due borse di documenti che aveva con sé sparirono, ma, quando De Lorenzo querelò Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi, estensori degli articoli de L'Espresso sul caso, il pubblico ministero Vittorio Occorsio ne chiese l'assoluzione proprio in ragione delle parti del rapporto Manes contenute in quelle borse ed a lui misteriosamente pervenute: si trattava degli incartamenti integrali, come risultanti dal testo di Manes prima che il governo li rendesse inutili con gli "omissis". Nonostante la richiesta del pubblico ministero, comunque, Scalfari e Jannuzzi furono condannati per diffamazione. I risultati dell'inchiesta ebbero due partiti: quello di maggioranza che liquidava il piano come difensivo e quello di minoranza che lo bollava come preventivo. È certo che in sé il piano, per quanto pericoloso, fosse sempre un golpe all'italiana. I socialisti, comunque, fiutato il pericolo, non ostacolarono la proposta di un Moro II per non creare scintille pericolose, ma ciò fece sì che essi fossero consegnati nelle abili mani di Moro, che nel suo anno e mezzo di secondo governo, fece ancora meno del primo mandato, mostrando un PSI così moderato da non lasciare più intravedere differenze col PSDI di Saragat. A tal proposito, l'improvvisa scomparsa di Segni e l'elezione di Saragat a presidente della Repubblica (dopo un feroce scontro elettorale con Fanfani), sembrò auspicare un ritorno all'unità dei due partiti. Sicuramente l'arrivò di Saragat fu un sollievo dopo le nubi di Segni, ma come vedremo nemmeno il suo mandato fu così eccelso.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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